A cavallo fra la fine degli anni ottanta e l'inizio degli anni novanta, Super Mario, negli Stati Uniti, aveva superato la popolarità dell'icona pop americana per eccellenza, Mickey Mouse. Un traguardo non da poco per un idraulico italoamericano nato dalla mente del genio nipponico del game design Shigeru Miyamoto che peraltro, all'inizio della sua carriera digitale, non era neanche stato battezzato ufficialmente.

Prima di essere conosciuto con lo stesso nome di Mario Segale, proprietario del primo quartier generale della Nintendo in Nord America, veniva chiamato in una maniera che richiamava semplicemente l'atto del saltare che doveva effettuare ripetutamente nell'arcade di Donkey Kong. Jumpman. Niente di più, niente di meno.

Questa storia è narrata con dovizia di particolari nell'imprescindibile libro di David Sheff Game Over: How Nintendo Zapped an American Industry, una puntuale cronaca di come la Nintendo abbia, de facto, conquistato l'economia e la cultura statunitense di quegli anni.

Tanto enorme era la fama di Super Mario in quegli anni – celebrità che, a rigor di cronaca, è tutt'altro che esaurita – che il mondo del cinema decise di sfruttare l'onda lunga del fenomeno con un film uscito nel 1993 che è riuscito a stravolgere tutto il potenziale narrativo e, se vogliamo, favolistico di un franchise come quello di Mario con dei risultati che definire fallimentare è dir poco. Costato quasi 50 milioni di dollari Super Mario Bros. è riuscito a incassarne solo 20. Bob Hoskins, attore che ha impersonato l'idraulico nel film, fa coincidere la pellicola come risposta alle tre domande: "Qual è il peggior film cui hai partecipato?", "Qual è il più grande disappunto della tua carriera?" e "Se potessi cambiare il tuo passato, cosa cancelleresti?". Il papà di Mario, Shigeru Miyamoto, è sempre stato meno severo: "Alla fine si è trattato di un progetto divertente, si sono impegnati tanto per farlo. Forse avrebbero potuto avvicinarsi di più ai videogame della serie di Super Mario".

Vada come vada, noi lo portiamo nel cuore anche e solo per come Dennis Hopper pronuncia la parola "Monkey!" dopo aver trasformato in scimmia – utilizzando un Super Scope – un povero tirapiedi generico (ovviamente l'articolo continua dopo il player).

 

 

Game Informer ha pubblicato un lungo approfondimento sul film in cui vengono riportati dei dati quantomeno singolari desunti, in parte, dal libro Super Mario: How Nintendo Conquered America di Jeff Ryan.

Si parte col fantacasting del "chi avrebbe potuto interpretare chi".

La Lightmotive Productions del regista anglo-francese di Mission e Urla del Silenzio Roland Joffé, dopo essersi assicurata i diritti di sfruttamento, tentò in tutti i modi di scritturare attori di peso per i vari ruoli. La prima scelta per Super Mario era, come noto, Danny DeVito che avrebbe anche dovuto dirigere il tutto. Arnold Schwarzenegger e Michael Keaton erano stati contattati per il ruolo di Re Koopa. Per tutti questi si risolse con un nulla di fatto. 

Stando al libro di cui sopra, Tom Hanks aveva addirittura firmato un contratto per interpretare la parte, ma le sue richieste economiche erano troppo elevate per lo studio e venne scelto il co-protagonista umano di Chi ha Incastrato Roger Rabbit, l'inglese Bob Hoskins. Hanks, dal canto suo, non perse nulla. Anzi, di li a poco avrebbe vinto ben due Oscar come Miglior Attore Protagonista per Philadelphia prima e Forrest Gump poi.

Nel mentre, anche la sceneggiatura del film fu oggetto di una vera e propria odissea. La prima stesura, ad opera del premio Oscar per la co-sceneggiatura di Rain Man, Barry Morrow, aveva dei toni troppo cupi e quindi tutto passò nelle mani del team creativo dietro il film di Richie Rich e I Flinstones. Quella versione era decisamente più in linea col colorato e fantasioso mondo che decine di milioni di videogiocatori ben conoscono. Una sorta di Alice nel Paese delle Meraviglie incrociato al Mago di Oz.

Ma la coppia di registi assunta dalla Lightmotive aveva delle idee differenti in merito. 

Rocky Morton e Annabel Jankel, marito e moglie, avevano diretto un solo film, D.O.A., diversi spot televisivi ed erano famosi soprattutto per aver ideato la serie tv di Max Headroom. Una indimenticabile chicca geek degli anni'80.

 

 

La loro visione della trama era decisamente più cupa, dark e fantascientifica. La Nintendo, solitamente molto protettiva nei confronti delle sue proprietà intellettuali, era ormai fuori dai giochi e l'unico paletto messo era la data di consegna della pellicola che non doveva arrivare oltre un certo periodo. 

Per conferire un'atmosfera adeguatamente cupa, venne addirittura ingaggiato uno degli art director di Blade Runner. Morton voleva "un lungometraggio che avrebbe potuto avvicinare i genitori ai videogiochi in anni in cui questo mezzo era fortemente osteggiato". A riprese già cominciate, la riscrittura della sceneggiatura stava ancora continuando – dopo almeno nove differenti screenwriter che si erano avvicendati su di essa.

Tutto questo andò ovviamente a inficiare le tempistiche di lavorazione. Inizialmente erano previste dieci settimane di riprese, ma, alla fine, si arrivò a quindici. La frustrazione sul set aveva raggiunto dei livelli talmente alti che John Leguizamo, l'interprete di Luigi, cominciò a alzare il gomito. Lui e Hoskins ingannavano il tempo fra le riprese tracannando shottini di scotch. In una scena dove doveva guidare un furgone, era talmente ubriaco che la brusca frenata effettuata causò la rottura della mano di Hoskins. In alcuni brevi e fugaci passaggi del film, indossa addirittura in gesso rosa.

Col suo budget fuori scala, le sue riprese condite da attori ubriachi e una sceneggiatura che, malgrado gli ammiccamenti di uno Yoshi in versione mini t-rex, aveva del tutto snaturato l'essenza stessa delle avventure di Super Mario nel Regno dei Funghi, Super Mario Bros. aveva tutte le carte in regola per passare alla storia come un sonoro flop. E con l'aggiunta dell'agguerrita concorrenza di pellicole come Jurassic Park, Il Fuggitivo, Mrs. Doubtfire e, casualità delle casualità, Insonnia d'Amore con Tom Hanks così è stato.

In mezzo a tutto questo marasma, va riconosciuto al lungometraggio di essere stato il primo film ad aver tentato di aprire la strada ai cosiddetti "moviegame", cioè i film basati direttamente su dei franchise videoludici. Un genere che, a distanza di quasi venti anni, deve ancora trovare un suo percorso e una sua identità ben definiti. Perché se, da una parte, i cinecomic si sono ormai incanalati su un percorso che ha portato alla nascita di pellicole di tutto rispetto, in ambito di adattamenti di videogiochi viviamo ancora oggi sospesi fra il trash a basso budget di Uwe Boll e quello multimiliardario di Prince of Persia della Disney.

Forse il film di Assassin's Creed, che verrà interpretato e prodotto da Michael Fassbender con la supervisione della neonata divisione cinematografica della Ubisoft, la Ubisoft Motion Pictures, potrà invertire una rotta che, al momento, viene tracciata da registi come Paul W.S. Anderson.

E' ancora presto per avere una risposta a questa domanda.

Intanto possiamo solo sperare di non ritrovarci mai insieme a dei Goomba all'interno di un ascensore…

 

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