A Young Doctor's Notebook (seconda stagione): recensione

Come nella prima stagione, lo show con Daniel Radcliffe e Jon Hamm continua ad essere uno show inusuale e meritevole di una visione

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Riassunto delle puntate precedenti: la rivoluzione russa inquadra il mutamento storico di una nazione e del mondo intero attraverso la visione di un giovane medico che si ritrova a fare le prime esperienze in uno sperduto ed aspro paesino. Contraltare di questa piccola, impaurita, e spesso mediocre figura, interpretata da Daniel Radcliffe (Harry Potter), è la sua versione da adulto, fisicamente più imponente, decisamente più matura, ma non per questo necessariamente migliore, che ha invece il volto di Jon Hamm (Mad Men). La base di partenza dello show di Sky Arts rimane quella dei racconti semiautobiografici dello scrittore russo Michail Bulgakov, autore, tra le altre cose, del capolavoro Il maestro e Margherita.

Per la seconda, e probabilmente ultima, stagione di questo particolare esperimento televisivo, il network ha scelto di non distaccarsi dal tono e dal tipo di narrazione seguito lo scorso anno, replicandone tanto l'impostazione (appena quattro episodi da venti minuti ciascuno) che lo stile. Risultato, come nella prima stagione, è un prodotto inusuale, un rapido e veloce brivido di freddo che, a causa dell'esigua durata, rinuncia fin da principio ad una costruzione di caratteri e situazioni a lungo termine per ragionare sull'immediato, su trovate caustiche e di cattivo gusto che ci strappano una risata amarissima e che tradiscono un contesto immorale e meschino come il suo protagonista. Ancora una volta il gelo di queste lande desolate crea un ambiente il meno accogliente possibile, esasperato da una ricostruzione e da una fotografia che rendono le stanze da letto degli angusti e soffocanti ambienti e il locale per gli ammalati una diafana sala di morte.

Radcliffe e Hamm sono in perfetta sintonia. Qualcosa nell'impossibile rapporto che lega lo stesso personaggio del passato e del futuro sembra essere cambiata rispetto allo scorso anno. Se nella prima stagione, complice anche il riferimento all'opera di Bulgakov, la lente era focalizzata più sul giovane medico e sulle sue esperienze, con Hamm come una sorta di mentore e guida, qualcosa è cambiato in una seconda stagione che, essendo stato già sfruttato tutto lo scarno contenuto dei racconti, ha dovuto costruire qualcosa di nuovo. Non che la narrazione nel 1918 non sia protagonista, anzi. Tuttavia stavolta sembra il vecchio medico, fuggitivo, perso nei propri ricordi di gioventù, a guidare il singolare rapporto con il se stesso che fu, a odiarlo, e quindi a odiarsi, per gli errori commessi, per le proprie colpe imperdonabili.

Da un passato che si rivolgeva al futuro per trovare forza, ad un futuro che guarda indietro con rabbia e con rimpianti. A young doctor's notebook, ovvero I racconti di un giovane medico, rimane una serie cupa, senza speranza, quest'anno ancor più nichilista rispetto alla prima stagione. Sorprende poi davvero, in positivo, come si sia riusciti a condensare nei venti minuti finali dell'ultima puntata delle soluzioni così cattive, senza speranza e capaci di colpire direttamente la parte più emotiva dello spettatore. Potere di una serie che, senza dover correre dietro ad ascolti, conferme e quant'altro, riesce ad osare più di altre. Se siete fan della prima stagione, con ogni probabilità anche questo nuovo blocco di puntate vi piacerà, in caso contrario difficilmente andrà incontro ai vostri gusti. Se poi non ne avete mai sentito parlare, beh, che aspettate a dargli un'occasione?

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