Ecco la traduzione parziale dell'articolo pubblicato da Newsweek sul Codice Da Vinci, ricchissimo di curiosità. Potete leggerlo tutto in inglese sul sito di Newsweek.

Come per molti altri lussi nella vita, ottenere il permesso di girare un film dentro al Louvre è più facile se conosci le persone giuste. Per 3 mesi alla fine del 2004, i cineasti premio Oscar che stanno dietro "Il codice Da Vinci", il regista Ron Howard e il produttore Brian Gazer, hanno inseguito un permesso attraverso canali ufficiali, riempiendo moduli, facendo pressione sugli uomini giusti e rassicurando chiunque avesse bisogno di sentire che avrebbero lasciato il tesoro nazionale francese esettamente come lo avevano trovato. Tutto andava liscio. Ma Howard e Grazer erano ancora preoccupati. Le cose stavano andando bene anche con la Westminster Abbey di Londra, un'altra location chiave per l'adattamento cinematografico del romanzio blockbuster di Dan Brown, ma alla fine vennero respinti. Perdere la Westminster Abbey fa male. Perdere il Louvre sarebbe devastante. Ci sono molte ottime location ne "Il Codice Da Vinci", ma nessuna così famosa o ricca di romanticismo. E siate onesti: non sareste anche voi contrariati se il film del "Codice Da Vinci" dovesse falsificare il Louvre?

Poi, all'inizio di dicembre, mentre Howard e Grazer erano a parigi a fare audizioni per l'attrice protagonista del film, ricevettero una chiamata dall'ufficio del presidente francese Jacques Chirac che li invitava a sbrigarsi e andare da lui. "Pensavamo che sarebbe stata una cosa di cinque minuti, una gita allo Studio Ovale, una foto e una stretta di mano", dice Grazer. Ma Chirac gli chiese di sedersi e mettersi comodi. Gli fu offerto del caffè. Finirono per stare lì un'ora. Chirac insistette che i suoi ospiti lo avvertissero qualora la loro richiesta di filmare al Louvre avesse dovuto incontrare degli ostacoli. E non solo, gli offrì anche delle… indicazioni. Suggerì che assumessero la migliore amica di sua figlia, un'attrice di un certo successo in Francia, nel ruolo di Sophie Neveu, la giovane elegante crittografa che sta nel cuore del mistero del libro. E si chiese ad alta voce, mezzo serio, se avessero potuto rimpolpare il compenso per l'attore Jean Reno, che era già stato assunto nel ruolo dell'implacabile detective francese Bezu Fache. "Fu spassoso", dice Howard. "Fortunatamente gli affari erano già chiusi."

[…] Da quando è stato pubblicato nel 2003, "Il Codice Da Vinci" ha venduto 25 milioni di copie ed ha dato inizio ha un'industria globale. Il culto raggiungerà nuovi livelli con l'uscita del film da 125 milioni di dollari della Columbia Pictures, il 19 maggio 2006. Nel cast compaiono Tom Hanks nel ruolo di Langdon, Jean Reno, Ian McKellen ("Il Signore degli Anelli"), Paul Bettany ("A Beautiful Mind") e Anfred Molina ("Spider-Man 2"). Il ruolo di Sophie fu alla fine assegnato a Audrey Tautou ("Il favoloso mondo di Amelie"), che ha battuto altre 30 attrici francesi. Compresa la migliore amica della figlia di Chirac.

