Vesper, platform sci-fi di Cordens Interactive, è finalmente pronto a esordire quest’oggi su Steam. Per l’occasione, dopo aver provato il gioco, abbiamo avuto il piacere di confrontarci, via intervista, con Matteo Marzorati e Tommaso Loiacono, fondatori del piccolo studio di sviluppo con sede a Milano, nonché rispettivamente creative director e game director di Vesper.

 

 

Grazie alla loro disponibilità, abbiamo avuto l’opportunità di cogliere i retroscena del titolo, che si propone come un omaggio ai platform vecchia scuola, come Oddworld: Abe’s Oddysee e Heart of Darkness, ma con un carattere tutto suo, sia in termini di estetica sci-fi che di meccaniche di gioco. Inoltre l’occasione si rivela utile anche per scoprire meglio come funziona l’attuale panorama videoludico, con speciale occhio di riguardo a quello italiano.

 

Vesper è un titolo che guarda ai vecchi platform. Se prendiamo invece le produzioni più recenti, il vostro titolo può rimandare ai giochi Playdead. Da cosa derivano queste ispirazioni? Sono legate al vostro background videoludico?

Tommaso: Credo che Oddworld: Abe’s Oddysee sia stato uno dei primi videogiochi che abbia mai giocato, alla tenera età di cinque anni. Ho il ricordo intenso dell’angoscia che quel mondo generava in me, ma anche degli estemporanei momenti di ilarità che le sue meccaniche di gioco portavano, tra i peti esplosivi di Abe e le centinaia di morti assurde che che il protagonista subiva. Credo fosse una dicotomia presente un po’ in tutti i platform atmosferici degli anni ‘90, o forse era un mood che caratterizzava in pieno quegli anni: l’angoscia per il futuro, mischiata con la speranza e la satira verso un mondo che lentamente si stava globalizzando.

Ovviamente i tempi sono cambiati, e così anche i temi che oggi sentiamo come vicini: i giochi di Playdead parlano di mondi già finiti, dove la speranza è ormai morta e non si può fare molto se non ricercare una vaga forma di salvezza personale. Come Cordens, volevamo partire da questa visione del mondo, da una realtà apocalittica e ormai morta, in cui poter recuperare un po’ di quell’ingenuità che caratterizzava gli ultimi anni del secolo scorso: in un qualche modo in Vesper, la speranza torna a essere un tema centrale.

 

In cosa Vesper si discosta dalle sue ispirazioni? Cos’è che gli dà unicità tra i titoli appartenenti al genere, secondo voi?

Tommaso: Quando abbiamo iniziato ad immaginare il gioco, consci del fatto che i nuovi classici del genere (Inside, Limbo, etc.) avevano recuperato le atmosfere oniriche dei loro predecessori senza però offrire molto in termini di meccaniche, fin da subito abbiamo abbiamo deciso di costruirne tutta la struttura attorno a una forte idea di gameplay: la Drive Gun è stata per noi fin dall’inizio un arma che doveva diventare iconica, su cui si doveva imperniare tutta l’offerta ludica di Vesper.

Per questo che, attorno ad essa, si concentrano le diverse meccaniche di gioco: con la Drive Gun il giocatore ha la possibilità di risucchiare le fonti di luce per creare delle zone d’ombra, utilizzare la stessa luce per attivare i macchinari all’interno del mondo di gioco, e, recuperando l’eredità di Oddworld, iniettare la luce nei nemici per controllarli.

Proprio con quest’ultima meccanica volevamo provare a spingerci più in là del nostro modello di riferimento: se in Oddworld è possibile controllare solo un nemico alla volta, in Vesper è possibile concatenare il controllo dei nemici, poiché alcuni di loro possiedono a loro volta una Drive Gun, e questo ovviamente crea delle dinamiche di gameplay totalmente nuove, che abbiamo provato ad esplorare con il nostro titolo.

 

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Sicuramente lo stile artistico è uno degli aspetti caratteristici di Vesper. Potete raccontarci come è nata questa scelta stilistica basata sulla sinergia tra il nero e i colori al neon?

