Un mese fa la legge antipirateria francese, la famosa, venerata, stimata e imitata legge antipirateria francese, il faro nella notte della violazione del copyright, è stata ufficialmente ridimensionata, ovvero è stata dichiarata un fallimento. Intanto in Italia l’Agcom lavora alla nuova regolamentazione, avendo preso atto di quanto accaduto in Francia e guardando a nuovi modelli senza però riuscire/voler evitare i soliti vecchi errori di metodo e di principio.

 Del resto quel che nella legge francese non andava l’unione europea già l’aveva detto dal primo giorno: non si può disconettere la gente in questa maniera, cioè non si può prevedere come pena la disconnessione da internet senza nemmeno passare per un procedimento legale completo, ovvero per un processo. E’ una questione di diritti costituzionali, il diritto a essere informati e partecipare attivamente alla vita dello stato. Ma, l’avremmo scoperto solo in seguito grazie a Wikileaks, che all’epoca di tutto ciò importava poco perchè l’ordine di una simile legislazione veniva direttamente dai colossi americani.

Così ora ufficialmente HADOPI, l’organo che applica la legge francese, non può più disconnettere le persone, al massimo può fargli una multa non superiore ai 1500€, che comunque è un giudice a fissare, e non i detentori di copyright. Insomma arrivato il terzo strike, cioè il terzo avvertimento, si verrà multati. Ma in questi anni quante volte si è arrivati al terzo strike? Meno di dieci.

Dunque, benchè il punto principale del fallimento sia il suo essere incostituzionale e contro ogni normativa europea, non dispiace rimarcare anche quanto tutta questa baracca fosse inefficace.

Come si era ampiamente previsto il giorno della sua istituzione, la dottrina Sarkozy non solo non è fisicamente applicabile ma nemmeno funziona. HADOPI è infatti un baraccone che ha succhiato allo stato 13 milioni l’anno senza che ci sia stata una diminuzione sostanziale della pirateria, si è solo spostata dal download al meno monitorabile streaming.

Adesso che il fallimento è sotto gli occhi di tutti i francesi sembrano volersi orientare su una dottrina che elimini i contenuti dalla rete. Buona fortuna anche lì, farlo non è proprio una cosa semplice e l’apparato necessario non si compra con quattro spicci.

Guardando invece al nostro paese finalmente l’abbiamo finita di ammirare il modello francese (una volta tanto aspetto con ansia la prossima conferenza stampa antipirateria per fare un po’ di  domande) e ci siamo rivolti a un altro modello a quanto pare, ma non con più saggezza.

 La bozza del nuovo regolamento dell’Agenzia delle comunicazioni infatti continua a fondarsi sull’idea che debba essere l’Agcom stessa a vigilare, dunque a fare il giudice, e gli ISP (Telecom, Infostrada, Fastweb…) a fare da esecutori. Dei privati.

Secondo la nuova dottrina dovrebbero essere le internet company, cioè “i gestori di pagine internet” (così sta scritto) a mettersi daccordo con i detentori di diritti per l’eliminazione dei contenuti o il loro blocco, che è la maniera americana.

Bisogna però anche notare che se si dovesse seguire fino in fondo il modello americano si potrebbe anche optare per un’altra soluzione, quella fortemente sponsorizzata da Google e denominata “follow the money”. Il grande motore di ricerca si è infatti rotto di essere chiamato in causa come tramite per la pirateria e quindi ha deciso di lavorare con i gestori di pagamenti online (VISA, Paypal, Mastercard…) per bloccare il flusso verso i siti pirata.

Si tratta quindi di colpire proprio i pirati e il loro profitti e lasciar stare i fruitori (che è bene) ma sempre attraverso un processo di privatizzazione della giustizia, cioè delle aziende diventano esecutori e in certi casi giudici (che è male). E quanto peggio si tratta di aziende che sono ben lungi dall’essere imparziali, quelle società che ci perdono da tutto questo processo. Praticamente come se il derubato decidesse la pena per il ladro: giustizia privata.

Nessuno considera insomma che simili provvedimenti nel mondo reale, cioè in ambiti che non sono internet, sarebbero semplicemente impensabili e contrari ad ogni principio.

A margine di tutto questo e dopo anni di fallimenti italiani e stranieri (non solo la Francia ma anche l’America non è mai riuscita ad arginare niente) ci si chiederà il perchè di una simile insistenza su un punto di vista e un tipo di strategia inefficace. Il motivo risiede nell’esistenza stessa di istituzioni e gruppi di pressione i cui stipendi sono emessi unicamente grazie alla lotta alla pirateria e che per continuare a esistere devono continuare a cercare di combatterla. In parole povere l’antipirateria è un business in sè che fa comodo a tutti.

A questo si unisca il fatto che chiunque sia ignorante in materia (fate un calcolo anche solo orientativo di quante persone possano essere in Italia) non può che essere daccordo con il principio di combattere un crimine e dunque a favore dell’esistenza di enti, lobby e soluzioni antipirateria.

L’antipirateria, come concetto, è uno dei più sponsorizzati e radicati sia nelle mentalità che nelle istituzioni. Fornisce stipendi, alimenta carriere, solleva le istituzioni dai loro compiti. E’ insomma un circolo che piace a tutti e che non produce nulla, imita molto e danneggia tanto.

Io ancora non vedo un’offerta cinematografica legale in questo paese.