La Corea del Nord è, purtroppo, famosa per le miserrime condizioni di vita e l'inesistente tutela dei diritti umani garantiti ai suoi abitanti dal dittatore Kim-Jong-II appena scomparso a causa di un attacco cardiaco.

Jong era famoso, oltre che per il suo polso di ferro, per la sua grande passione per il cinema. Aveva una collezione di oltre 15.000 fra vhs e dvd, e amava soprattutto Venerdì 13, Rambo, Godzilla, King Kong e tutti i film col Liz Taylor.

Consapevole del fatto che il cinema nordcoreano non aveva nulla di particolare da offrire, adottò una particolare politica per lanciare l'industria cinematografica del suo paese: rapire star del cinema della vicina Sud Corea.

Nel 1978 fece rapire a Hong Kong Choe Eun-hui, una star del cinema sucoreano. Suo marito, il regista Shin Sang-ok, il principe del grande schermo sudcoreano, si recò nell'ex protettorato britannico in cerca della consorte per ritrovarsi con un sacco di juta in testa, narcotizzato e rapito dagli agenti segreti nordcoreani. I due erano stati portati nella Corea del Nord per fare film per il Popolo.

I tentativi di fuga di Sang-ok causarono la sua reclusione, ma dopo 5 anni di ripensamenti in gattabuia, il regista venne rilasciato e iniziò a realizzare pellicole per la Nazione. Con un budget annuale di circa 3 milioni di dollari riusciva a confezionare anche sette pellicole per Kim-Jong-II.

Come vi abbiamo detto poco fa, uno dei franchise preferiti dal dittatore era quello di Godzilla e quindi fra i vari rip-off creati da Sang-ok troviamo anche Pulsagari, i cui effetti speciali vennero realizzati da Teruyoshi Nakano, responsabile degli effetti dei Godzilla nipponici, e dai tecnici della Toho. Nakano venne convinto a lavorare al film previa rassicurazione del fatto che gli avrebbero consentito di tornare in Giappone.

Prima di mostrarvi il trailer della pellicola, una critica al capitalismo in versione Kaiju, vi riveliamo il finale, fortunatamente lieto, della storia di Shin Sang-ok e sua moglie. I due riuscirono a scappare, chiedendo asilo politico presso l'Ambasciata Americana, dopo un vero e proprio inseguimento automobilistico avvenuto mentre il dittatore si trovava a Vienna per un festival del cinema. Dopo aver vissuto, e lavorato, per qualche anno negli Stati Uniti sotto il nome d'arte di Simon Sheen, il ritorno in Sud Corea dove è poi morto nel 2006.