Bad School - I Magnifici Sette, di John Sturges

Il Bad School della settimana è I Magnifici Sette di John Sturges, classico del 1960 omaggiato da I Magnifici 7 di Fuqua con Denzel Washington e Chris Pratt

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Spoiler Alert
I Magnifici Tre

Quali sono le differenze tra I Sette Samurai (1954) di Kurosawa, I Magnifici Sette (1960) di Sturges (remake western di Kurosawa) e I Magnifici 7 (2016) di Fuqua (remake western del western di Sturges)?
Tantissime. Passeremmo giornate a tediarvi dovessimo fare un confronto a tre.
Usciamo pertanto dal triangolo (figura geometrica tornata molto in voga recentemente grazie a The Neon Demon e Suicide Squad) per rimanere sul confronto più diretto ovvero western hollywoodiano di ieri vs quello di oggi e quindi Sturges vs Fuqua laddove il vs è puramente utilizzato in chiave retorica. Non ci interessa stabilire il migliore (ognuno può avere la sua opinione, soprattutto in base ai dati anagrafici dello spettatore) ma rispondere alle cinque domande del giornalista concentrandoci sul classico di Sturges e tirando in ballo il remake di Fuqua.
Le domande sono: chi, cosa, quando, dove, perché.

Chi

  • Chris Larabee Adams (Yul Brynner): è il leader del gruppo. Cappello nero, cajun (non spietato come quelli de I Guerrieri Della Palude Silenziosa di Walter Hill ma altrettanto tosto), pro indiani e decisamente comunista (il fatto che poi il buon Yul avesse mamma russa facilita l'associazione). Manca un nativo americano (vivo) nel film di Sturges (in Fuqua ce ne sono due; uno buono tra i 7 e uno cattivissimo tra i cattivi) ma occhio a Chris che pur di permettere una degna sepoltura a un pellerossa nel cimitero di una cittadina ostile agli indiani, rischierà la morte al minuto 15 del film facendo capire a tutti che lui è un tipo assai internazionalista e pro minoranze. Anche Steve McQueen, nei panni del pistolero giocatore di carte Vin, rimane colpito dal gesto rivoluzionario del compagno Chris. Lungo il corso del film lo vedremo sempre più riflessivo, filosofico e tetro. Non c'è eroismo individualista, solo la constatazione di un necessario gesto da parte dell'uomo d'azione per la costituzione di una società più equa e giusta. A un certo punto Chris è così disperato da sembrare la versione a colori di Bengt Ekerot ovvero La Morte ne Il Settimo Sigillo (1957) di Bergman per quanto è cupamente concentrato nel portare a termine la sua missione. Chris Larabee Adams non vuole vendicarsi come tanti personaggi della contemporaneità cinematografica (e come il suo doppio Sam Chilsom del potente Denzel Washington in Fuqua) ma è convinto che il senso della vita e il futuro della società sia in quella piccola comunità messicana da difendere a tutti i costi. "I contadini vincono sempre, noi siamo destinati a perdere" affermerà perentoriamente nel finale. Kurosawa si commosse (è una citazione letterale della sua chiusa). Lenin avrebbe applaudito. La motivazione di Adams non è dunque personale bensì politica. La prima stesura della sceneggiatura de I Magnifici Sette fu scritta da Walter Bernstein, uno di quelli messi nella black list dalla Commissione per attività anti-americane che perseguitò anche Dalton Trumbo. Nonostante il copione fu riscritto da Walter Newman e poi ulteriormente da William Roberts, l'orientamento ideologico rimane. Soprattutto nel personaggio di Chris Larabee Adams, così iconico da essere ripreso in chiave metacinematografica dal Chricton de Il Mondo Dei Robot (1973), sempre con Yul Brynner.

  • Vin Tanner (Steve McQueen): è il giocatore d'azzardo sfigato (Chris Pratt pare più bravo nel 2016) amicone di Chris fin da quando lo aiuta a seppellire l'indiano contro i nordamericani razzisti. Appena sale sul carro con Brynner, McQueen fa due gesti (scuote i proiettili del fucile; controlla l'altezza del sole schermandosi con il cappello) così cool dal punto di vista cinematografico da catturare immediatamente l'attenzione dello spettatore e oscurare Brynner (era un vezzo di McQueen, odiato dai suoi colleghi per questi geniali trucchetti spesso improvvisati). La sua prova è perfetta. Vin non è il portatore di una nobile ideologia come Chris, altrimenti sai che noia per lo spettatore (ne basta uno o forse due visto che c'è anche Bronson pro classe operaia). Lui è un po' il joker e serve a far scherzare ogni tanto l'altrimenti cupissimo Adams (la gag delle dita). Memorabile la sua astinenza sessuale sfruttata da McQueen in chiave di dolcissima ed estremamente elegante ironia. È così disperatamente alla ricerca di una donna (ma da quanto tempo non lo fa????) che ti viene voglia di chiamare una tua conoscente (forse anche una parente), pregarla di scambiare due parole con un tuo carissimo amico e poi accompagnarla tutto contento dentro I Magnifici Sette per presentarla a Vin. Questo è il potere, anche presso gli uomini, dello Steve McQueen del film di Sturges. Ogni attore o aspirante tale dovrebbe studiare TUTTO ciò che fa nel film. Da come gioca con il suo foulard a come disegna il suo profilo nell'ombra in un momento mentre Brynner è in luce.
    Il suo Vin Tanner è uno che non fa fatica ad ammettere quanto gli sudino le mani prima di sparare e che riceve meno cibo dall'innamorata di Chico... nonostante sia dei 7 il più gentile e cortese con le signore.
    Come si può non amarlo alla follia? Ama condividere con gli altri l'espressione idiomatica "so far, so good", ripresa da Chris Pratt nel remake di Fuqua ma anche utilizzata da Mathieu Kassovitz per il monologo iniziale del suo secondo film Miglior Regia a Cannes L'Odio (1994). Pare che il modo di dire compaia per la prima volta in un bollettino medico risalente al 1921 descrivendo un ottimista che cadendo dal tetto di un grattacielo commenta: "Fino a qui tutto bene" durante il volo, prima di sfracellarsi al suolo.

