Al prossimo Festival di Cannes l’Italia sarà rappresentata non solo da Matteo Garrone (in competizione con Reality), da Bernardo Bertolucci e da Dario Argento (rispettivamente con Io e Te e Dracula 3D, entrambi fuori concorso) ma anche dal giovane Piero Messina, già assistente di Paolo Sorrentino sia in This Must be the Place e che nel suo prossimo film (di cui non c’è ancora un titolo ufficiale). Messina infatti è stato selezionato dalla prestigiosa Cinéfondation per il suo cortometraggio Terra. Lì dove da quindici anni si lavora per supportare e dare visibilità ai più promettenti giovani registi (vi sono passati, tra gli altri, la Jessica Hausner di Lourdes e l’Emily Young di Veronika decide di morire), Messina presenterà l’opera con cui si è recentemente diplomato al Centro Sperimentale di Cinematografia, la più importante scuola di cinema italiana. Difficile riassumere in poche linee di trama un corto che lavora molto su immagini e suggestioni. Siamo su una nave, luogo itinerante che con i suoi luoghi e le centinaia di vite che ogni volta ospita sembra una città che viaggia sospesa sul mare. Tra i suoi c’è quello di un uomo che sta tornando a casa portandosi dietro un segreto.
 

Di che tipo di film si tratta?
Giacomo Bendotti, colui a cui è venuto in mente lo spunto iniziale del film nonché poi sceneggiatore del tutto, considera questo corto un road movie, ma da fermi. Come in un road movie il nostro protagonista ha un luogo da raggiungere e durante il proprio percorso incontra altre persone, con loro si racconta, si svela. La differenza è che su una nave i viaggiatori viaggiano restando fermi, o almeno i loro movimenti all'interno degli spazi del traghetto non influenzano per nulla il viaggio che si sta compiendo. A prescindere da tutto ciò che fai, la nave alla fine, all'alba, giungerà a terra.
             
Quando e come è nata la tua collaborazione con Sorrentino?
Nel 2003 io ero in concorso al festival di Taormina con il mio primo cortometraggio, lui era in giuria. Il corto piacque e fui premiato. Ci siamo conosciuti inizialmente così, poi per molto tempo non ci siamo visti fin quando l'ho ritrovato come componente della giuria di selezione al Centro Sperimentale di Cinematografia. Chiaramente mi ha bocciato.

Cosa ti ha dato, in termini di esperienza, l'avventura di This Must Be The Place?
Considero un raro privilegio poter stare accanto a Sorrentino sul set, o in preparazione e vederlo lavorare. Lui è uno che inventa continuamente,
stare accanto a lui vuol dire esercitarsi costantemente ad allontanarsi dall'ovvietà.
Ho girato Terra pochi giorni dopo essere ritornato in Italia dagli Stati Uniti dove avevamo girato il film con Sean Penn. Tutti quei mesi di lavoro accanto a lui mi hanno senza dubbio cambiato e il successo di questo momento è dovuto anche a tutto ciò che silenziosamente quell'esperienza ha depositato in me. E’ stata un’esperienza importante anche da un punto di vista umano.

Quali sono i registi, se ce ne sono, con cui pensi che il tuo stile abbia dei punti in comune?
Non ho più, e la considero una mia prima grande conquista, registi di riferimento in termini assoluti. Oggi penso semplicemente che ciò che mi piace in qualche modo mi influenza, o almeno tende a farlo, e non parlo solo di cinema.
Ho visto molti film, soprattutto europei, nello specifico i tanto temuti film russi: sì, sopratutto quelli mi hanno lasciato qualcosa che resta.

Cosa ti aspetti da Cannes e, dopo il festival, dove pensi che sarà possibile vedere il tuo cortometraggio?
Essere a Cannes con un corto è già importante, esserci con Terra è ancora più bello. E' un lavoro che nasce dalla forte ambizione di raccontare più che una storia il sentimento di un personaggio. All'inizio molti erano scettici, arrivare a Cannes vuol dire che forse riusciremo a farli ricerere. Per il resto più che aspettarmi qualcosa mi auguro di poter, grazie anche al Festival, fare un passo avanti per poter realizzare il lungometraggio che io, Giacomo Bendotti, Andrea Massara e Ilaria Macchia stiamo scrivendo.