Ibrahimovic - Diventare Leggenda, la recensione
Convenzionale e pieno di informazioni più che di idee, Ibrahimovic - Diventare Leggenda sembra un documentario di regime
Questo documentario non fa molto di più che mettere in fila le immagini delle partite dell’epoca associate a quelle amatoriali (sempre più frequenti nei documentari biografici da quando le vite da ritrarre si svolgono alla fine degli anni ‘90, del periodo di massima diffusione delle videocamere). È una celebrazione non solo dell’Ibrahimovic calciatore, ma come dice il titolo dello Zlatan star, del suo statuto di autorità e di mito autocostruito. Senza riuscire mai a riflettere sul primo sportivo dai tempi di Mohammed Alì che si professa indefessamente il migliore del mondo (arrivando poi a quella qualifica), o su quanto questo potrebbe distruggere altri ma esalta Ibrahimovic, il documentario pare un’operazione di governo: allineato e celebrativo.
Non c’è nessun coraggio né alcun intento di mostrare lati che non si conoscano già del calciatore, non c’è nessuna seconda lettura o chiave interpretativa, solo la riproposizione di un momento non particolarmente appassionante della sua vita, reso tale da un montaggio che mette in relazione il turbolento inizio al Malmo, durante il quale al carattere già ostico si sommava anche un’età non facile, alla distensione degli anni dell’Ajax.I nomi coinvolti per le interviste sono tutti di livello (Snejider, Mido, Fabio Capello…), mentre il protagonista è presente solo in interviste dell’epoca, ma il massimo che può uscire fuori è un po’ di gossip. Solo Capello riesce a dare dei dettagli tecnici, delle idee sul suo modo di giocare che per un appassionato possono suonare interessanti. Ma è più merito dell’allenatore che dei documentaristi.