Chiedersi a cosa servano le serie Marvel non depone a favore delle serie stesse. Eppure è un dubbio lecito. Fino ad ora sono sembrate tutte dei ponti narrativi per permettere ai film di togliersi di mezzo le parti più convenzionali. Lo sono ad esempio la trasformazione di Wanda nella malvagia Scarlet Witch, la difficile presa di consapevolezza di Falcon rispetto al valore del suo nuovo incarico, o la storia di origini di Ms. Marvel

Le origini di Ms. Marvel

È stato un inizio veramente complicato per Kamala Khan, con una storia famigliare fin troppo ingarbugliata e ben poco appassionante da seguire. Però è anche un passaggio non evitabile, sia nei Marvel Studios dell’inclusione (bella l’idea di includere la storia del popolo Pakistano in quella magica e personale, si poteva però fare meglio), che in quelli dell’intrattenimento. La nostra supereroina è arrivata alla fine della sua serie nella posizione migliore possibile per incontrare Carol Danvers al cinema in The Marvels.

Ha il suo costume, ha già conoscenza dei poteri, è giovane eppure si è già sgrezzata con i primi combattimenti. Ha capito chi è, eppure la sua nuova identità non è così ben definita da essere immune a nuovi colpi di scena. C’è spazio solo per il divertimento e nessun “passaggio obbligato” da affrontare nel prossimo film. Come Ms. Marvel anche Kate Bishop ha vissuto questo assemblaggio in forma seriale. Solo che lei è capitata in quella che si gioca la vetta come miglior serie Marvel fino ad ora, ovvero Hawkeye. Quella di Ms. Marvel è invece un progetto che sprizza personalità per i primi tre episodi e la perde tutta in quelli seguenti.

ms marvel passato bisnonna 3

Che energia Ms. Marvel!

Ancora una volta la maledizione della Marvel in televisione: l’incostanza. Le avventure di Kamala Khan non tracollano come quelle di Marc Spector nel terribile finale di Moon Knight (in assoluto il peggio che sia uscito da quello studio). Però non mordono neanche. Planano lentamente fino a un atterraggio senza scossoni né emozioni.

Peccato, perché le premesse erano ottime: la scala del racconto si era ridotta. Già dal bassissimo rating TV-PG si era capito che sarebbe stata una storia solare e giovanile. E quando lo è funziona alla grande. Finché si rimane nel New Jersey, tra scuola, amici e primi amori, Ms. Marvel è un vero piacere da guardare. Stupende le soluzioni creative per raccontare i cliché dell’età in un modo che sembri mai visto prima. Gli adolescenti si scrivono e i messaggi appaiono sui muri, nelle insegne e nel mondo intorno a loro. Sognano personaggi del mondo reale come se fossero in uno show. Ogni esperienza è sparata al massimo, piena di musica e di colori. Che bella energia che emana, un ritmo che coinvolge e in cui è un piacere scoprire il mondo.

Poi c’è il tentativo di diversificare andando a toccare culture differenti. Ormai una costante in gran parte dell’industria dell’intrattenimento mainstream, per la Marvel in questo caso funziona particolarmente bene. Aiuta la tradizione fumettistica su cui la serie si innesta alla grande, e sono ottimi i comprimari azzeccati come Bruno e Nakia. Molto più appoggiata su altri modelli già visti (come ad esempio in Non ho mai) la scrittura dei famigliari. I problemi arrivano quando prende il primo piano la ricostruzione del passato dei poteri. La partizione, il viaggio a Karachi, la scoperta di Pugnale Rosso, sono tutti passaggi obbligati condotti senza particolare brio.

Serie non necessarie per passaggi necessari

In quel momento Ms. Marvel da serie è diventata serie Tv: cioè non solo un prodotto seriale ma uno che deve anche ottimizzare i costi, e allungare i tempi per riempire un numero eccessivo di puntate. Tutti i prodotti Marvel Studios fatti per Disney Plus si sono dimostrati così. Troppo allungati per una piattaforma che ha disperatamente bisogno di contenuti. In questo caso potrebbe essere proprio il media a influenzare, e non poco, il contenuto.

Fallire come serie tv comporta conseguenze minori rispetto a un insuccesso al cinema. Così questi prodotti diventano un luogo perfetto per sperimentare. Si tentano vie di racconto e si può limare bene il personaggio. Va aggiunto anche questo criterio nella valutazione: cioè come riescono a preparare il futuro.

Ms. Marvel secondo la prospettiva dei Marvel Studios non può che essere stato un grandissimo successo. Perché è vero che non tutto ha funzionato, che in qualche episodio ha girato a vuoto. Ha azzeccato però l’unica cosa che non poteva sbagliare: Iman Vellani. 

Ms. Marvel è qui per restare, e delle giovani reclute della fase 4 si è dimostrata in assoluto la più in parte dentro, ma soprattutto fuori dallo schermo. Vellani è una fan tra i fan che interpreta una fan. Oltre a una discreta somiglianza con la controparte fumettistica ha un carisma senza eguali e la giovane età che le permette un grande percorso di crescita dentro l’MCU. Sente così tanto i dialoghi a lei attribuiti che viene voglia di vederla parlare con tutti gli altri supereroi di quel mondo lì. Un effetto che non si provava dallo Spider-Man di Tom Holland. 

È lei che regge lo show, che interagisce con i fan sui social (ha da poco fatto un AMA su Reddit). Come nei casi di casting Marvel più riusciti il suo carattere mostrato in pubblico appare proprio come quello del personaggio che interpreta. Reggere la scena pubblica e quella del set in ugual modo è per la sua età già un’incredibile successo. Il personaggio è solido, piace, ha personalità. È tutto pronto per un arco lungo un decennio che la porterà nei team migliori e nei titoli più amati. Se era un esperimento, è decisamente riuscito.

Così Ms. Marvel serve più ai Marvel Studios che a noi. Ci siamo divertiti e intrattenuti, al netto delle numerose pecche, mentre avveniva sotto i nostri occhi un test di volo per la prossima grande star. In mezzo a tante domande, questa è sempre stata la più forte delle certezze. 

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