La prossima stagione cinematografica estiva include il ritorno di Superman sul grande schermo, il sequel de "La Maledizione della Prima Luna", il terzo episodio di "X-Men" e di "Mission: Impossible", ma nessuno di questi arriverà con il buzz de "Il Codice Da Vinci". "Non vorrei far aprire nessun film vicino a questo", dice il capo della Sony Amy Pascal (la Columbia Pictures è proprietà della Sony). Howard sta giusto cominciando a montare il film, ma lui e il suo team hanno preso una pausa per parlare in esclusiva con Newsweek di come stanno decifrando "Il Codice Da Vinci". Per ispirarsi, Howard ha rivisitato thriller classici con elementi spirituali, come "L'Esorcista" e "Rosemary's Baby", così come film in cui l'azione nasce dalla conversazione, come in "Tutti gli Uomoni del Presidente". Il suo obiettivo è di replicare l'esperienza della lettura del libro, un compito non facile, considerando che il racconto di Brown si dispiega nel tempo reale di 20 ore e che il film ne durerà meno di tre. Molto verrà omesso, ma Howard sostiene che niente di importante verrà perduto. Ha reso Brown fiducioso. "Lo scrittore è sempre il pubblico più scettico circa l'adattamento", afferma l'autore a Newsweek, "ma penso che questo film farà impazzire la gente. Penso che le persone usciranno dai cinema avendo l'impressione di aver appena visto il romanzo".

Questo dovrebbe rallegrare i fan, ma potrebbe anche far arrabbiare gli oppositori del libro, che speravano il film si sarebbe distaccato dal romanzo, in particolare per quanto riguarda l'immagine della Chiesa cattolica e della vita di Cristo. […] Brown è un romanziere, non uno storico o un teologo. Il suo libro, comunque, si apre con una introduzione in cui si afferma che "tutte le descrizioni di opere darte, architetture, documenti e rituali segreti… sono accurate", lasciando al lettore il chiedersi dove finiscono i fatti e inizia la sua immaginazione. Howard, al contrario, spera di sdrammatizzare la situazione gridando "Finzione!" nei cinema affollati. Per le persone irritate dal libro, comunque, è l'unico osso che lancia. Contrariamente ai primi comunicati secondo cui la Sony prevedeva di addolcire gli elementi più controversi della storia, Howard dice a Newsweek che "non ci sarà nessun attenuamento. Sarebbe ridicolo assumere questo soggetto e poi cercare di smussarne i bordi. Stiamo facendo questo film perché ci piace il libro".

Sei mesi dopo aver bevuto il caffé nell'ufficio di Chirac, Howard, Grazer, e il resto del team de "Il Codice Da Vinci" hanno affollato il Louvre per una settimana di riprese notturne. Parigi in luglio offre, al massimo, sette ore di vero buio, dalle 22 alle 4.30 circa, quindi c'era poco tempo per fermarsi e ammirare quei tesori. Ma tutti si sono presi un momento per farlo. La roulotte di Hanks era parcheggiata su una strada fuori dal museo, così doveva camminare attraverso numerose gallerie silenziose per raggiungere il set. "Era una bellissima passeggiata per andare a lavoro", dice. "Stai camminando vicino all' "Incoronazione di Napoleone" o "Leonida alle Termopili", un capolavoro dietro l'altro".

Pur essendo così amabili, le condizioni erano tutt'altro che ideali per le riprese di un film ad alto budget. "Dovevamo essere molto precisi per ogni singola scena che dovevamo cirare, sia per ragioni di sicurezza che di conservazione", dice Howard. "C'erano tanti tipi di cose che non potevamo fare. Sangue sul pavimento, è nello script ma non potevamo farlo. Non potevamo togliere i dipinti dalle pareti, ovviamente. Non potevamo scrivere messaggi in codice sulla Gioconda". Infatti, poiché alla crew era proibito illuminare con luce diretta certi dipinti, la vera Monna Lisa di Leonardo Da Vinci, che gioca un ruolo chiave all'inizio della storia, era assolutamente intoccabile. Il film usa una replica. Dare queste informazioni fa soffrire Howard. "Odio doverlo dire, ma… era semplicemente troppo preziosa". Gran parte del girato al museo è ambientato nella famosa Grande Galerie del Louvre. Il capolavoro di Da Vinci è situato in una piccola stanza nelle vicinanze. Dal momento che la crew non poteva filmare il dipinto, decisero di usare quello spazio per qualcos'altro: come deposito. "Giri l'angolo", dice Hanks, "e vedi questa stanza contenent tutto il necessario per fare il film, scatole, attrezzi, videocamere… e la Gioconda".

