E' stato presentato ieri al Sundance Film Festival West of Memphis, il documentario prodotto da Peter Jackson e Fran Walsh e diretto da Amy Berg del quale vi abbiamo mostrato poster e trailer qualche giorno fa, e dedicato alla misteriosa quanto drammatica storia dei Tre di West Memphis, ovvero Damien Echols, Jason Baldwin e Jessie Misskelley.

Il film è nato dalle indagini finanziate da Jackson e dalla Walsh e che, grazie al ritrovamento di alcune prove forensi, hanno scagionato i tre ragazzi che sono stati tenuti ingiustamente in carcere dal 1994 fino a qualche mese fa. Poco prima della presentazione del documentario (che conteneva una scena inedita rispetto alla copia lavoro nota finora), la produzione ha diffuso un comunicato nel quale si spiega che nel film è stata presentata una dichiarazione da parte di tre testimoni che, per la prima volta, appoggiano con sicurezza le accuse verso un uomo di nome Terry Hobbs.

Hobbs era il patrigno di una delle tre piccole vittime ed è stato a lungo collegato al caso attraverso alcune prove del DNA. La sua ex moglie, e madre di una delle vittime, chiede da tempo la riapertura del caso ed è possibile che grazie a questa testimonianza lo stato dell'Arkansas si deciderà a cercare il vero colpevole. I tre di West Memphis, infatti, sono stati liberati attraverso un cavillo legale che tuttavia li definisce ancora colpevoli, il modo da impedir loro di far causa allo stato.

Il comunicato stampa spiega che i tre nuovi testimoni hanno depositato sotto giuramento le loro testimonianze dopo aver visto uno speciale di 48 ore della CBS News dedicato al caso, nel quale il procuratore Stephen Braga spiegava di sperare che "prima o poi scopriremo qualcosa che ci permetterà di chiarire realmente cosa è successo". Uno dei tre testimoni è Michael Hobbs Jr., il nipote dell'accusato, e ha spiegato che si trattava di un segreto di famiglia, un segreto rimasto tale fino ad oggi.

In una lunga intervista comparsa su EW l'altro giorno, la regista, i produttori, Damien Echols e sua moglie Lorri Davis hanno parlato a lungo e approfonditamente del documentario e di come sia nato. Ecco i passaggi più interessanti:

Peter e Fran: cosa vi ha spinti ad approfondire questo caso?
Peter Jackson: E' nato tutto dopo aver visto il documentario Paradise Lost, cioè nel 2004. Pur parlando degli eventi legati al primissimo processo, ti fa già capire che qualcosa sta andando terribilmente storto e ti fa arrabbiare.
Fran Walsh: A quel punto abbiamo pensato che fossero già stati prosciolti dalle accuse.
Jackson: Pensavamo si fosse tutto risolto per il meglio: lo stavamo vedendo 10 anni dopo l'accaduto. Non appena abbiamo scoperto che invece la vicenda era ancora in corso, abbiamo contattato Lorri e abbiamo avviato una corrispondenza telematica. Non abbiamo deciso volutamente di rimanere coinvolti, è una cosa che si è evoluta mano a mano che abbiamo saputo di più sul caso e siamo diventati amici.

Sembra che siate diventati ossessionati.
Jackson: Non ci riteniamo delle persone stordite. Se ci impegnamo su qualcosa, ci impegnamo fino alla fine: che si tratti di un film sul quale lavoriamo sette anni, o altro. Quando siamo stati coinvolti nel caso sembrava fosse tutto fermo. La gente era meno interessata. Poi abbiamo iniziato a seguire una serie di linee di indagine, e da lì è nato tutto.

Lorri, cosa è successo quando hai ricevuto la prima e-mail? Sapevi chi erano?
Lorri Davis: Certo, adoro i loro film. Ricevetti la prima mail al lavoro: fissavo lo schermo imbambolata, pensando "Questo è uno dei momenti a cui non riesci a credere."

Damien, quando eri in prigione alcune celebrità si sono unite ai numerosi supporter del caso. Come ti sentivi?
Damien Echols: All'inizio non potevo crederci, cose simili non accadono nel mondo di povertà e ignoranda da cui vengo io, un mondo piantato nel bel mezzo del nulla. E' strano, per me, vedere un film del Signore degli Anelli ora, e pensare che il tizio che li ha fatti è il tizio con cui ho cenato ieri sera.

Peter, quando avete deciso di farne un documentario?
Jackson: Non avevamo alcuna intenzione di farne un film. Il nostro coinvolgimento per i primi tre o quattro anni è stato unicamente finanziario, e abbiamo deciso di mantenere segreta la cosa. Lavoravamo duro, spendevamo un mucchio di soldi per trovare nuove prove scientifiche e forensi che prima non era possibile far avere alla difesa. E poi nel 2008 abbiamo presentato tutte le nostre prove al giudice Burnett, quello del processo originale. Siamo rimasti allibiti quando, sostanzialmente, ci ha lasciati fuori. Fran e io ci siamo guardati in faccia e abbiamo detto: come possiamo gettare luce su tutto questo? E abbiamo pensato: "siamo cineasti, facciamo quello che sappiamo fare." E abbiamo contattato Amy Berg.

