Glue: la recensione
La recensione di Glue, thriller/giallo britannico creato da Jack Thorne
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In un contesto campestre da cartolina, quello del villaggio di Overton, l'erba verde viene sporcata dal sangue del giovane Cal, affogato nel fango. Il ritrovamento del cadavere ha naturalmente un certo impatto sulla piccola comunità di riferimento, e innesca le indagini da parte della polizia locale. Tra le forze dell'ordine spicca la giovane Ruth Rosen, una ragazza madre che ha abbandonato la comunità nomade alla quale apparteneva. Il cerchio delle indagini si stringe intorno alle amicizie di Cal: quindi il giovane Rob, che ha una relazione turbolenta con Tina, aspirante fantina, e poi Eli, fratello della vittima, e ancora Janine e l'hippie Annie.
Il titolo è aperto ad interpretazioni. I cavalli sono una costante nella serie, fanno parte dello sfondo bucolico nel quale l'intera vicenda è calata, ma sono anche pronti ad emergere per diventare parte attiva nella narrazione. E poi c'è il collante dell'intera comunità, nella quale grande importanza ha il confronto tra i "locali" inquadrati nel sistema di leggi e nelle autorità e i rom che invece fanno sistema a sé: uno scontro che è incarnato dal personaggio di Ruth. E quindi il legame fragile, sempre sul punto di sciogliersi, nel gruppo di amici di Cal, che di volta in volta, negli episodi a loro dedicati (ogni puntata prende il titolo dal personaggio su cui si focalizza) mostreranno una nuova faccia, fino al chiarimento finale.Il creatore Jack Thorne, che aveva raccontato il disagio giovanile in Skins e This is England, declina quindi le forme del teen-drama britannico a partire da una base thriller. Funziona tutto quindi? Non proprio. La sensazione generale è quella di uno sguardo troppo superficiale a conflitti e personaggi che avrebbero potuto essere sviluppati meglio. C'è una bella intuizione, come quella di inserire nella storia visioni allucinate del cadavere di Cal, non sfruttata pienamente. La divisione culturale tra le due anime della comunità viene posta, ma mai affrontata del tutto, e alcuni personaggi – Annie su tutti – sembrano nascondere potenzialità che avrebbero potuto essere raccontate meglio. In ogni caso un finale soddisfacente, teso, crudele al punto giusto, ripaga per la visione.