Rubrica a cura di ColinMckenzie

Gran folla di professionisti cinematografici questa mattina alla Casa del cinema di Roma. L'occasione è stata la presentazione di una ricerca sulla pirateria e sui (presunti) danni che questa porta all'industria da parte della Fapav, la Federazione antipirateria audiovisiva. Dico 'presunti' perché convinto che i danni effettivamente ci siano, ma che le cifre riportate siano astronomiche e fuori dal mondo, ossia 530 milioni di euro. Stiamo parlando sostanzialmente del fatturato che produce lo sfruttamento in sala. Insomma, se domani non ci fosse la pirateria, gli italiani andrebbero il doppio al cinema (o comprerebbero dvd/consumerebbero cinema per quella cifra 'mancante'). Mah…

Va detto che l'indagine condotta dall'Istituto Ipsos è sicuramente scientifica e ha un senso. Sono stati presi 2038 adulti campione, di cui 661 risultati 'pirati'. Studiando chi in un modo o nell'altro (acquisto dvd falsi, download illegale, pirateria indiretta di prodotti illegali) ha avuto a che fare con materiale che scotta e monitorando le risposte legate alla domanda "cosa avrebbe fatto se il film non fosse stato disponibile su Internet?", si è giunti, grazie a chi rispondeva che avrebbe visto il film cinema o in dvd, a una stima di 530 milioni di danni.

La cifra (che, ripeto, ha un senso logico) però non mi convince per la sua sproporzione e per tanti motivi legati all'indagine. Intanto, per quanto si possa credere alla buona fede della società che conduce i sondaggi, è evidente che il committente vuole certi dati e magari non ha interesse a presentarne altri che non sono utili alla 'causa'. Per esempio, nulla si dice su quanto poi i 'pirati' consumino comunque di cinema 'legale'. Non sarà che chi scarica molto è anche una persona che spesso compra tanto e quindi è un consumatore vantaggioso per queste aziende?

Altro dubbio molto importante. Tutta la stima dei danni è imperniata sul fatto che una quota di persone sostiene che, in assenza di alternativa illegale, comunque vedrebbe la pellicola in maniera legale (e quindi porterebbe soldi all'industria). Intanto, è risaputo che nei sondaggi le persone dicono spesso quello che appare più 'giusto' piuttosto che la verità e probabilmente una bella fetta di questi 'pentiti' in realtà sta mentendo. Anche così, sostanzialmente si sta dicendo che queste persone (che vengono a contatto con una media di 21 film in maniera illegale ogni anno) vedrebbero tutti questi 21 film in maniera legale pagando. Francamente, è più facile credere che ne vedrebbero magari 2-3 (quelli per loro più importanti) pagando e gli altri 18-19 li lascerebbero perdere.

Discutibile anche l'idea di mettere in un unico calderone (se non nei grafici e nelle statistiche, almeno nelle parole dette) sia chi trae profitto dalle copie pirata che le persone che semplicemente scaricano. Sarebbe semplice ironizzare sul concetto di accostare il sedicenne smanettone con il camorrista che vende migliaia di copie pirata e su quanto questa possa essere una pubblicità favorevole all'industria.

Per fortuna, dopo un'oretta sconfortante in cui non si faceva altro che invocare leggi severe, sono uscite delle voci fuori dal coro. Il primo è stato il regista Paolo Virzì, che, piuttosto che prendersela coi ragazzini, ha lanciato una polemica forte contro i provider, rei a suo dire (e io in parte condivido) di fare tanti soldi grazie alla diffusione della banda larga, che poi viene utilizzata soprattutto per scaricare film e musica. Anche Riccardo Tozzi, responsabile di Cattleya, ha sottolineato di non volere assolutamente sanzioni penali contro chi scarica. Ma il più lucido è stato sicuramente Enrico Vanzina, che ha criticato e ironizzato sulla ritualità superata dello sfruttamento dei film, che a suo avviso invece dovrebbero essere contemporaneamente disponibili in ogni modo (sala, dvd, Internet, ecc.).

L'impressione, insomma, è che tante buone intenzioni (salvaguardia dei posti di lavoro in primis) non vengano supportate da idee abbastanza chiare da parte di chi avrà un'influenza importante sulle scelte industriali e politiche in questa delicatissima materia. Probabilmente, ci sarà bisogno di qualche mezzo di informazione che medi efficacemente tra le ingenuità di certi utopisti (che vorrebbero tutto gratis) e il 'tintinnar di manette' di certi vertici del settore. Un lavoro per Badtaste

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