Immersi in profondità, nella Rapture di BioShock | Suggestioni Videoludiche

In questo appuntamento di Suggestioni Videoludiche scopriamo la Rapture di BioShock, titolo di punta di Irrational Games

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Dal cielo agli abissi. Un passaggio terribilmente repentino. Tanto basta a BioShock per introdurci nelle atmosfere ammalianti di Rapture, magnifica città sottomarina dove non esistono “né dei né re, soltanto uomini”. Durante la nostra scesa nelle profondità marine, a oltre duemila metri dalla superficie dell’Atlantico, l'iconica città si mostra in tutto il suo avanguardistico splendore, tra un elegante sealine di grattacieli e cartelloni pubblicitari sfavillanti, in stile Art Déco. Siamo nel 1960, ma la storia di Rapture di BioShock comincia nel 1946, anno della sua fondazione.

Presto la conflittualità ideologica tra Stati Uniti e Unione Sovietica avrebbe portato all’origine della Guerra Fredda, ma prima di assistere alla divisione del mondo in blocchi, un uomo, stufo dei dogmi politici e dell’etica morale, avrebbe proposto una terza via. Il suo nome è Andrew Ryan, grande magnate degli affari, nato a Minsk, in Bielorussia, e in seguito cittadino naturalizzato americano. Secondo Ryan, l’uomo deve essere libero dalle catene imposte dallo Stato e dalla religione per potere ottenere la felicità. Da qui l’origine di Rapture, metropoli sottomarina in cui i migliori della società possono realizzare le loro ambizioni.

E in effetti la Rapture di BioShock prospera in fretta. Tuttavia, più è veloce l’ascesa, più è rovinosa la caduta. Persino nella metropoli utopistica di Andrew Ryan nasce il divario tra ricchi e poveri; si diffonde tra i cittadini la dipendenza da sostanze come l’Adam, per l’ossessiva necessità di migliorare se stessi; si ha il bisogno di sentire altre voci al di fuori di quelle di Ryan, come quella della Dottoressa Lamb, vicina agli abitanti dai bassifondi, o di Atlas, leader dei lavoratori. Per tali ragioni, sorprende poco l’evento durante la notte di capodanno del 1958: mentre l’elite di Rapture sta per brindare all’anno nuovo presso il ristorante Kashmire, i ribelli guidati da Atlas assalgono la struttura. L’attacco dà inizio a una profonda guerra civile tra Ryan e il leader dei lavoratori che porta al declino di Rapture, oramai covo di dipendenti di Adam e di megalomani schizofrenici. Il meglio della società si è tramutato nel peggio più grottesco e disumano, dove non si ha un briciolo di pietà nemmeno nei confronti di bambine orfane, le sorelline.

Non conosciamo questi dettagli mentre, nel 1960 nei panni di Jack, raggiungiamo Rapture, vero pilastro di BioShock. Eppure il passaggio repentino dalle immagini ottimistiche descritte dalla calda voce di Andrew Ryan, all’inquietante desolazione incontrata una volta lasciata la batisfera, ci sbatte violentemente in faccia il declino della città. Una sensazione resa vivida nel corso dell’avventura, durante la nostra esplorazione. Il contrasto è innanzitutto visivo: i meravigliosi dettagli in stile Déco, come le rifiniture delle pareti, gli oggetti decorativi o le insegne luminose con il caratteristico font dell’epoca, si sporcano di sangue e scritte di disperazione. La razionalità, compattezza e simmetria tipiche dell'arte Déco si infrangono col disordine e la violenza degli istinti più cruenti. Una deturpazione della bellezza scaturita da una visione sfalsata e disumanizzata della realtà, espressa perfettamente e angosciosamente da ciò che resta dagli abitanti della Rapture di BioShock come il Dr. Grossman o l’artista Sander Cohen.

Ascoltando le registrazioni, sentendo i racconti di Atlas, nostra guida del viaggio, combattendo contro i mostri di Rapture, veniamo sempre più convinti che Andrew Ryan meriti una fine atroce, perché con le sue manie non ha fatto altro che creare una distopia vivente. Altro che terza via. Tutto in Rapture ci lascia coi brividi perché mostra come si riduce l’uomo a essere totalmente libero: cercherà sempre di controllare i più deboli, i più indifesi, coloro che non possono essere definiti uomini. Comprendiamo appieno questa verità per cortesia di Andrew Ryan stesso: “Un uomo sceglie, uno schiavo obbedisce”.

È inevitabile non citare la frase cardine dell’intero BioShock. Uscito nel 2007, l’opera di Irrational Games rappresenta una preziosa pietra miliare del panorama videoludico, perché attraverso una struttura da FPS ibridata GdR, si rivela una disquisizione profonda di filosofia, di critica sociale e morale. Non a caso i modelli d’ispirazione per il game director Ken Levine sono stati la filosofa russa-statunitense Ayn Rand e lo scrittore Stephen King. L’una per la visione oggettivista che caratterizza il carismatico antagonista di BioShock; l’altro per il concetto di perdita, molto importante all’interno del gioco. Le mostruosità incontrate lungo la nostra risalita dalle profondità marine, sono prova della perdita di controllo, di valori e, soprattutto, di razionalità. Entramei queste filosofie – oggettivismo e perdita – sono magistralmente riassunti dall’essenza di Rapture.

Attraverso la sua ambientazione, BioShock enfatizza la profondità dalla sua trama e dei suoi personaggi. All’apparenza, la metropoli sottomarina, con l’altitudine dei suoi edifici e le luci e le installazioni avanguardiste, manifesta ottimismo, modernità e futurismo, ma in realtà le sue mura e i suoi canali sono un salto tetro nel passato, dove vince violenza, sangue e brutalità, in un riciclo di processi storici cui l’uomo è soggetto. Ken Levine e Irrational Games hanno cercato di esprimere una visione di questa portata tramite il videogioco, e per questo non possiamo che essergli riconoscenti per avere fatto comprendere questa potenzialità al medium.

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