Bad School - Il Grande Uno Rosso, di Samuel Fuller
Alla Bad School si studia Il Grande Uno Rosso di Samuel Fuller. Classico war movie con Lee Marvin sergente della II Guerra Mondiale come Brad Pitt in Fury
A Samuel Fuller serviva un eroe delle nuove generazioni da inserire dentro il suo film di guerra ad episodi per riuscire a prendere un pezzettino del pubblico di Guerre Stellari e anche riflettere su quanto Luke Skywalker potesse risultare scosso psicologicamente da una visita nel campo di concentramento di Falkenau in Germania (lì Fuller entrò come documentarista alla fine del conflitto così come accadde a George Stevens con il campo di Dachau). Il regista americano con il casting di Mark Hamill voleva affermare che l'Inferno fosse più sulla Terra che non nello spazio o dentro la Morte Nera. Non ci sembra un caso che Hamill sia il mentalmente più provato della 1ª Divisione di Fanteria americana Il Grande Uno Rosso, gruppo scelto guidato dal sergente interpretato da Lee Marvin in questo ancora oggi molto interessante war movie uscito nel 1980 ma girato nel 1978. Hamill è il membro del gruppo più fragile ed estraneo al conflitto. Improvvisamente non vorrà più sparare e passerà il tempo a disquisire con Marvin sulla differenza tra "assassinare" e "uccidere" e tra "sani di mente" e "pazzi". La differenza con il Logan Lerman ex Percy Jackson di Fury è tutta nel maggior tempo prestato in servizio. Griff (Hamill) fa parte da sempre dei ragazzi di Marvin. Lo sappiamo perché veniamo introdotti a questo cartoonist (ironia di Fuller nei confronti dell'escapismo di Guerre Stellari?) già dal primo voice over del narratore del film Zab (Robert Carradine), alter ego di Fuller stesso (ebbene sì: il regista militò proprio in quella divisione) per via dell'inseparabile sigaro e dell'ambizione di sublimare le atrocità della guerra prima nel giornalismo (veniva dalla cronaca nera) e poi nella settima arte. Fuller ce la fece. Ebbe una prestigiosa carriera hollywoodiana di cui Il Grande Uno Rosso rappresenta uno degli ultimi fuochi presentato in Concorso al Festival di Cannes.
Lee Marvin è Brad Pitt?No. Decisamente no. Marvin è un grande leader (come Pitt in Fury) ma a differenza del personaggio di Don 'Wardaddy' Collier pare leggermente più immune alla brutalità del conflitto. Sappiamo dal prologo in bianco e nero che ha combattuto durante la I Guerra Mondiale in Francia e ci sembra di vederlo imprigionato in una ciclicità da personaggio tragico cui il destino sembrerebbe già segnato. Ma l'affetto di Fuller è tale nei suoi confronti che, a differenza di un David Ayer che la II Guerra Mondiale non l'ha combattuta in prima persona, vedremo il grande regista de Il Corridoio della Paura (1963; anche qui c'è una scena fantastica in cui è difficile distinguere chi è pazzo da chi non lo è) dargli una seconda possibilità in quegli ultimi sorprendenti anni di combattimenti. Fortissimo il sodalizio tra questo sergente e i bambini (che bello l'elmetto ingentilito dai fiori regalatogli in Sicilia) mentre altrettanto onorevole è la sua attenzione per la sicurezza fisica nei confronti del gentil sesso (anche Wardaddy, da questo punto di vista, è un gentleman). Marvin disegna un comandante ligio al dovere senza essere uno yesman con il paraocchi. E' rinfrancante vedere Fuller rompere quella sorta di incantesimo che vede Marvin compiere inesorabilmente un atto per cui poi sentirsi maledettamente in colpa. Fuller gli dà una chance. David Ayer non adotterà la stessa strategia con Brad Pitt.
Colonna sonora
Interessante il lavoro effettuato da Dana Kaproff. E' una sinfonia marziale al punto giusto ma soprattutto è uno di quei commenti musicali al film che accompagnano quasi ogni azione dei personaggi (soprattutto nella prima parte e in ogni scena di combattimento). Ricorda molto l'approccio invasivo e quasi fisico (la musica come personaggio presente in scena o addirittura doppio dei protagonisti) adottato da Brian May (non quello dei Queen) per i primi due Mad Max di George Miller.