Una volta che la produzione abbandonò il Louvre, la troupe di Howard si spostò verso alcuni luoghi più significativi dal punto di vista religioso, fra cui Temple Church a Londra e la Rosslyn Chapel in Scozia, e si preparò all'idea che ci sarebbero state proteste, picchetti e megafoni degli oppositori. Ma non successe nulla. L'unico problema fu nel Lincolnshire, dove secondo quanto riportato dalla stampa inglese 200 contestatori accolsero la crew. Howard insiste nel dire che queste storie sono imprecise. "C'era solo una donna travestita da suora con un ragazzo che la portava in giro in auto. Loro stavano protestando. E poi c'erano 198 persone fuori dall'hotel in attesa dell'autografo di Tom".

[…] "Il Codice Da Vinci" è un progetto nuovo per Grazer e Howard. I due di solito sviluppano i propri progetti per la Imagine e poi li vendono a uno studio; stavolta, la Sony li ha assoldati come mercenari. Grazer cercò di comprare i diritte del "Codice Da Vinci" per la Imagine, con l'idea di usarlo come modello per la terza stagione della serie TV di grande successo della sua compagnia, "24", ma fu battuto in astuzia da un altro contendente. "Non conoscevo le persone giuste", dice.

John Calley conosceva le persone giuste. Il produttore 75enne è una figura riverita ad Hollywood, un vero veterano. Lui e il presidente della Sony Howard Stringer condividono una passione per i misteri, e circa due anni fa, Stringer gli disse di informarsi a proposito di un best-seller emergente. Calley adorò "Il Codice Da Vinci" e si mise alla ricerca dei diritti per il film. Era arrivato tardi nei giochi, ma aveva un vantaggio cruciale: conosceva l'avvocato di Brown, Michael Rudell. […] Fece una telefonata a Rudell, e il libro, così come tutti i futuri diritti sul nostro Robert Langdon, furono della Sony per la cifra di 6 milioni di dollari, un vero affare. "Tutti a Hollywood volevano il libro", dice Amy Pascal. "Ma nessuno di loro aveva una chance. E' tutto merito di John".

Ron Howard approdò al "Codice Da Vinci" in virtù della sua carriera di cineasta, ma c'era un altro fattore a suo favore. "Ron non è un monopolizzatore", dice Calley. "Sapevamo tutti che il libro era abbastanza controverso, ed eravamo pronti a questo. Ma non volevamo accrescere questo aspetto". La Lega Cattolica era così irritata dal ritratto che nel romanzo viene fatto di Cristo che il suo presidente, William Donahue, dice che mandò una lettera a Amy Pascal nel marzo del 2005 chiedendole essenzialmente di allegare al film una rinuncia alla sua veridicità, o qualcosa del genere. "Finché dici che è pura finzione, puoi anche dire che Cristo aveva tre teste. Non mi interessa. Ma non puoitenere il piede in due scarpe", dice Donahue, aggiungendo che Pascal gli mandò indietro una gentile, ma non impegnativa risposta. "Non ho chiesto la luna. Tutto ciò che volevo era una dannata rinuncia".

Donahue ha detto a Newsweek che si sarebbe messo d'accordo per una "dichiarazione chiara, pubblica" da parte di Howard che il film è finzione; forse quella fatta da Howard in questo articolo gli andrà bene. Ma ciò non significa che il film vada bene a tutti i cattolici. C'è anche la questione dell'Opus Dei, l'organizzazione interna alla chiesa che riceve un brusco trattamento nel libro. […]

