Pupi Avati rifiuta Venezia...
Incredibile, uno dei registi italiani più sopravvalutati si offende per non essere stato ammesso in concorso al Lido e fa dichiarazioni eccessive...
Rubrica a cura di ColinMckenzie
Francamente, è triste parlare di questa polemica, ma molto utile per capire come vanno le cose nel nostro Paese a livello di cinema (e non solo). I fatti fino a questo momento. Il film di Pupi Avati, Una sconfinata giovinezza, veniva dato da alcune fonti (soprattutto Repubblica) un sicuro partecipante al Concorso di Venezia.In realtà, come avevamo scritto qui, sapevamo che ci sarebbe stato un altro titolo che avrebbe fatto fuori uno dei 4 'big' (si fa per dire) dati per scontati da Repubblica. E' avvenuto proprio questo, con la pellicola di Ascanio Celestini che ha scalzato il veterano Avati, ennesima scelta coraggiosa (almeno sulla carta, vedremo poi ovviamente i risultati) dei selezionatori del Lido.
Apriti cielo, il regista non ha preso bene la scelta, dimostrando un'eleganza e una 'raffinatezza' invidiabili. Intanto, con una dichiarazione decisamente forte:Ho scoperto infatti che il mio film è stato mostrato alla commissione quando ormai da quattro giorni i quattro autori avevano avuto la certezza di essere stati selezionati. Il mio film dunque era già fuori gioco”
Francamente, messa così sembra un complotto con un regista che era stato in concorso solo due anni fa al Lido. Non ha alcun senso e forse bisognerebbe chiedere ad Avati delle prove della grave accusa che sta ponendo. Inoltre, sarebbe utile farsi chiarire certi toni apocalittici:
Dopo tanti anni di professione credevo di non meritare un trattamento così ambiguo e soprattutto non consono a chi si trova a dirigere uno dei festival più prestigiosi del mondo. Non potevo tenere solo per me il grande dolore che stiamo vivendo".
Consigliamo ad Avati di tornare in sé e rendersi conto che non è morto nessuno, anzi l'offerta (rifiutata) che gli è stata fatta di passare fuori concorso poteva essere anche più vantaggiosa e meno rischiosa del concorso, che tanti guai ha procurato anche a realizzatori più prestigiosi di lui.
E intanto monta anche una polemica politica, con le dichiarazioni forti del presidente dei senatori del Pdl Maurizio Gasparri:
Non vorremmo che ci fossero delle ragioni ideologico-culturali dietro questa decisione. A vedere coloro che sono stati privilegiati, qualche sospetto potrebbe anche venire. Questo episodio, insieme a molti altri, dimostra che quelli che si lamentano delle censure sono coloro che le praticano in tante occasioni senza, in realtà, subirle mai".
Frasi che sono state smentite a metà dal regista, che sostiene:
Credo che non ci siano motivi ideologici dietro la mia esclusione, anzi lo voglio ben sperare".
In tutto questo, ci si chiede quale sia l'altissima opinione di se stesso che ha Avati, che evidentemente crede di essere un regista talmente importante da dover essere sempre in concorso a Venezia, mentre in realtà è semplicemente autore di tanti film poco significativi negli ultimi anni e che viene spacciato per un maestro all'Italia e all'estero da una stampa amica e accondiscendente.
Inoltre, il concetto di democrazia e fair play sembra proprio sconosciuto. Veramente i selezionatori di Venezia non possono scegliere liberamente chi avere in concorso, prendendo decisioni poco accomodanti e originali, giuste o sbagliate che siano?
In fin dei conti, l'impressione è quella del solito potente che ritiene che certe cose gli siano dovute. Senza contare l'idea che un veterano regista debba sempre avere la meglio su un giovane. In effetti, il discorso generazionale è uno dei nostri maggiori problemi e spiace che un regista comunque importante faccia trasparire tutto questo astio verso un emergente. Insomma, se dovessi sintetizzare la vicenda con una parola, direi che 'tristezza' è il termine giusto...
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