Science+Fiction 2015 - The whispering star, la recensione
La parte peggiore di Sion Sono senza i suoi pregi. The whispering star ha tutta la supponenza del regista giapponese e manca di capacità di creare immagini
La storia è una di passione per i tempi andati, quella di un futuro in cui una donna viaggia nello spazio con un’astronave fatta a forma di casetta (uno dei pochissimi sprazzi di umorismo caustico di Sion Sono), è un corriere che porta pacchi in diversi pianeti. Nonostante esista il teletrasporto, lo stesso qualcuno preferisce che i pacchi vengano portati a mano, da qualcuno, attendendo. Per più di metà film osserviamo la noia e la lentezza della sua vita in viaggio, monotona e ripetitiva, accompagnata solo da un grottesco computer di bordo. Nella seconda parte invece scopriamo cosa contengano quei pacchi. Sono oggetti analogici, beni materiali che le persone si scambiano e si inviano con un deciso piacere e una forte commozione nel riceverli.
Tutto sussurrato come suggerisce il titolo, The whispering star è un’ode alla lentezza dell’era analogica proiettata in un futuro dove questa è ancora più inutile di oggi. Il paradosso della lentezza nella consegna di oggetti da un’altra era è l’elegia di un altro modo di vivere apertamente contrapposto al nostro e il film fa di tutto per renderla attraverso uno svolgimento più che compassato che mai è sostenuto da un immaginario a livello. La tesi meno interessante e più banale possibile, il luogo comune più abusato dei nostri anni (si stava meglio una volta con i ritmi della vita analogica), reso con la forma cinematografica più supponente e fastidiosa. Difficile andare più in basso.