Solo ieri abbiamo riportato alcune dichiarazioni rilasciate da Mark Ruffalo al Wall Street Journal riguardanti la sua ultima performance offerta in The Avengers nei panni dello scienziato Bruce Banner e della sua distruttiva controparte Hulk. Facendo sempre riferimento alla stessa fonte, l'attore adesso rivela uno dei tanti modi tramite i quali si è preparato ad interpretare il personaggio, oltre ad una personale rielaborazione di quella che, secondo lui, rimane l'idea essenziale alla base dell'atteso crossover diretto da Joss Whedon.

In particolare The Avengers si configurerebbe come una sorta di allegoria rivolta agli americani:

In pratica abbiamo tutte queste diverse personalità, supereroi di questo o di quel tipo, e loro rifiutano di abbandonare alcune delle loro posizioni per poter creare una nuova e migliore unione e potersi unire alla squadra. Tutto il film si riduce a questo: mettere da parte momentaneamente i propri interessi personali per quelli del gruppo. L'anno scorso non avevo idea che avrebbe parlato di così tante problematiche che al momento stiamo avendo negli USA e nel mondo, con gli stessi temi.

La figura del supereroe si fa dunque portavoce, secondo Ruffalo, di un messaggio più grande:

Questi film colpiscono tante persone, sono un pò la nostra mitologia moderna. Credo che molti dei valori che ho e ai quali tengo derivino dalla morale dei nostri supereroi, da ciò che loro sono e da ciò per cui combattono.

L'attore ha inoltre rivelato come, una volta saputo del ruolo ottenuto nel film, abbia provveduto a comprare per sè e suo figlio di 10 anni, il box completo della vecchia serie tv:

Lui era completamente coinvolto. Ha compreso tutto per bene. Dopo il primo episodio si è girato verso di me e mi ha detto: papà, è interpretato proprio male!