  • Bernardo O'Reilly (Charles Bronson): mezzo irlandese, mezzo messicano. Il 50% di sangue centroamericano prenderà lentamente il sopravvento allorquando l'uomo che spaccava la legna all'inizio del film accetta i miseri 20 dollari di ingaggio per difendere un paesino che gli entrerà nel cuore. Bernardo stringerà amicizia con tre pargoli del luogo. I ragazzini lo vedono come un eroe solo perché sa usare bene la pistola. Lui si indigna, ne sculaccia uno e indica nei genitori naturali dei ragazzini i veri adulti da prendere come punti di riferimento anche se sono dei semplici e non appariscenti lavoratori. Morirà felice. Più da messicano che da irlandese.

  • Lee (Robert Vaughn): l'elegante dandy asociale. Guanti neri e un sistema nervoso non proprio solido. Ethan Hawke è il suo corrispettivo del 2016 anche se Vaughn non si fa nel film del 1960 dei cannoni di oppio in compagnia di un amico forse non solo amico. Nel corso del film confiderà le sue fragilità psicologiche a un uditorio messicano sempre più partecipe, entrando anche lui in connessione con la comunità. Muore inginocchiandosi in avanti. Come finge di fare Chris Pratt nel remake attualmente in sala.

  • Harry Luck (Brad Dexter): in italiano si chiamerebbe Fortuna e va bene così perché per lui conta solo la fortuna economica. Diciamo che un comunista come Adams lo guarda per tutto il film come fosse un emerito tonto. Ma con tenerezza. Harry è convinto fin dal principio che lui e gli altri 6 aiutino quei messicani solo ed esclusivamente per misteriose ragioni economiche. Magari c'è una miniera d'oro custodita segretamente dai campesinos. Oppure opali, smeraldi, zaffiri. Chi lo sa? Fino all'ultimo, cioè fino alla morte, Harry vorrà illudersi che c'era un tesoro dietro la missione. Altrimenti... perché rischiare così tanto? Chris, da amico paziente qual è, glielo farà credere fino alla morte cullandolo tra le sue braccia.

  • Britt (James Coburn): il perfezionista del coltello e non solo. Ha una mira infallibile anche con la pistola nonostante sostenga di avere sbagliato dopo un colpo con cui uccide un avversario a quasi un km di distanza ("Miravo al cavallo" commenterà irritato). È il più taciturno del gruppo. Alto, schiena dritta, apparentemente indifferente a tutto. Ma vi diamo un consiglio: non ditegli che è un vigliacco. Seguirà Chris nelle scelte morali più estreme ma con il mutismo che lo contraddistingue. Divenne immediatamente un beniamino del pubblico per via di un atteggiamento fisicamente e verbalmente "economico" degno di un vero samurai che bada sempre e solo al sodo.

  • Chico (Horst Bucholz): bisogna fare una certa fatica per immaginarsi questo lampante ariano come messicano. Ma tant'è. È il James Dean del gruppo. Il giovane irruento, ipersensibile e in costante ricerca di una carezza dalla figura genitoriale di turno. Troverà in Chris il "padre" che cercava. E nonostante paia disprezzare il gentil sesso (preferisce giocare con i tori)... sarà l'unico del gruppo a rimanere nel villaggio messicano alla fine della missione non solo perché in vita ma soprattutto perché infatuatosi della disinibita Petra (Rosenda Monteros). Fu il film che lanciò colui che avrebbe fatto compagnia a Benigni ne La Vita È Bella (1997) nei panni del nazista appassionato di indovinelli. Bucholz, all'epoca del film di Sturges appena ventisettenne, è un vulcano di energia.