Matteo: La direzione artistica di Vesper è stata ideata da me, con il supporto di Francesca, la 2D Artist del team, grazie alla quale le l’atmosfera di questo mondo – un’apocalisse dopo un’apocalisse, come ci piace chiamarla – ha preso corpo e sostanza. Lo stile del nostro titolo ha avuto una gestazione lunga e travagliata, durata quasi due anni, avvenuta per lo più durante lo sviluppo del prototipo originale: siccome il gioco era partito come progetto universitario da sviluppare in due mesi, sono partito da uno stile semplice da realizzare, qualcosa che richiamasse Limbo, uno stile “a silhouette”, sfruttabile e reiterabile senza particolari problemi per i personaggi e gli oggetti interagibili, che paiono essere quindi in “primo piano” rispetto alla camera grazie all’utilizzo di forme geometriche semplici e senza alcuna texture applicata ad essi.

Gli elementi in background e gli skybox, con il tempo sono diventati sempre più ricolmi di dettagli: passando da un prototipo al successivo, i giochi di luce e colori saturi che interagiscono tra loro sono letteralmente esplosi, creando delle alchimie visive di grande impatto.

Lo stile si è andato quindi a stabilizzare durante la fase di produzione vera e propria. Nel Vesper finale abbiamo quindi un livello di lettura artistico duplice: durante i quadri dedicati al gameplay, alle fughe e ai puzzle, lo scenario rimane sullo sfondo, per non disturbare il giocatore e per delineare al meglio ogni elemento di gioco; durante i momenti più distesi e le vere e proprie cutscene interattive che intervallano il gameplay, lo sfondo assume il ruolo di protagonista assoluto e sfrutta le diverse tecniche di narrazione ambientale per raccontare le vicende di Vesper, supportato da una grande cura che abbiamo riposto, durante lo sviluppo, nel world-building e nella creazione di una lore consistente e intrigante.

 

Il concept di gioco è particolare, perché, pur essendo di stampo fantascientifico, siete riusciti a creare un’atmosfera dotata di una sua essenza. Su cosa vi siete basati per la lore di Vesper?

Tommaso: Le influenze del mondo di Vesper sono state il mio modo, come autore, per pagare il mio debito con tutta la fantascienza che mi ha cresciuto: Asimov, Dick, Crichton, rientrano tutti in Vesper e credo che nel gioco si possano ritrovare ben visibili le loro influenze. Di Dick per esempio ho sempre amato la sovrapposizione tra realtà esteriore e percepito interiore, che in Vesper ritorna più volte nella scrittura di alcuni documenti.

Se però devo riconoscere l’influenza più importante nella creazione del mondo di Vesper, credo che citerei un autore che con la fantascienza ha poco a che fare, ovvero Tolkien. Credo che me ne stia accorgendo solamente ora di quanto pervasiva sia stata la sua influenza: a partire dall’importanza che abbiamo dato alla lingua di questo mondo – in Vesper ogni parola ha una propria etimologia e un preciso significato, tanto che abbiamo anche un dizionario interno che spiega ogni termine -, fino alla creazione di una vera e propria mitologia interna, una timeline degli eventi che parte dai nostri giorni e arriva fino a quel futuro lontano che è il gioco.

Come per Tolkien noi viviamo nella quarta era del mondo, così per noi Vesper non è altro che un futuro lontanissimo. Come già si diceva, un’apocalisse dopo l’apocalisse.

Quali obiettivi volete raggiungere con Vesper?

Matteo: Con Vesper facciamo i nostri primi passi come sviluppatori nel mondo dei videogiochi. Il nostro obiettivo è stato prima di tutto quello di arrivare alla fine del ciclo di sviluppo con un prodotto di cui fossimo fieri e soddisfatti. Secondariamente, speriamo che possa essere un gioco in grado di rimanere impresso nella memoria di chi lo giocherà: mentre sviluppavamo il titolo abbiamo avuto la possibilità di inserire molti momenti a nostro avviso iconici, talvolta bizzarri, talvolta epici. Ecco, forse la speranza maggiore è che questi momenti rimangano nel cuore dei giocatori anche dopo aver concluso Vesper.

 

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C’è la possibilità in futuro di avere il titolo anche su console?

Matteo: Al momento possiamo dire poco, se non che Vesper è stato pensato fin dall’inizio per poter girare su console. Chissà che non ci siano delle news in futuro…

 

Vesper è la vostra prima esperienza come Cordens Interactive. Com’è stato sviluppare il proprio videogioco nell’attuale panorama videoludico italiano?

