Fonte: Badtaste.it

Partiamo dalla nota positiva, l'aria sta cambiando. A differenza di quanto si diceva due anni fa a un analogo convegno sulla pirateria, mi sembra proprio che certi toni drastici e apocalittici siano stati abbandonati, a favore di un maggiore realismo, sia nell'atteggiamento verso i pirati che nelle soluzioni (in particolare, un'offerta legale sempre più urgente e doverosa).

L'unica eccezione è arrivata dalla Francia, per bocca di Nicolas Seydoux, Presidente dell’associazione anti-pirateria francese (oltre che della Gaumont). Qui, sembrava di essere finiti in una pellicola catastrofica (Armageddon?) per gli scenari da fine del mondo prospettati.

Il pericolo sarebbe la morte del cinema e della musica, non tra qualche secolo, ma già nel 2015. Discorsi che ascoltiamo da almeno vent'anni, per una ragione o l'altra (anche le musicassette registrate in casa dovevano uccidere le sette note, all'epoca). E poi, dichiarazioni un po' ambigue sulla legislazione francese (che dovrebbe limitare fortemente il download, peccato che ormai tutti i nostri cugini transalpini stiano passando allo streaming) e sul calo dei prodotti che vengono realizzati (cosa che magari è anche vera – come la flessione di film per il cinema – ma che è dovuta a ragioni ben diverse dalla pirateria). Inoltre, non una parola su questa ricerca, che mostra come solo il 4% dei francesi abbiano deciso di abbandonare il download per paura di essere identificati (magari passando allo streaming, chissà) dopo l'entrata in vigore della legge Hadopi.

Per quanto riguarda la ricerca Ipsos e i suoi dati, non metto in dubbio la bontà del lavoro scientifico svolto, ma intanto continuo ad avere qualche perplessità (anche a livello di efficacia mediatica) sul mettere insieme copie contraffatte e download di singoli utenti, insomma (perdonatemi se estremizzo un po') camorra e appassionati, nella stessa pagina (almeno a livello di danno economico). Poco sensato, perché in un caso ci sono soldi veri che passano di mano, nel secondo no (se non per i siti illegali).

Soprattutto, per arrivare a quantificare i danni che subisce l'industria dello spettacolo si punta tutto su un principio, quello delle persone che, interrogate su cosa farebbero in mancanza del prodotto illegale, sostengono di essere disposte a pagare pur di averlo. Mi sembra un concetto molto discutibile (o forse è meglio parlare di 'speranza'), che dà vita all'iperbolica cifra di 500 milioni persi (curiosamente, meno dei 530 milioni di cui si parlava due anni fa, nonostante il numero dei pirati sarebbe aumentato). Attenzione, non si parla semplicemente dei soldi mancanti per ogni download (quelli sarebbero molti di più), ma della cifra che potrebbe essere recuperata da tutti quelli che si sono dichiarati disponibili a passare a un'offerta legale.

Anche a voler prendere per buoni questi numeri, sorge una domanda scontata: se veramente ogni anno si perdono queste ingenti ricchezze, come mai non abbiamo già oggi un'efficiente servizio online? Il sospetto è che i primi a non credere molto in queste cifre siano proprio i responsabili delle major e delle case discografiche. Altrimenti, sarebbero dei masochisti… 

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