Prima di iniziare le riprese, il portavoce dell'Opus Dei Brian Finnerty dice di aver richiesto ad Howard di rimuovere il nome della prelatura dal film, e di non aver ricevuto risposta. Quando gli viene chiesto da Newsweek se nel film verrà menzionato l'Opus Dei, Howard si ferma giusto un momento e dice di sì. "L'Opus Dei è menzionato nel libro", dice, "e non volevamo sottrarci a questo o altri altri aspetti della storia". "Questo mi giunge nuovo", dice Finnerty. "Dovrò tornare da voi".Tre giorni dopo, in un'e-mail a Newsweek Finnerty spiega: "A nessuno piace vedere una propria caricatura sul grande schermo. Spero che la Sony nel ritrarre la Chiesa cattolica adotti le stesse regole di giustizia che vi aspettereste nei confronti di ogni altro gruppo etnico. Aggiunge che l'Opus Dei presterà attenzione ad "informare la gente riguardo a ciò che l'Opus Dei è realmente".

In definitiva, la Sony è molto più interessata a soddisfare la gente che ha amato il romanzo piuttosto che placare quelli che non l'hanno amato. Quando l'anno scorso è stato rivelato che Tom Hanks avrebbe interpretato Robert Langdon, diversi fan del "Codice Da Vinci" si sono sentiti come nel venire portati al proprio ristorante preferito per la quinta volta di seguito. Il pranzo sarebbe ottimo, certo, ma forse non sanno già che sapore avrà? Nonostante il romanzo di Brown descriva Langdon come un "Harrison Ford in Harris tweed", i filmmaker affermano che Hanks è una scelta perfetta, e francamente, qual'è l'ultimo ruolo che non ha azzeccato? "Tom è molto intelligente", dice lo sceneggiatore Akiva Goldsman, "e non si può ingannare l'intelligenza. Un bravo attore può recitare qualsiasi cosa".

Hanks aumenterà sicuramente il richiamo al box-office, come se il titolo del libro da solo non fosse già abbastanza, ma il successo artistico potrebbe dipendere dalle delicate spalle di Audrey Tautou, la 27enne ingenua attrice francese. Sophie Neveu è qualcosa di più del nucleo emotivo della storia; come la storia si dispiega, tutti i pezzi cruciali del mosaico sembrano tornare a lei. "Sophie è molto seria, come un piccolo soldato", dice la Tautou in un inglese fortemente accentato. "Vuole tenere gli occhi chiusi, verso il suo passato, verso ogni cosa che le sta succendendo. E durante il film li apre lentamente, lentamente." Quando Howard era a Parigi per il casting della parte, tuttavia, la Tautou non era inizialmente fra le attrici che aveva audizionato. Howard conosceva la Tautou soltanto per la sua stravagante "Amelie" e pensava che fosse troppo dolce per interpretare Sophie. "E' ciò che pensavo io stessa!" dice Audrey. "Pensavo di essere troppo giovane, troppo dolce". […] "Presumevo di non essere abbastanza convenzionale per loro. Non sono una donna bella e alta". Di sicuro, non è alta.

Stando a Grazer, tre attrici premio Oscar hanno fatto forti pressioni per il ruolo di Sophie (fare i nomi sarebbe di cattivo gusto, scusate), ma Howard era convinto di voler scegliere gli attori in base alla nazionalità dei personaggi. Poi il direttore del casting gli ha mostrato un video di Audrey in "Una Lunga Domenica di Passioni". "Si comportava in modo così deciso, e la ho vista sotto una luce diversa", dice. Chiamo la Tautou a Los Angeles per leggere insieme a Hanks, e fra i due andarono immediatamente d'accordo. "Penso sia magnifico che Ron abbia scelto qualcuno che non è famoso in America", dice la Tautou. "Qualcuno che non è sulle cover di tutti i giornali". Tutto questo è destinato a cambiare. Audrey sa che è a pochi mesi da una frenesia mediatica internazionale, ma afferma di non essere preoccupata. Vedremo a maggio, quando l'euforia per "Il Codice Da Vinci" sarà alle stelle.