Moviepass inizia a distribuire film in America e sostiene di garantire una percentuale degli incassi

Proposta aggressiva di quello che fino a ieri era solo un servizio di abbonamento alle sale e che adesso, con la società Moviepass Ventures, vuole cambiare la distribuzione

Critico e giornalista cinematografico


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Il pitch è di quelli che suscitano contemporaneamente interesse e dubbi. Moviepass, la società che vende un abbonamento mensile ai cinema statunitensi a prezzi molto bassi (8$ per vedere un massimo di un film al giorno tutti i giorni del mese nel 91% di sale), ha intenzione di iniziare a fare anche il distributore e sostiene di poter garantire una certa percentuale di incasso. Si tratta al momento di un’intenzione e di operazioni co-distribuzione, come riporta da Deadline, in cui alla nuova società creata apposta, Moviepass Ventures, spetterebbe il 50% del minimo garantito e poi avrebbe tutto l’interesse a fare un marketing aggressivo per vendere biglietti, visto che dovrà dividersi anche gli introiti a valle.

Un proprietario di carta Moviepass (che è sostanzialmente una carta di credito Mastercard con cui pagare i biglietti alla cassa o, in alcuni cinema, prenotarli) nonostante paghi solo gli 8$ dell’abbonamento mensile in realtà paga al cinema i biglietti a prezzo pieno. I soldi che mancano ce li mette Moviepass. Come questo sia possibile, secondo il CEO della società, è molto semplice: prima di tutto dopo un’ubriacatura iniziale i loro utenti non vanno al cinema tantissimo, di certo più di quanto facessero prima, ma non in maniera folle, soprattutto a fronte di chi vede 3-4 film al mese, c’è chi bilancia vedendone uno o zero; secondo sono in perdita e gli va bene così.

Wired si è chiesto direttamente come Moviepass possa fare soldi, partendo dall'assunto che il suo azionista di maggioranza, Helio and Matheson continua a mettere milioni nell'impresa e che, secondo l'analista Brian Kintslinger, la società ha al momento denaro per altri sette mesi.
L’obiettivo al momento è arrivare a qualche milione di clienti (ad oggi sono 1,5 milioni) e poi cominciare a lavorare sul modello di business, che potrebbe essere la vendita di dati dei loro clienti alle catene o alle distribuzioni, oppure un accordo più serio con le distribuzioni, magari avere un forte sconto sui singoli biglietti che sono stati venduti tramite loro, oppure ancora un accordo più serio con le sale, visto che a quel punto avrebbero il coltello dalla parte del manico (i loro clienti sarebbero più inclini ad andare nelle sale che accettano Moviepass). È la mentalità startup: un business fortissimo e non scalabile, finanziato con capitali venture, tramite il quale fidelizzare i clienti e solo poi, una volta in possesso di una massa critica, lavorare sul ritorno economico.

È un’illusione che lo streaming si stia mangiando la fruizione in sala. Netflix non capisce che guardare una commedia da soli non ha niente a che vedere con l’esperienza-fuori-di-casa” dice sempre Lowe. E alla fine anche un colosso delle catene di cinema americane come AMC, che in prima battuta aveva bandito le carte di credito Moviepass dalle proprie sale, ora si è ricreduto e le accetta: "Al momento possiamo solo dire che i nostri soldi hanno ricominciato a piacergli".

I dati al momento sono molto buoni. I biglietti acquistati tramite Moviepass sono il 3% del totale venduti negli Stati Uniti, e diventano il 10% per i film che la società pubblicizza. Inoltre per Wonder Woman i biglietti Moviepass sono stati l’1% del totale nel weekend d’apertura ma nel secondo, quando il film com’è normale ha perso il 27% degli incassi, i biglietti Moviepass erano il 2,17% del totale. Questo perché quando un film non è la priorità per lo spettatore ma il “secondo in lista da vedere” è più facile che venga visto se ormai l’abbonamento è pagato. Stesso discorso per Coco.
Questione diversa invece su un film più piccolo come Tre Manifesti ad Ebbing, Missouri, i biglietti acquistati tramite Moviepass hanno inciso per il 10% nel weekend d’apertura.

Moviepass è infatti un’idea che incide relativamente sui blockbuster e più seriamente sul film mid-budget, quello da 20-30 milioni di dollari, lo stesso che fa più fatica in sala: “I nostri clienti raddoppiano i film che vedono in sala da quando stanno con noi. E una grandissima parte di quei biglietti staccati in più sono per film di mid-budget” dice il CEO Mitch Lowe. C’è da credergli fino ad un certo punto, visto che non a caso quella è proprio la categoria di film che vorrebbe iniziare a co-distribuire, quella i cui distributori e produttori più sono sensibili a nuovi modi di portarli in sala. La loro versione dei fatti del resto è che i film medi non sono promossi adeguatamente, e loro invece sanno bene come farlo. Di fatto sono pronti ad investire e, dicono, a garantire.

Ecco allora la maniera definitiva per iniziare a fare soldi: distribuire i film avendo sulle spalle una base utenti così larga da poter "dirigere il traffico". Se davvero Moviepass è in grado di fare la differenza sul comportamento dei suoi clienti, se davvero con il suo marketing e la conoscenza che ha dei clienti (tramite i dati), può direzionarli, allora distribuire un film in prima persona è la maniera migliore di creare un business "sicuro". Si porta in sala una pellicola, si spinge la propria grande base utenti a vederlo, si stringono accordi con le sale per tariffe più vantaggiose (altrimenti semplicemente le si sconsiglia ai clienti).

Evidentemetne all’industria Moviepass non piace molto, perché, dicono, cambia il valore di un film. Per chi ha quella card e sottoscrive quell’abbonamento un film non vale più 10$ (il costo medio di un biglietto in America) ma tutti quelli che puoi vedere valgono 8$ al mese. Come Netflix del resto. E questo, concettualmente, è qualcosa che secondo loro costituisce un rischio. In realtà va precisato che questo modello, quello di Netflix, appartiene originariamente alla pirateria (tutti i film che vuoi senza pagare, oppure pagando un forfait mensile bassissimo nel caso dei locker illegali). Insomma è stata già la pirateria da sola, con il suo trionfo, a stabilire che un film, come del resto un brano musicale, in sé non ha più valore, perché se si può trovare in buona qualità gratis il suo valore allora diventa quello. Ciò che di volta in volta si paga quindi non è più l’opera, ma il servizio: un buon flusso di stream stabile, un’interfaccia semplice da usare, l’app che si trova già nel televisore, le esclusive o, nel caso dei cinema, la sala in sé.

Moviepass sembra averlo capito e con un modello decisamente aggressivo sta facendo segnare ottimi numeri sia per la quantità di abbonati, sia per la capacità di incidere nel successo dei singoli film. Ora che inizia a co-distribuire si vedrà seriamente quanta differenza possa fare.

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