Black Mirror: i 10 cattivi più memorabili della serie

In Black Mirror, Charlie Brooker ha dipinto un futuro cupo e cinico, popolato da individui sempre più inclini alla malvagità: ecco i dieci villain migliori della serie

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Spoiler Alert
La società dipinta da Charlie Brooker nelle tre stagioni finora andate in onda della sua Black Mirror non è certo tutta rose e fiori, a dispetto della tagline the future is bright. Il futuro, nella serie BBC, non è per niente radioso, e ancor meno lo sono le persone che lo affollano; in un ampio palcoscenico pregno di malvagità, abbiamo selezionato i dieci personaggi più crudeli che Brooker abbia concepito e portato sullo schermo.

Carlton Bloom (The National Anthem)

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Un fantasma, una presenza invisibile, l'artista vincitore del Turner Prize che, sebbene animato da propositi nobili, mette il premier Michael Callow nella poco invidiabile situazione di dover copulare con un maiale per salvare la vita della principessa rapita da Carlton e tenuta in ostaggio fino al compimento dell'atto sessuale, trasmesso a reti unificate. L'artista, in realtà, lascia libera la principessa e si suicida prima che la diretta abbia inizio, ma gli occhi della nazione, come previsto dalla sua opera di denuncia, sono troppo concentrati ad attendere l'imbarazzante performance di Callow per potersi curare della giovane appena liberata ed evitare al primo ministro l'umiliazione.

Judge Hope (Fifteen Million Merits)

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Nell'allucinante e claustrofobico futuro dipinto dalla seconda puntata della prima stagione di Black Mirror, tra le poche speranze di evadere da una vita in tutto e per tutto simile alla schiavitù vi è la possibilità di partecipare a un reality, tra i cui giudici spicca il cinico Hope, interpretato da Rupert Everett. Il suo tagliente responso spingerà dapprima l'innocente Abi a diventare un'attrice pornografica, rinunciando alla propria vocazione musicale; in seguito, anche il rivoluzionario protagonista Bing arriverà a sottostare al sistema, sebbene con qualche beneficio.

Jem (White Bear)

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Qualcuno potrebbe dire che, per un complice d'infanticidio, la pena mostrata in White Bear non sia poi tanto eccessiva, ma la sua finta collaborazione con la protagonista Victoria ci porta a reagire male nel momento in cui ci rendiamo conto di quanto la fiducia della ragazza fosse mal riposta. Victoria è sì colpevole di aver rapito e ucciso una bambina, ma Jem è complice di un abominio superiore, di un sistema sadico e vendicativo che fa della punizione spettacolarizzata il proprio spietato fondamento.

Jack Napier (The Waldo Moment)

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Benché il pubblico finisca per identificare il pupazzo Waldo come villain della puntata, Charlie Brooker sviluppa una metafora non troppo sottile per evidenziare come, dietro il candidato di turno - reale o virtuale che sia - vi siano molte altre menti. È il caso di Napier, produttore televisivo che detiene i diritti sul pupazzo cui il protagonista Jamie dà voce e movenze. L'ambizione porterà Napier a usare Waldo in campagna elettorale e, infine, a sobillare addirittura la folla contro la sua originaria "anima", ovvero lo stesso Jamie.

Matt Trent (White Christmas)

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Più di qualunque altro episodio, White Christmas gronda cinismo e cattiveria, esemplificata nei propri sfaccettati personaggi, ciascuno dei quali ha un'anima nera che, nel corso dell'episodio, viene a galla. Prendiamo il marito e padre affettuoso Matt, interpretato da Jon Hamm, che ha l'hobby di fare da "consulente" alle avventure erotiche del prossimo; l'aver assistito a un omicidio lo porta a dover rivelare il proprio passatempo alla moglie e all'essere, di conseguenza, rimosso tramite blocco dalla vita della donna e della figlioletta. Tuttavia, il vero lavoro di Matt è ben più allucinante: creata una copia della coscienza di un essere umano, obbliga quest'ultima a svolgere delle mere mansioni domestiche, costringendola a una schiavitù senza fine. Inoltre, nella seconda parte dell'episodio, si rivelerà essere carceriere di Joe.

Naomi Blestow (Nosedive)

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Il diavolo con il volto di un angelo è l'amica d'infanzia della protagonista Lacey, che della bella Naomi ha sempre invidiato tutto, rimanendone succube per molti anni. Nel momento in cui la reputazione di Lacey cola a picco, Naomi consiglia all'amica già in viaggio di tornare a casa e non presentarsi al suo matrimonio, per evitare figuracce. La resa dei conti tra le due ragazze sottolinea l'ipocrisia di Naomi e la crudeltà intrinseca del sistema nel quale entrambe sono cresciute.

Shou Saito (Playtest)

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Il magnate dei videogiochi giapponese non rivela il proprio lato oscuro se non nelle ultime battute dell'episodio, quando resta pressoché indifferente di fronte alla morte del protagonista Cooper, preoccupandosi piuttosto del fatto che il decesso abbia vanificato l'esperimento del giovane all'interno del gioco programmato da Saito. Gioco di cui, peraltro, resta ignaro anche il pubblico, essendo Cooper morto a meno di un secondo dall'inizio dell'esperienza di realtà aumentata.

I ricattatori (Shut Up and Dance)

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Forse tra i cattivi più inquietanti della storia di Black Mirror, i ricattatori che perseguitano il giovanissimo Kenny si riveleranno essere, alla fine dell'episodio, una sorta di giustizieri, che hanno inflitto ai personaggi una serie di punizioni prima di rivelare i loro segreti - più o meno vergognosi - alla rete e decretarne, in alcuni casi, l'arresto. Ancora una volta, il relativismo di Brooker capovolge la realtà, spingendoci a tifare per coloro che scopriremo essere, a fine puntata, dei criminali.

Dottor Arquette (Men Against Fire)

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Il compassato psicologo dell'esercito non è altro che una delle menti dietro il progetto MASS, che ha distorto letteralmente la percezione dei soldati al fine di spingerli a uccidere nemici apparentemente mostruosi, in realtà deformati da un microchip e, nella sostanza, in nulla diversi dal resto dell'umanità, se non perché afflitti da qualche malattia o semplicemente più deboli. Nella purga più agghiacciante che la televisione recente ricordi, quest'uomo incarna il volto gentile del massacratore insospettabile.

Garrett Scholes (Hated in the Nation)

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In una denuncia analoga, per certi versi, a quella operata da Carlton Bloom in The National Anthem, Garrett ordisce una complessa macchinazione per mettere sotto i riflettori il tragico fenomeno degli hater, pronti a scagliare la pietra contro il nemico di turno senza dover temere conseguenza alcuna, vigliacchi guerrieri che combattono da dietro uno schermo. Tuttavia, l'eccidio sconvolgente che chiude l'episodio lo pone al primo posto, per numero di vittime, nella storia dei villain di Black Mirror.

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