Matteo: Sviluppare il proprio videogioco nell’attuale panorama videoludico italiano non è semplice, soprattutto se si parte da zero. Trovare gli investimenti adatti, il ‘motore’ della propria startup capace di garantire un sano ed equo trattamento lavorativo, è molto difficile, e spesso si ricorre a investimenti propri e privati – come segnalato dal report di quest’anno di IIDEA – limitando di fatto l’ingresso nel mercato a molti possibili nuovi attori. Inoltre, la percezione del medium in Italia è ancora ben al di sotto, come qualità e rispetto, della media europea: i continui contatti con il Governo, i giornali e gli sforzi fatti da parte del settore stanno garantendo solo ora alcuni piccoli ma importanti passi avanti come il First Playable Fund, e in generale solo nell’ultimo periodo sono stati fatti numerosi passi avanti a livello d’immagine e a livello di investimenti nel settore.

Nonostante queste difficoltà, sviluppare qui é come sentirsi a casa, accolti e anche supportati, quantomeno da tutte le persone che – con assoluto rispetto e voglia di comunicare – sono disposte a parlare del tuo gioco, condividerlo sui loro palchi virtuali, con il pizzico di orgoglio campanilista nell’avere, citando una persona che conosco, ‘i brividi nel vedere solo nomi italiani nei titoli di testa di un videogioco’.

Siamo ancora ad un livello artigianale, sperimentale, ma la genuinità di redattori, associazioni di categoria e persone interessate è incredibile: anche i nostri publisher tedeschi, Deck13, sono rimasti stupiti dalla capacità di noi italiani di supportare le proprie produzioni, di dar loro un giusto palcoscenico senza strafare. Con tali premesse, possiamo fare grandi cose: potenziare investimenti privati e pubblici sarà il prossimo grande passo per permettere a noi italiani di produrre sempre più giochi che possano davvero competere a livello internazionale in termini di budget e valore produttivo.

 

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In altre interviste avete affermato che, grazie anche al publisher Deck13, avete potuto lavorare senza rischio di crunch o situazioni di stress dettate delle tempistiche serrate. Esiste quindi un modo sano di creare e produrre i videogiochi?

Matteo: Esiste eccome! Il fatto che siamo riusciti a rimanere nei tempi prestabiliti, senza sforare il budget e senza dover fare crunch credo che sia la testimonianza migliore. D’altronde il modo migliore per stimolare la creatività e mantenersi produttivi passa anche e soprattutto attraverso i momenti lontani dall’ambiente di lavoro: imporsi e imporre agli altri ritmi lavorativi massacranti porta solo l’effetto opposto a quello desiderato. È vero, magari sì lavora 30 ore in più durante la settimana, ma qual è la qualità di quelle ore? Qual è la qualità del codice scritto da uno sviluppatore alla 12esima ora di lavoro consecutiva? Quante idee può avere un artista che vede solo le quattro pareti dell’ufficio senza potersi mai riempire di altre immagini, di altre sensazioni ed esperienze? Una volta che ci si pone queste domande risulta scontato che il crunch sia solo una pratica orrenda e senza alcun senso, immaginata da manager che di sviluppo di videogiochi sanno poco o nulla.

Consigli per chi si vuole approcciare a Vesper?

Tommaso: I videogiocatori oggi passano da un’esperienza alla successiva con una voracità sempre maggiore. L’unico consiglio che ci sentiamo di dare per approcciare è quello di prendersi il loro tempo mentre giocano a Vesper: gli scenari sono ricolmi di segreti, ed una volta completato il titolo, una nuova run potrebbe riservare delle sorprese aggiuntive e nuove meccaniche.

 

Ultima domanda: piani per il futuro?

Tommaso: Vesper è l’inizio di un lungo viaggio per Cordens: abbiamo già un secondo gioco in cantiere, e se il primo è stato il nostro banco di prova, con il secondo stiamo già alzando l’asticella di molto in termini di grafica e di gameplay, provando a fare qualcosa che in giro non abbiamo ancora visto. Speriamo di potervi mostrare qualcosa al più presto!

 

Da parte di tutta la redazione di BadTaste, ancora un sentito ringraziamento a Matteo, Tommaso e a tutto il team di Cordens Interactive per la gentilezza e disponibilità.