E.T. L'Extraterrestre non ha certo bisogno di presentazioni, quindi ci limitiamo a dire che l'intervista rilasciata a Collider da Henry Thomas e Kathleen Kennedy, rispettivamente protagonista e produttrice del capolavoro di Steven Spielberg, è avvenuta a margine degli impegni stampa relativi all'imminente uscita in Blu-Ray Disc del film (trovate tutti i dettagli dell'edizione a questo link).

Riportiamo, a seguire, alcuni dei passaggi più interessanti della chiacchierata:

Quando il film era stato proposto in Dvd erano stati fatti dei drastici cambiamenti, ma col Blu-Ray siete tornati alla vecchia versione. Cosa vi ha spinto a fare questo?

KK: A essere del tutto onesti, penso che Steven si sia pentito di aver modificato il suo film. Avvertiva una certa pressione nel dover essere politicamente corretto (vi ricordiamo che uno dei cambiamenti più criticati fu la sostituzione delle pistole degli agenti governativi con dei…walkie talkie, ndr.). Poi ha realizzato che non si è trattato di una mossa giusta. Ritengo che i fan di quei film che hanno resistito all'impatto del tempo non vogliono che si traffichi troppo con essi.

Sarebbe difficile girare E.T. al giorno d'oggi?

KK: Lo sai, è una cosa su cui rifletto di tanto in tanto. E.T. è un film che è arrivato quando doveva arrivare. Forse una pellicola come questa fatta al giorno d'oggi, non si sarebbe trasformata nel fenomeno che è stato E.T. E' difficile prescindere da questi trent'anni che sono trascorsi e cercare di capire cosa può aver contribuito al suo trionfo, ma penso che sia una questione di innocenza nello storytelling e nel filmmaking. A quel tempo i film per famiglie erano fatti pensando direttamente ai più piccoli, per cui l'idea di un film che spaziasse fra media differenti che andassero a includere uno spettro più amplio di pubblico era praticamente all'inizio. E.T. è stato l'incipit di tutto ciò. Ricordo ancora un meeting del marketing in cui abbiamo dovuto affrontare un sacco di problemi nella prenotazione dei cinema. Steven voleva che dicessi allo studio che la nostra intenzione era di arrivare in 1.100 sale, un numero non elevatissimo, ma loro dissero di no. Alla fine dopo le preview, quando cominciava a diventare chiaro che avremmo avuto un pubblico molto vasto, siamo arrivati a quella cifra, ma all'inizio eravamo intorno alle 7-800 sale. Un vero e proprio compromesso.

Qual è la tua relazione col film oggi? Si è sviluppata nel tempo?

HT: Non solo solito riguardarlo, ma è una storia che si è evoluta nel corso del tempo. Quando ero un teenager pensavo "Mio Dio, mi chiameranno Elliot per tutta la vita". Ma oramai ho dei figli… Tutte le persone che incontro che hanno un'età vicina alla mia hanno una loro vicenda particolare collegata al film, sul quando l'hanno visto per la prima volta. Tutto questo mi rende orgoglioso, mi pare di aver contribuito un po' alle loro vite. E.T. è tenuto in così alta considerazione da così tante persone che ci tieni a rappresentarlo nella giusta maniera (…) Lavorare con Steven è stato fantastico, me lo ricordo come una persona davvero entusiasta riguardo i film. Anche se ogni tanto dava l'impressione che avrebbe preferito fare tutto da solo, era molto bravo a comunicare quello che voleva da noi. A un tratto non eravamo più bambini, ma dei piccoli tecnici.

E.T. è stato il tuo primo successo come produttrice in solitaria. Hai mai avvertito la pressione di dover ripetere questo successo?

KK: E.T. è stato il primo film che ho prodotto e, proprio per questo, ero così nervosa da vomitare ogni week end. Non avevo la più pallida idea di quello che stavo facendo. Lavoravo giorno per giorno assicurandomi che tutti fossero felici e contenti. Ero nervosa come i bambini (…) Riflettendo retrospettivamente sul suo successo, cosa che ho iniziato a fare anni dopo, ho realizzato che una volta che tocchi la vetta, puoi proseguire con la tua vita e la tua carriera. Quel successo non era qualcosa cui anelavo, di cui avevo bisogno. Si è trattato di una produzione molto personale, che non riguardava l'ottenere dei premi. Ho avuto la meravigliosa possibilità di prendere parte a un'opera di successo che si è perfettamente connessa al pubblico del tempo.