Il Grande Sgarbo, la recensione

Abbiamo letto e recensito per voi Il Grande Sgarbo, storia ucronistica di Stefano Cardoselli

Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.


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Abbiamo conosciuto Stefano Cardoselli, qualche anno fa, grazie a Love Me Like a Psyco Robot. Avevamo visto in lui un maestro contemporaneo del fumetto underground che ha dovuto portare il proprio talento al di là dell'Oceano Atlantico per vederlo riconosciuto. Niente robot allucinati in questo suo Il Grande Sgarbo - edito dalla casa editrice Effequ, di cui è direttore artistico - per quanto attiene alle graphic novel, ma lo stesso talento.

La storia: si sta facendo l'Italia. Garibaldi e i Mille sono in marcia. Ma l'Unità non è gradita a tutti e, in particolare, ha colpito in malo modo un burocrate del Regno delle Due Sicilie. Tale Ragozzino, uomo di grande ordine mentale, ma di scarsissimo cuore e privo di qualunque aspirazione nella vita, di qualunque gioia che non sia la soddisfazione cieca del suo lavoro di passacarte e impiegato borbonico. Come reagisce l'infausta mattina in cui una camicia rossa, garibaldina, gli apre il portone dell'ufficio e lo rispedisce a casa, dato che il palazzo dell'amministrazione è sotto sequestro? Decide, subitaneo, vendetta contro l'Eroe dei Due Mondi (a diventare) e trova il modo di ucciderlo. Come? Ebbene, l'opera narra proprio i modi dell'assassinio, che apre la narrazione, per poi disvelarsi in un lungo flashback.

Non siamo impazziti e non scriviamo in linguaggio aulico e passatista per vezzo, ma per darvi un'idea dei testi di Cardoselli e della sua storia. Ucronia delle ucronie, Il Grande Sgarbo racconta come fu che l'Italia non venne unita mai, per la vendetta banale di un uomo meschino e inutile, senza creatività né passioni. Visionaria e potente dal punto di vista visivo, la storia è il cammino personale di un signore allucinato e allucinante, le cui gesta sono chiaramente sovradimensionate rispetto ai suoi sentimenti e alla sua esistenza stessa.

Un'esistenza che Cardoselli dipinge con la forza del suo tratto ricchissimo, del suo immaginario surreale, mescolando sogno e realtà, mettendo sulla scena una violenza crudissima, nel suo bianco e nero senza mezzi termini, solo in parte disinnescata dall'atmosfera inverosimile che aleggia su tutta la storia, che ci appare come una specie di incubo poetico. Quella di Cardoselli, di recuperare un passaggio arcinoto della nostra storia per stravolgerlo e raccontare qualcos'altro, è un'operazione che ci piacerebbe vedere più spesso nel nostro Paese, da parte dei protagonisti di tutte le forme della narrativa nazionale. Sono stati tanto bravi James Ellroy e i suoi epigoni a farlo negli States, possibile che la nostra Italia, con tutte le figure epiche, eroiche, storiche e potenti del suo passato non sappia sfruttare questo patrimonio per inventare, per raccontare qualcosa di suo e di nuovo, compromettendolo con i protagonisti e i temi della storia?

A Il Grande Sgarbo si vuole bene anche per la sapienza con cui Cardoselli sfrutta i formato, ridotto e inusuale per il nostro Fumetto. Pagine piccole che ospitano a volte due o tre vignette molto dinamiche, a volte invece si fanno loro stesse vignetta, adattando in maniera importante il ritmo della narrazione e della lettura, sfruttando la serialità delle immagini per rallentare gli eventi, concentrandosi sul rovello interiore dei personaggi o sulle fasi della loro emotività.

Il tutto con il tratto di Cardoselli che, se vi piace, qui assume dei contorni più onirici rispetto ad altre sue opere viste in passato e rimane graffiante e immaginifico come al solito. Insomma, Il Grande Sgarbo è un prodotto interessante, una lettura veloce e un pezzo saporito di underground fuori dagli schemi prodotto e stampato in Italia. Ne avremmo un gran bisogno, nel sottobosco del Fumetto nostrano.

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