Le guerre vennero presto a Shanghai, succedendosi l'una l'altra al modo delle maree che rimontavano rapide lo Yangtze e restituivano alla sfarzosa città tutte le bare affidate alla acque dai moli funerari del Bund cinese.

Jim aveva cominciato a sognare di guerre. La notte, sulla parete della sua camera in Amherst Avenue sembravano snodarsi gli stessi film muti, che trasformavano la sua mente addormentata in una sala vuota da proiezione. Durante l'inverno del 1941, tutti, a Shanghai, proiettavano film di guerra. Frammenti di sogni seguivano Jim in giro per la città: negli atri degli empori e degli alberghi, le immagini di Dunkerque e di Tobruk, dell'operazione Barbarossa e del sacco di Nanchino, gli esplodevano nella mente sovraccarica.

James G. Ballard, L'Impero del Sole

 

Era scontato che l'incontro fra due degli esponenti più rilevanti dell'universo culturale della nostra contemporaneità, lo scrittore inglese James G. Ballard e il regista americano Steven Spielberg, avrebbe dato vita a un oggetto destinato a lasciare il segno. Magari non nell'immediato, ma nel lungo periodo.

L'Impero del Sole, pellicola basata sull'omonima novella semiautobiografica di Ballard, è stata una sorta di anomalia tanto nella carriera dell'autore britannico, uno dei padri della fantascienza impregnata di surrealismo e post-modernismo, quanto in quella di un filmmaker che a 40 anni aveva già conquistato la vetta di Hollywood e i cuori degli spettatori, ma non era riuscito a far breccia nelle algide menti di coloro che lo ritenevano solo il re del pop corn movie.

Con questo film, per il quale Spielberg doveva inizialmente ricoprire il “solo” ruolo di produttore visto che la regia doveva essere di uno dei suoi maestri di cinema, David Lean, il regista ha dovuto confrontarsi non tanto con uno dei suoi pochi insuccessi commerciali, quanto con un differente approccio a un tema come quello dell'infanzia e del rapporto con l'altro.

Nel raccontare l'esperienza del giovane Jim – interpretato da un giovanissimo e già tremendamente bravo Christian Bale al suo esordio nel mondo del cinema – del suo vivere la Cina nella dimensione avulsa dell'enclave britannica prima e del campo di concentramento giapponese poi, più che dipingere e rappresentare l'infanzia, assistiamo alla sua più totale negazione. Una negazione resa anche più amara dal fatto che il bambino si ritroverà a vivere un'epopea fatta di solitudine e prigionia proprio perché viene inghiottito dalla folla proprio dopo aver perso, e tentato di recuperare, il suo amato aeroplanino mentre i suoi genitori stanno tentando di fuggire con lui da Shangai.

L'Impero del Sole pare anche una sorta di “preparazione” al film che avrebbe poi consacrato universalmente, nel 1993, la figura autoriale del filmmaker, Schindler's List.

Nonostante lo stesso Spielberg abbia dichiarato, di recente, di come le sue vicende familiari, gli episodi di bullismo cui è stato sottoposto a scuola a causa del suo essere ebreo, abbiano influenzato drasticamente il suo desiderio di diventare un autore cinematografico – di venire accettato dal prossimo – nella seconda metà degli anni ottanta non era ancora pronto a confrontarsi con la cronaca delle vessazioni del suo popolo, delle sue radici, del suo legame con la storia e del suo importante compito di “depositario” e comunicatore. Ciò nonostante, L'Impero del Sole non deve essere inteso come una specie di film minore nella filmografia spielberghiana non tanto per gli indubbi meriti cinematografici – i rimandi alle epocali scene di massa del maestro David Lean sono lampanti come la luce del sole – quanto come il primo, autentico rito di passaggio di quello che secondo alcuni era destinato a essere l'eterno Peter Pan del cinema, ma che invece, come il Peter Banning di Hook – Capitan Uncino, si è dimostrato un artista che ha capito, nel corso di una carriera unica, che si può crescere e maturare possedendo, allo stesso tempo, il cuore di un fanciullo che riesce a stupire, e a stupirsi, con il semplice movimento di una carrellata frontale che mette i protagonisti delle sue opere a confronto con l'ignoto, l'inatteso.

In occasione dei 25 anni dell'Impero del Sole, la Warner Bros. pubblica per la prima volta in Blu-Ray Disc il film e lo fa con un'edizione che conquista già grazie al fascinoso packaging in digibook. Qualche collezionista potrebbe storcere il naso per le differenti dimensioni del case di questo disco, più assimilabili a quelle di un libro che di un supporto digitale, ma si tratta indubbiamente di una collana di sicuro pregio formale ed estetico che comprende già titoli d'indubbio interesse che analizzeremo a dovere nei giorni a venire.

Oltre al Blu-Ray del lungometraggio, la confezione propone anche un librettino, di 32 pagine, in cui viene raccontata la gestazione della pellicola tramite delle fotografia e degli approfondimenti (in inglese) dedicati ai vari talent coinvolti nella produzione del'opera.

Dal punto di vista del transfer, possiamo affermare tranquillamente che L'Impero del Sole non è mai stato così bello da vedere. La sensazione “film-like” è piacevolmente percepibile e il lavoro di restauro riesce a mettere bene in risalto la duplice faccia della pellicola, che alterna attimi di estremo realismo ad altri che potremmo tranquillamente definire come squisitamente onirici. I colori non sono particolarmente carichi, saturi, ma si tratta di una precisa scelta stilistica; eccellente la resa dei particolari e delle texture per un transfer che tende a cedere lievemente solo nella resa della gamma dei neri nei passaggi più scuri.

Nulla di particolarmente sconvolgente per quanto riguarda l'audio, proposto in Dolby 2.0.

Sul versante extra segnaliamo:

  • Documentario dietro le quinte “The China Odyssey: Empire of the Sun a film by Steven Spielberg”. Un dietro le quinte narrato da Martin Sheen che racconta non solo la lavorazione della pellicola, ma anche l'occupazione giapponese di Shangai.

  • Warner at war. Contenuto in un apposito Dvd presente nella confezione, è un interessante approfondimento, raccontato dallo stesso Spielberg, che illustra il ruolo avuto dalla major nel dire quello che altri studi hollywoodiani, o politici, dell'era non avevano ancora il coraggio di dire: Hitler e il nazismo erano una minaccia per tutto il mondo.

Conclusioni

Grazie alla elegante presentazione del packaging in digibook, unita a una fattura tecnica di alto livello e un interessante bagaglio di extra, possiamo affermare che la warner Bros. Ha reso pienamente giustizia a una pellicola come L'Impero del Sole che si ritrova a festeggiare i suoi 25 in forma davvero smagliante.