Damien, quando hai iniziato a lavorare con loro non hai avuto paura di sperarci troppo?
Echols: Quando Fran e Peter sono arrivati e si sono messi a guardare tutti i documenti, portando tutti i loro esperti, è stata la prima volta che ho sentito davvero di avere una possibilità. Ho pensato per la prima volta che finalmente qualcosa stava succedendo, e che qualcuno stava cercando di spostare questa montagna."

Peter e Fran, come avete fatto a gestire questa cosa con tutto il lavoro che solitamente avete da fare?
Jackson: Fran si è presa carico di buona parte del lavoro di indagine. Stavamo girando King Kong o Amabili Resti di giorno, e lei di notte passava le ore a parlare con Lorri di elementi chiave del caso, scrivendo email infinite agli avvocati.
Walsh: L'ho sempre vista come una battaglia tra scienza e religione. Era l'isteria religiosa ad averli messi in prigione – con Damien che veniva indicato come adoratore di satana – e la scienza li ha fatti uscire. E' successo in un'epoca in cui questo genere di cose si stavano spargendo in tutto il mondo: c'era il panico dei satanisti. Era una sorta di infezione, e ora sono convinta che tutti noi abbiamo imparato qualcosa.

Ora che i Tre di West Memphis sono liberi, il prossimo passo è trovare il vero assassino.
Jackson: Non è il nostro lavoro incolpare qualcuno del crimine. E' il lavoro dello stato, di un giudice e di una giuria.

[…] Amy, ora che il film verrà mostrato al Sundance, cosa pensi che accadrà?
Amy Berg: Spero che lo stato venga messo nella posizione di reagire. Vogliamo che indaghino su questo caso in maniera adeguata. Perché al momento le famiglie dei tre bambini assassinati non hanno avuto giustizia, e i tre ragazzi ingiustamente imprigionati non hanno avuto giustizia. E' un sistema sbagliato che va aggiustato.

Damien, come ti sentirai se e quando ti proscioglieranno dalle accuse?
Echols: Tirerò un sospiro di sollievo, sarà davvero finita e non avrò più questo marchio su di me, un marchio che non avrei mai dovuto avere.

Fran, Peter e Amy: sarete lì a filmare quel giorno?
Jackson: Non deve essere filmato, deve succedere.

Leggi l'intervista integrale su EW
 

Riguardo l’eventuale distribuzione del film, per il quale Ken Kamins sta trattando proprio al Sundance, questo hanno rivelato i produttori in una intervista a Deadline:

Il vostro manager e produttore esecutivo, Ken Kamins, cercherà un accordo di distribuzione qui al Sundance. Cosa potrebbe rendere un successo questo film per voi?
Jackson: Sono sicuro che Ken mi ucciderà per aver detto questa cosa, ma noi non siamo interessati alla parte economica. Vogliamo solo che il film venga visto da più persone possibile. Abbiamo anche discusso della possibilità di pubblicarlo su internet gratis, perché volevamo che avesse la massima visibilità possibile. L’accordo con cui sono stati liberati i ragazzi non può essere il risultato finale. Per nessuno di noi questa è la fine. Damien è venuto in Nuova Zelanda per aiutarci a lavorare al film negli ultimi due mesi di montaggio. Abbiamo dovuto chiedere il via libera al nostro stato per permettergli di lasciare il paese, perché è ancora accusato di infanticidio e la Nuova Zelanda non permette a questo genere di persone di entrare nel paese. Abbiamo dovuto mandare al governo della documentazione sul caso, loro hanno capito quanto tutto questo sia stato ingiusto e gli hanno permesso di entrare nel paese. Ma questo è il genere di cose con cui questi tre ragazzi devono convivere. Damien, Jason e Jessie hanno sulla loro fedina penale un triplo infanticidio, e ci dovranno convivere per il resto della loro vita.
Walsh: Non solo sono stati incarcerati per 18 anni e non hanno ricevuto un rimborso dei danni per questa cosa. Devono anche portare questa accusa. Sono segnati a vita, è la dura verità.
Jackson: Quand’è che lo Stato dell’Arkansas si deciderà a indagare su chi ha ucciso veramente quei bambini? Lo stato si nasconde dietro a questo cavillo, e al fatto che i ragazzi si sono dovuti dichiarare colpevoli per uscire di prigione. Quindi ora pensa che la vicenda sia chiusa

 

Qui sotto potete vedere Peter Jackson, Amy Berg e Fran Walsh al Sundance:

 

 

Il documentario racconta la vicenda dei Tre di West Memphis, tre adolescenti dell'Arkansas fan della musica heavy metal e con un debole per i vestiti neri che vennero giudicati colpevoli dell'omicidio di tre bambini di 8 anni. Dopo 18 anni di carcere i tre sono stati scagionati di recente, grazie al ritrovamento di alcune prove forensi e all'interessamento di diverse personalità del mondo della cultura e dello spettacolo (oltre che di attivisti). In particolare Peter Jackson e la sua partner Fran Walsh negli ultimi sette anni hanno finanziato le indagini a favore dei tre (Jackson spiegava perché qualche settimana fa in una lunghissima e interessante nota sul caso sul suo profilo Facebook). Ora pare che Damien Echols (il ragazzo dei tre che è rimasto nel braccio della morte per diverso tempo) avrà anche un cammeo nello Hobbit.

La loro storia era già stata raccontata dai documentari Paradise Lost: The Child Murders at Robin Hood Hills, Paradise Lost 2: Revelations e Paradise Lost 3: Purgatory, diretti da Joe Berlinger e Bruce Sinofsky e vincitori di numerosi premi.