[Roma 2012] Back to 1942, la recensione

Il primo film a sorpresa del Festival di Roma è l'epico racconto di una strage dimenticata in Cina, con Adrien Brody e Tim Robbins...

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Come previsto i due film a sorpresa della settima edizione del Festival di Roma provengono entrambi dalla Cina, con Marco Müller neo direttore artistico della kermesse non poteva essere altrimenti. Ieri è stato annunciato il secondo titolo, Drug War di Johnnie To, che verrà proiettato in anteprima giovedì prossimo, mentre questa mattina è stato presentato Back to 1942, il mastodontico film di Feng Xiaogang. Senza dubbio uno tra i registi di maggior successo e redditizi in patria, è stato il primo cineasta cinese a superare il miliardo di yuan, oltre 146 milioni di dollari, al box office nazionale. Autore di commedie, drama e action movie di enorme successo, porta in anteprima mondiale la sua ultima fatica che partecipa in concorso.

Siamo nel 1942, la Seconda Guerra Mondiale si appresta a diventare il più grande conflitto armato della storia e come se non bastasse l’Henan, regione nel cuore della Cina dove è ambientata la storia, deve vedersela anche con una pesante carestia che di lì a poco causerà l’esodo di 10 milioni di persone alla ricerca di salvezza, un evento ingiustamente assente nei nostri libri di storia. Strette fra la siccità e la distruzione dei campi da parte di sciami di locuste, le popolazioni sono obbligate ad abbandonare la regione e il Governo Centrale, non bene al corrente della dimensione della tragedia, o forse fingendo di non vedere e non volendo aiutare i civili, lascia morire di fame oltre 3 milioni di persone. Caduta di una popolazione rappresentata dalla caduta di un singolo: il protagonista Fan (Zhang Guoli), all'inizio del film, è un ricco proprietario terriero; alla fine lo vediamo con null’altro che pochi stracci e una flebile speranza. Era partito anche lui alla volta di un futuro migliore di quello che gli si prospettava, ma insieme alla famiglia dovrà penare non poco anche solo per riuscire a sopravvivere.

Con Back to 1942 ci troviamo di fronte a un vero e proprio kolossal, un progetto costato circa 33 milioni di dollari ed estremamente ambizioso: inquadrature ampie e di respiro epico, con centinaia di comparse, come certi film di Leone o David Lean. Politico, per le accuse che muove verso il governo dell'epoca che in quegli anni chiuse gli occhi a più riprese sulla tragedia che mise in ginocchio milioni di civili, crudo per le immagini che non risparmia allo spettatore, fedele alla veridicità storica alla quale non vuole sottrarsi, ma non perfetto. Nel voler essere storicamente corretto, decide di raccontare nei minimi dettagli ogni singolo passaggio rischiando di dilungarsi troppo, specialmente nella seconda metà. Finiscono così per perdersi i due premi Oscar presi in prestito da Hollywood Adrien Brody e Tim Robbins, che nel film interpretano rispettivamente un giornalista americano e un prete cattolico (ancora un prete occidentale in Cina dopo il Christian Bale di The Flowers of War di Zhang Yimou) che finiscono però per avere una parte non sviluppata appieno. Resta comunque un film imponente, dal forte impatto visivo ed epico al punto giusto, che forse sarebbe dovuto durare qualche minuto in meno.

Recensione a cura di Aureliano Verità

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