Fonte: Varie

Iniziamo con un dato (peraltro vecchio e quindi probabilmente sbagliato per difetto): ogni minuto su YouTube vengono caricate 20 ore di materiale. Quindi, facendo il calcolo, in un'ora della giornata vengono caricate 1.200 ore di materiale. E' abbastazna evidente che, se si volesse controllare tutto in tempi rapidissimi, i casi sono due: o si assumono migliaia di persone per farlo (portando immediatamente i conti dell'azienda in rosso e magari alla chiusura dopo sei mesi) o si decide di visionare preventivamente il materiale che viene mandato (ma anche questo richiede risorse enormi).

I fatti sono (o dovrebbero essere) ormai noti a tutti. Nel 2006, degli imbecilli, dopo aver malmenato un ragazzo disabile (qualcuno parla di down, qualcun altro di sofferente di una rara forma di autismo), misero il video dell'azione su Google Video. Passarono alcuni mesi prima che i genitori del ragazzo notarono la cosa e la segnalarono a Google, che prontamente, in poche ore, eliminò il video in questione.

Si tratta di un punto fondamentale, perché, come segnala il Velino, secondo una "direttiva dell’Unione europea sull’e-commerce, che in Italia è stata recepita nel 2003, gli intermediari non possono essere ritenuti responsabili di quello che viene pubblicato sui loro siti”. Più precisamente, chi svolge, come YouTube, una funzione di intermediario deve togliere un file segnalato come offensivo o illecito entro 24 ore, come è avvenuto in questo caso.

Per questo, si ha l'impressione che i giudici italiani abbiano ritenuto che, a differenza di quanto sembra evidente a tutti, Google non sia una piattaforma neutrale, ma sia invece da giudicare un mass media tradizionale, con i relativi obblighi di controllo preventivo delle cose che vengono pubblicate e la responsabilità che si ha per testate registrate. D'altra parte, fino a quando non si conosceranno le motivazioni della sentenza, si potranno solo fare delle congetture. Peraltro, come spesso capita in Italia, potrebbe anche capitare che, più che una decisione discutibile di un giudice, ci sia un vuoto normativo e/o delle leggi scritte e pensate male, che poi costringono anche i giudici più illuminati a scelte bizzarre, semplicemente attenendosi alla giurisprudenza.

Tutto questo rimane comunque sorprendente, se si considera che i genitori del ragazzo avevano poi ritirato la loro denuncia. E soprattutto che, per quanto possa sembrare strano, sia stato utile che questo video sia comparso in Rete, così da individuare e punire i colpevoli con diverse ore di servizi sociali, piuttosto che far finta che l'episodio non sia mai avvenuto. Ovviamente, non sarà un caso che alcuni personaggi che non amano molto la libertà di Internet abbiano mostrato il loro entusiasmo di fronte alla decisione, a cominciare dall'ex ministro delle comunicazioni Gasparri, che si chiede (evidentemente poco informato sui fatti), "Perché Google non ha vigilato e collaborato per rimuovere in modo tempestivo contenuti violenti?". Peccato che sia esattamente quello che è successo.

E ora? Molti sono preoccupati per lo stato della libertà della Rete. In effetti, se passasse il principio per cui qualsiasi materiale che arriva su Internet deve essere autorizzato preventivamente, ci troveremmo di fronte a una paralisi. Tuttavia, credo che, come spesso capita, una sentenza non sia in grado di cambiare così drasticamente le cose. D'altra parte, le norme europee parlano chiaro e andare contro queste regole significherebbe, oltre a puntare a una censura degna della Cina, soprattutto andare contro gli interessi di tutte le aziende che di Internet ci vivono. Insomma, come spesso succede in Italia, magari si tenterà di sfruttare l'episodio per fini politici, ma con scarsi risultati. D'altronde, di leggi liberticide legate alla Rete ne sono state proposte tante negli ultimi anni, ma per fortuna non sono mai diventate operative…

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