Dopo Salvate il Soldato Ryan e Fury...
Dopo quel capolavoro di Spielberg e dopo Fury (il fratello più povero e cattivo di quella pellicola spielberghiana del 1998), il film di Fuller sembra una gita spensierata di un gruppo di ragazzi americani perbene tra Nord Africa, Sicilia, Omaha Beach (già questo film aveva fatto vedere un D-Day più problematico rispetto al previsto), Belgio, Germania e Cecoslovacchia. Uno spettatore particolarmente brutale di oggi potrebbe accusare Fuller quasi di aver ricreato un bonario effetto nostalgia. Sbaglierebbe. Il Grande Uno Rosso ci racconta comunque di testicoli saltati in aria e di soldati che non vogliono conoscere il nome dei commilitoni per via di quanti di loro ne hanno visti morire davanti agli occhi. Ci sono americani che infilano la canna del fucile nella bocca di altri americani cantando "O Sole Mio!" e l'alienazione del Griff di Mark Hamill diventa a Falkenau spaventosa e malsana quando si mette a sparare a ripetizione dentro un forno crematorio verso quello che ha visto al suo interno. Certo... dopo Ryan... la Storia del Cinema è cambiata per sempre e oggi vedere pallottole che non esistono (Il Grande Uno Rosso è uno di quei film in cui si vedono i lampi degli spari ma non le conseguenze degli stessi sul nostro corpo) e soldati che muoiono in modo retorico tenendosi le mani giunte in vita... sa di antico. Tutta colpa di Steven Spielberg e del nuovo livello espressivo cui portò il war movie con quella portentosa impresa.
Misteri
Come mai Fuller non approfondì la lingua italiana? Vedremo una frase famosa di Mussolini scritta su un muro della Sicilia che recita così: "Se avanzo se guimi! / Se indietreggio uccidetemi / Se muoiu vendicatemi". Aiaiai. Anche perché nel film c'è molta lingua nostrana per via dell'episodio con il bambino siciliano e per la presenza del fante italoamericano Vinci (Fuller voleva per il ruolo Martin Scorsese ma si dovette accontentare del bravo Bobby Di Cicco). C'è poi una scena molto interessante da associare a quella gag che pochi capiscono di Animal House in cui Belushi cade con la scala mentre sta spiando le collegiali mezze nude nella loro sorority house. Non troppi spettatori associano la caduta di Bluto all'erezione provata in quel momento (ecco perché viene spinto all'indietro). Landis si rammarica ancora oggi che quella gag sia poco comprensibile. Ne Il Grande Uno Rosso Fuller fa qualcosa di simile quando sentiamo una serie di wilhelm scream in Nord Africa quando i carri armati tedeschi passano sopra delle buche scavate in fretta e furia dai soldati di Marvin per nascondersi dentro. Perché sentiamo le urla dei soldati visto che i cingolati tedeschi passano sopra quelle fosse senza far loro alcun male? Perché i ragazzi di Marvin strillano come degli ossessi? Per sfogare il nervosismo e liberarsi proprio mentre il frastuono dei mezzi tedeschi può coprire qualsiasi voce umana. Affascinante. Ma anche tremendamente complicato da tradurre visivamente a una prima visione del film.
Cavallo Bianco e Cavallo Nero
Due cavalli all'inizio sia di Fury che de Il Grande Uno Rosso. Quello di Ayer è bianco, mansueto e cavalcato da un nazista. Quello di Fuller è nero, furioso e letteralmente manomette, durante la I Guerra Mondale, il fucile di Lee Marvin. Il cavallo di Ayer aiuta indirettamente Pitt a entrare in scena con lui che lo libererà e manderà via dalla scena dell'efferato omicidio da poco compiuto. Il cavallo di Fuller sembra invece quasi un segno divino per Marvin. Un'introduzione alle avventure pazze, imprevedibili e furiose che il suo sergente dovrà vivere dal 1918 al 1945 in questo intramontabile classico del cinema di guerra diretto da un regista che lì c'è stato veramente.