Fonte: Varie

In un periodo di crisi mondiale, viene da pensare che tutti evitino le spese inutili. Eppure, la tradizione ormai consolidata di pagare un servizio di vigilanza per controllare che nessuno entri alle proiezioni stampa con materiale che possa permettere di registrare il film continua con enorme successo, a dimostrazione che se i pirati tolgono soldi da una parte, ne fanno guadagnare altri a tanti soggetti alternativi. In questo caso, si parla di cifre intorno ai 15-20.000 euro per il lavoro completo nei casi più imponenti (sale grandi da sorvegliare), il che fa capire come in un Paese come l'Italia, tra le proiezioni di Roma e Milano, si spenda ogni anno quasi un milione di euro per questa genialata. Insomma, una cifra sufficiente per produrre e distribuire diversi film di giovani a basso costo o magari per realizzare degli efficaci siti promozionali dedicati ai propri film e che invece viene dilapidata senza una minima possibilità di guadagno (se non per la paura di perdite tutte da dimostrare).

Va detto che, spesso, la richiesta di un servizio antipirateria viene fatta direttamente dagli Stati Uniti e i distributori italiani non possono fare altro che soddisfarla. E che il problema, ultimamente, è più che altro la possibilità di registrare l'audio italiano, da inserire poi in una copia straniera, tanto che molti adesso stanno passando alle proiezioni in lingua originale (cosa peraltro ottima per chi scrive, anche se giudicare un film senza sapere il doppiaggio che il pubblico sentirà non è semplicissimo).

Il tutto, ovviamente, produce situazioni bizzarre. Giornalisti importanti (ma che rientrano anche nella categoria 'bambini viziati') che tentano disperatamente di tenersi il cellulare e trattano male persone che fanno solo il loro lavoro (magari stupido, ma mica lo decidono loro) con il solito complesso da "lei non sa chi sono io" (che peraltro dovrebbe far pensare a chi lo adotta, "forse c'è una buona ragione per cui non sanno chi sono"). E giornalisti che, una volta entrati in sala, continuano a lamentarsi per cinque minuti della privazione che hanno subito, neanche avessero chiesto loro di lasciare all'entrata non il cellulare ma un rene.

Più che altro, ci si chiede se sono soldi spesi bene. Assodato che non c'è bisogno di un servizio antipirateria per vedere se qualcuno entra con una videocamera che può riprendere bene il film (basta non essere ciechi) e che chiunque pensasse di riprendere per 90 o 120 minuti un film col telefonino sicuramente verrebbe denunciato all'ufficio stampa dagli altri presenti, rimane la questione dell'audio. Eppure, il controllo che viene fatto dal servizio all'ingresso con delle 'palette' come quelle usate negli aeroporti, non ti impedisce assolutamente di avere qualche aggeggio di registrazione infilato nelle scarpe e poi di tirarlo fuori in sala. In teoria, le apparecchiature a disposizione dovrebbero identificarlo (almeno, è quello che dicono), ma anche se così fosse, che succederebbe? Il servizio sarebbe in grado (non credo) di identificare con precisione la persona responsabile in una sala da 400 posti prima che il suddetto 'criminale', accortosi dei sospetti, non spenga il suo strumento di registrazione? E anche si capisse chi è, le persone che fanno questo lavoro avrebbero la possibilità di perquisirlo per provare le loro accuse? D'altronde, se non si tratta di poliziotti o guardie giurate (e probabilmente non lo sono) commetterebbero un abuso.

Insomma, l'impressione è che come tante cose che si fanno nel nostro Paese, nessuno abbia il coraggio/possibilità di dire ai propri capi (italiani ed esteri) "scusate, ma non possiamo spendere meglio i nostri soldi?" e quindi si continua a farlo. Tutta questa lunga premessa serve per far capire come la notizia del critico del Time che non può entrare alla proiezione di Terminator Salvation (pellicola Warner, quindi stesso gruppo editoriale) è un po' paradossale e forse il fatto che sia stata comunicata su Twitter non la rende chiarissima. James Poniewozik, giornalista del prestigioso settimanale, ha scoperto ieri che a queste proiezioni bisogna lasciare il cellulare all'ingresso? E perché si rifiuta solo ora, dopo che la pratica va avanti da ormai diversi anni? E se c'è una regola fissa a riguardo, per quanto stupida, perché lui ritiene di avere maggiore diritto degli altri a non rispettarla? Sarebbe curioso saperlo, perché se la scelta delle major è ovviamente uno spreco di tempo e denaro, non sembra questo il miglior modo di denunciarla…

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