Buona parte dei quotidiani e delle riviste online ne ha parlato venerdì, forse pensando che nel weekend nessuno avrebbe prestato attenzione. Marilyn Monroe si spegneva cinquant'anni fa come oggi, il 5 agosto 1962, nella sua casa a Brentwood, imbottita di barbiturici: un "probabile suicidio". Aveva 36 anni.

Sono passati cinquant'anni e oggi anche le nuove generazioni la riconoscono e la ricordano grazie ai suoi film, alla sua aura da icona, al suo mito.

Francesco Alò ha scritto per BadTaste.it un suo personale tributo, che condividiamo qui sotto:

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Ho visto tutti i film di Marilyn Monroe. Non sono molti. Quelli altamente significativi, intendo, dove più pose facevano carattere, intenzione, personaggio. Diciamo che sono una dozzina circa. Dal musical Orchidea bionda, dove sembra una piccola Naomi Watts, al meraviglioso Gli spostati di Huston, dove è stanca, abbattuta, un'oasi di meravigliosa bellezza logorata e sporcata dalla polvere di un Texas in bianco e nero.

Sembrava già dirci: “Ragazzi, me ne vado” a ogni inquadratura. Sarebbe morta trentaseienne da lì a pochissimo. C'è la Marilyn pompata e pomposa a colori e quella più spirituale, direi angelica, in bianco e nero. Io ho sempre preferito la seconda. Da piccolo non coglievo il suo talento e non mi arrivava il suo sex appeal. Questo perché ero un ritardato dal punto di vista sessuale e mi interessavano di più cavallone come Greta Garbo ne La regina Cristina (dove sembrava Errol Flynn) o la mia amata Sigourney Weaver per cui presi ragazzino una bella cotta, erano gli anni '80.

Sono arrivato a Marilyn molto tardi nella mia vita perché prima non riuscivo a comprare quello che lei voleva vendermi. Poi, con il tempo, ho cominciato a capire una sua grande qualità che mi ha stregato: il senso dell'umorismo. Quello che è già presente ne Gli uomini preferiscono le bionde esplode in Quando la moglie è in vacanza, dove Marilyn non è più quella bimbetta tutta guance di Orchidea bionda e Giungla d'asfalto, ma, grazie al colore, diventa la pin-up formosa che fa sbavare i maschietti. Se oggi rivediamo con attenzione quei film, soprattutto Quando la moglie è in vacanza, ci accorgiamo di come Marilyn giochi a fare il personaggio e sia in grado di mettere nella sua recitazione una profonda ironia che vuol dire distacco da quella prima intenzione legata al carattere che deve interpretare. E' qualcosa di tremendamente difficile da fare per un attore, per non parlare di una star, o star nascente, la quale ha degli obblighi espressivi e contrattuali cui attenersi nei confronti della produzione. Lì ti rendi conto della profondità di Marilyn, del suo malessere interiore, della sua complessità, della sua difficile convivenza con l'ideologia che esprime il suo corpo. Chi è oggi così? Quale attrice sex symbol, oggi, riesce a esprimere questa affascinante contraddizione? Solo una: Charlize Theron.

 

 

Se ci rimettiamo a vedere con attenzione Quando la moglie è in vacanza possiamo tranquillamente pensare che “la ragazza” Marilyn sia molto più in gamba del Signor Sherman e che si comporti in quel modo per blandire il maschio tremendamente utile della porta accanto. La ragazza voleva recitare bene, la ragazza voleva sentire la parte, la ragazza aveva lavorato, sudato, esposto il suo seno, i suoi fianchi, i suoi occhi ma sembrava sempre alla ricerca di qualcosa che la facesse risultare semplicemente brava. Era alla ricerca di qualcuno che le inquadrasse l'anima. Sappiamo che visse con soggezione la frequentazione dell'Actor's Studio, sappiamo che in pubblico era timidissima (chi non può rimanere colpito dal filmato in cui Anna Magnani le consegna in David di Donatello per Il principe e la ballerina e Marilyn si avvolge su se stessa fragilissima probabilmente vergognandosi di avere di fronte la star di Roma città aperta), sappiamo che era un misto di potenza e debolezza.

Quando ri-ri-ri-ri-ri-vedi A qualcuno piace caldo, come mi è successo ultimamente, ti prende un colpo per due ragioni:

  1. Jack Lemmon vestito da donna è uguale al Joker di Heath Ledger, che di Marilyn aveva molte caratteristiche; direi quasi un suo figlio perfetto
  2. Marilyn è completamente strafatta dalla vita e probabilmente da altre sostanze ma, nonostante tutti noi sappiamo che fece impazzire Wilder sul set perché non ricordava le battute, è di una potenza devastante a ogni singolo ciak. I primi piani, poi, sono soavi come direbbe il Frank di Velluto blu.

Secondo me, ripeto, il bianco e nero le dona di più. Diventa più eterea. C'è una tecnica? C'è una sapienza? Si potrebbe dibattere per l'eternità riguardo questo argomento. Perché penso che Marilyn, come tutti i grandi artisti, fosse un mistero. E come tutti i grandi artisti profondamente infelici, o morti presto, fosse essenzialmente un profondo mistero per se stessa. Un genio sonnambulo. Ecco perché, come Ledger, si imbottiva di barbiturici per dormire.

Ho pensato molto a questo, ovvero alla convivenza autodistruttiva di raziocinio e puro istinto, vedendo un bellissimo film come Marilyn, dove l'ex moglie e vedova proprio di Heath Ledger, Michelle Williams, ci regala uno sforzo titanico: essere Marilyn Monroe. La sua prova è eccezionale. E mi fermo qui sennò potrei andare avanti per anni e anni a scrivere su questo argomento perché la Williams è un genio che merita saggi a parte. Diciamo che di questa bellissima pellicola mi ha colpito profondamente il monologo di Kenneth Branagh nei panni di Laurence Olivier in cui il grande attore e regista britannico descrive la sua disfatta davanti a Marilyn in quanto TEATRO che perde con il CINEMA. Attonito davanti ai giornalieri del suo Il principe e la ballerina (il film Marilyn parla dell'avventura della Monroe in Inghilterra in relazione a quel film di Olivier), Olivier-Branagh dice che nonostante lui abbia disprezzato, cazziato, diretto nel modo più sadico possibile quella viziata star hollywoodiana che lui sostanzialmente ha assunto per il suo film per sedurla (piccolo maschio qualunque) e umiliarla (piccolo maschio qualunque – parte seconda)… ebbene LEI risulta essere il cinema e LUI no. LEI ha distrutto LUI. E' la cinepresa che sceglie, è la grazia che quella creatura emana. Olivier l'ha capito e almeno ha il buon gusto di riconoscerlo. Io penso – e ho il sospetto che anche Olivier-Branagh lo capisca in quel momento – che Marilyn fosse cosciente di tutto ciò. Che se ne fosse accorta in un momento della sua vita. E, come Heath Ledger, che ne fosse atterrita. Non è mica facile essere degli dei in terra ragazzi miei! La cosa può uccidere.

Olivier-Branagh guarda Marilyn Monroe sullo schermo e lo scherno che le ha riservato per tutta la lavorazione del film va via. Lui, inglese, baronetto, classista della recitazione è stato sopraffatto da un animale spuntato dalla notte. Anche se le luci sul set de Il principe e la ballerina erano state sempre accese.

Povera Marilyn. Da quel suo doppio irresistibile, un giorno, è stata uccisa anche lei. Era il 5 agosto 1962. Cinquanta anni fa.

Francesco Alò