Roma 2010 - "La scuola è Finita": meno male...

Passa in concorso al Festival di Roma La scuola è Finita di Valerio Jalongo, che però delude su tutta la linea. Meglio il documentario Gasland, che arriva nella sezione Extra...

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festival di roma

 A cura di ColinMcKenzie

  • La scuola è finita (Concorso)
    Si inizia con un bel piano sequenza con dei banchi di scuola, che si conclude con un buco nel muro. Siamo chiaramente in un istituto allo sbando, con gente che si rolla le canne in classe e persone che girano con pinne da sub. Sono neanche 5 minuti di film, ma gli unici degni di essere visti di quello che sembra un montaggio raffazzonato e provvisorio, piuttosto che una pellicola terminata, con delle musiche inserite senza senso e dei passaggi narrativi quasi psichedelici per la mancanza di coerenza e senso logico.
    Quello che vediamo è un ritratto di un giovane ribelle, peccato che tutto questo non interessi a nessuno, anche grazie ai finti giovani sullo schermo che non risultano minimamente credibili e a quelli dietro la macchina da presa, che non hanno minimamente idea di come dar vita a uno stile di regia moderno (ma intanto protestano contro i tagli alla Cultura, forse pensando che il loro lavoro rientri in questa categoria). Si pensa che mettere in scena canne, piercing e altre cose da 'gggiovini' sia sufficiente per dar vita a un ritratto efficace, ma non è cosi. L'unica preoccupazione è quella di stare dietro alla realta, come se si scrivessero questi film leggendo un po' di riviste per adolescenti e guardando MTV, e non di creare personaggi convincenti.
    E che dire dei drammatici (nel senso che sono un pianto) dialoghi espositivi, come scambi di battute tra divorziandi che sono incredibili per quanto risultano anticinematografici. Difficile capire se bisogna essere più arrabbiati per il personaggio della Golino, che risulta talmente finto da irritare per le cose che dice e che fa, o per quello dell'ex marito, che ha il volto di Vincenzo Amato e che è talmente pieno di contraddizioni e assurdità varie da lasciare basiti. Di sicuro, entrambi questi attori hanno visto giorni (e prove) migliori.
    Insomma, se l'idea era quella di mostrare la realtà triste, banale e noiosa della scuola italiana per mezzo di un film triste, banale e noioso, la metafora funziona efficacemente. Realizzare un prodotto di livello anche minimamente accettabile è tutto un altro paio di maniche. Consiglio spassionato per Jalongo: a questo punto, meglio passare più tempo a contestare che sui set cinematografici, si fanno meno danni...

  • Gasland  (sezione Extra)
    Le fonti di energia come i gas naturali sono la soluzione all'inquinamento e al petrolio, che peraltro prima o poi si esaurirà. Tutto giusto, vero? Non ne è molto convinto Josh Fox, regista di questo documentario, che a un certo punto si ritrova con l'offerta di rilevare la sua casa da parte della Halliburton, una società che si occupa appunto dell'estrazione di questi gas.
    Così, Fox inizia a indagare in zone vicine, scoprendo una realtà molto poco verde ed ecologista. Infatti, non solo i gas naturali non sono la panacea per la crisi energetica, ma la loro estrazione provoca un pesante inquinamento delle falde acquifere, tanto che l'effetto più impressionante è vedere l'acqua dei rubinetti prendere fuoco quando si avvicina un accendino.
    Ci sono tante cose interessanti nel lavoro di Fox, che spiega bene come a questo tipo di attività sia stato incredibilmente permesso di non rispettare le norme sull'inquinamento dell'acqua e dell'aria. D'altronde, torna anche qui l'uomo nero per eccellenza della politica estera americana negli ultimi vent'anni, quel Dick Cheney vicepresidente degli Stati Uniti sotto la presidenza Bush e considerato il vero ispiratore di tante scelte drammatiche. Cheney, come sappiamo, era uno dei responsabili della Halliburton prima del suo arrivo alla Casa Bianca e anche nella guerra in Iraq non si è dimenticato di favorire l'ex datore di lavoro.
    E Gasland è un'occasione di vedere un'America che conosciamo poco, piena di paesaggi desolati e rovinati da speculatori senza scrupoli. Così come alcune immagini (gli animali che perdono il pelo, il protagonista che indossa una maschera antigas e nel frattempo suona il banjo) non si dimenticano. Purtroppo, il documentario è fin troppo rigoroso e attento nel sentire le varie vicende personali di povere persone che si trovano in mezzo a questi malaffari.
    Viene da pensare a un Michael Moore che non riesce però a parlare con i responsabili e che quindi offre una lezione un po' didascalica, di sicuro anche per una voce off a tratti monotona e di cui talvolta si abusa. Alcuni spunti (come, nel finale, la stampa disattenta) non vengono sfruttati a dovere. Si aspetta sempre il colpo del KO o la trovata a effetto, ma non arrivano mai. Peccato, sia per il tema in questione che per i risultati artistici del documentario...

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