Cosa

Un paesino di messicani angosciato dalla gang del bandito Calvera (Eli Wallach) chiede aiuto a Chris Larabee Adams. Sono disposti a svuotare le casse e le dispense del paese pur di pagare Chris e i suoi colleghi pistoleri.
"Mi hanno offerto molto per il mio lavoro... ma mai tutto" risponderà lui con una battuta così bella da passare indenne 56 anni di cinema e tornare intatta nella bocca di Denzel Washington nel remake di Fuqua.

Quando

Era il 1960 quando la Mirish Company produsse questo onesto (c'è un riferimento preciso nei titoli di testa) remake de I Sette Samurai (1954) di Kurosawa, trionfatore alla Mostra Del Cinema di Venezia con il Leone d'Oro e candidato nel 1957 a due Oscar. La società, nata da soli tre anni, aveva stipulato un accordo distributivo con la United Artists e veniva da buoni successi come A Qualcuno Piace Caldo (1959) di Billy Wilder. La Seconda Guerra Mondiale era finita da 15 anni con un Giappone piegato definitivamente dalle bombe atomiche sganciate dagli Usa su Hiroshima e Nagasaki.
La distensione tra le due nazioni ex nemiche passò anche per il cinema. Hollywood riconosceva la grandezza di un cineasta giapponese a sua volta ammiratore del cinema nordamericano.

Dove 

Il film di Fuqua colloca l'azione sul suolo americano di Rose Creek poco dopo la fine della Guerra Civile con un afroamericano tranquillamente a capo di una squadra di pistoleri. Non siamo lontani dal black power tarantiniano di The Hateful Eight (2015). Il film di Sturges ci porta in un Messico abbandonato a se stesso, pericoloso e in balia dei banditi. Qualcosa di non così tanto diverso dal tesissimo momento in cui in Sicario (2015) il convoglio di macchine nere Usa attraversa la pericolosissima cittadina di Juárez.
Il Messico nel film di Sturges è un luogo senza ordine politico e religioso. Gli Usa di Fuqua sono in balia di capitalisti psicopatici.

Perché

Se c'è un elemento del film di Sturges che da un'ottica del 2016 assume i connotati quasi della bizzarrìa è la gang dei cattivoni di Calvera e la sua/loro motivazione alla prevaricazione. Mentre il Bartholomew Bogue (Sarsgaard) di Fuqua è un bianco, statunitense, riccone di Sacramento, ultrapsicopatico e ultracapitalista (ha bisogno di controllare il villaggio di Rose Creek per le sue speculazioni economiche) alla Henry Fonda di C'era Una Volta Il West (1968) di Leone o Tom Wilkinson di Lone Ranger (2013) di Verbinski, il Calvera di Eli Wallach... è tutt'altra bestia.
Non fa altro che piangere miseria, pare uno straccione e non si permetterebbe mai di incendiare una chiesa (anche se racconta agli abitanti del villaggio di aver provato a rubare dei candelabri d'oro in una cattedrale più grande a San Juan).
Insomma... pare uno sfigato. Di psicosi in lui ce n'è poca. Quasi per niente. Anzi... è talmente lucido da permettere ai Magnifici Sette sopravvissuti al primo scontro contro la sua banda di 40 uomini di andarsene via sulle loro gambe perché non gli sembra una mossa intelligente quella di uccidere degli americani su suolo messicano.
E se la faccenda diventasse politica e poi lo stato del Texas gli mandasse un esercito contro?
Calvera, grazie a Wallach, diventa pertanto qualcosa di più complesso, pragmatico e anche comico. È uno sbruffone lagnoso sempre pronto ad elencare tutti i problemi che lui e i suoi uomini devono affrontare. Compreso il fatto che la sua gang non mangi da ben tre giorni. Proverà a convincere Chris a disinteressarsi a quegli straccioni dei messicani più con le parole che con la pistola. Ecco quello che contraddistingue definitivamente I Magnifici Sette di Sturges oltre una delle colonne sonore più orecchiabili e famose della Storia composta da Elmer Bernstein. La battaglia è più ideologica che marziale. Più parole, ragionamenti e scelte morali che non perizia balistica. Questo ci porta alle ultime conclusioni.

Conclusioni

Si comincia a sparare sul serio a circa 52 minuti dalla fine del film su un tempo effettivo di 128 primi. In Fuqua la carneficina finale è rumorosa, brutale, articolata (fucili, archi, pistole, mitragliatrice Gatling, dinamite), dettagliatamente coreografata e con una donna in un ruolo decisivo. In Sturges lo scontro tra I Magnifici Sette e la gang di Calvera è relativamente breve e senza troppa enfasi posta sull'orchestrazione della sparatoria. Le donne cucinano e baciano in questo film del 1960 senza diventare delle cecchine formidabili come Haley Bennett nel remake del 2016. Lei nel nuovo I Magnifici 7 chiude il film dopo averlo aperto andando con il marito interpretato da Matt Bomer ad assoldare un nero dal cappello nero con cuore vendicativo.
Il film di Sturges si apriva con tre messicani pronti a dare tutto a un bianco dal cappello nero con cuore rosso.

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