Con una buona mezz’ora di ritardo rispetto all'orario previsto, il cast di Hunger Games: la Ragazza di Fuoco ha presentato oggi il film nella conferenza stampa organizzata nell'ambito del Festival di Roma (leggi la recensione). I giornalisti si sono dimostrati molto interessati, in particolare, alla performance di Jennifer Lawrence (che nel 2013 ha vinto l'Oscar come miglior attrice per Il Lato Positivo), ma non è mancata qualche domanda per gli altri talent presenti.

Sulla difficile gestione di un sequel tanto atteso (il primo film della saga ha incassato 406 milioni di dollari soltanto negli Stati Uniti), i produttori Nina Jacobson e Jon Kilik si sono espressi sottolineando le nuove e più alte ambizioni di questo secondo episodio.

Nina Jacobson: Con il secondo film, sapevamo di dover rispettare le aspettative dei fan, anche perché nel frattempo il pubblico degli appassionati era cresciuto a dismisura. Ma dovevamo anche portare il materiale filmico al livello successivo, dato che l’universo del film viene ampliato: scopriamo nuovi personaggi e nuove ambientazioni, passiamo più tempo a Capitol City. È un film più ambizioso e speriamo che si noti.

Jon Kilik: Per questo film ci sono delle aspettative molto elevate, inoltre il nostro compito era quello di sostenere Francis, il nuovo regista, e la sua visione.

Ma è Jennifer la vera protagonista dell'incontro, assediata dalle domande che finiscono tutte per vertere sulla sua performance e sul rapporto col personaggio dell'eroica protagonista del film, Katniss Everdeen.

Quando ho letto i libri, mi sono sentita molto felice che esistesse un personaggio così, perché la trovo un' un’ottima ispirazione per i giovani. È una grande responsabilità interpretarlo, perché le persone ti ascoltano e ti seguono. Tutti continuano a chiedermi se senta pressione a lavorare a questa o a quella saga (la Lawrence fa parte anche dello stellare cast del prossimo X-Men: Giorni di un Futuro Passato, ndr) ma, anche se so che può suonare come un cliché, la verità è che io amo il mio lavoro, amo recitare e scelgo i film che interpreto in base allo script, ho sempre fatto così. Non faccio attenzione alla pressione, perché mi diverto e non penso a ciò che viene scritto su di me.

Jennifer Lawrence ha anche ricordato la prima, fortunata esperienza in un festival italiano: era il 2008, e la bella attrice vinse il premio Marcello Mastroianni al Festival di Venezia per The Burning Plain. "Uno dei momenti più eccitanti della mia vita", ha dichiarato durante la conferenza. E a proposito della vita post-Oscar, la giovane diva ha rassicurato di non essere cambiata.

La mia vita non è cambiata molto: i premi sono belli e migliorano la mia carriera, ma non cambiano la mia vita personale, sono semplicemente grata per ciò che mi è capitato. Vorrei avere più in comune con Katniss. Lessi il primo libro a 19 anni: quando Katniss va via dal distretto 12 si sente alienata, fuori dal suo ambiente, e devo dire che qualcosa in comune ce l’abbiamo. Perché, come dicevo, io non sono cambiata affatto con il successo, ma è brutto quando la gente ti tratta in maniera diversa anche se tu sei rimasta la stessa.

E la vecchia questione del peso? Jennifer non si è mai voluta uniformare al modello di bellezza smunta tanto in voga oggi.

Quando ero più giovane, spesso mi chiedevano di perdere peso e io ci stavo male, perché mi sentivo bene con me stessa ed era doloroso. So che molti registi hanno quest’idea di corpo perfetto, impossibile da ottenere, e mettono una pressione assurda alle persone. La gente ci guarda, guarda i nostri corpi e ci confronta con attori che hanno personal trainer o vengono photoshoppati. Penso che i media non si prendano la responsabilità di gestire il rapporto tra il pubblico e l'immagine stereotipata degli attori. Sono stanca delle diete, penso che dovremmo cambiare il modo di considerare la bellezza.

 

 

Come ci si sente a lavorare a un film in cui ci sono manifestazioni di divismo intorno ai personaggi, manifestazioni che somigliano a quelle di cui sono oggetto gli attori?

Jennifer Lawrence: Raccontare questa storia è stato molto importante. Suzanne Collins aveva un’idea, una storia sulle conseguenze della violenza sui bambini e sui teenager. La cosa incredibile è che è diventato un fenomeno, noi abbiamo la possibilità di raccontare storie che vedranno tutti, e che hanno un significato e dei riflessi sul mondo che ci circonda.

Finalmente, qualche domanda è arrivata anche per i due compagni di set della Lawrence, Liam Hemsworth (che interpreta il fidanzato "segreto" di Katniss, Gale) e Josh Hutcherson (che interpreta il "tributo" Peeta, innamorato di Katniss).

Josh Hutcherson: Non capita spesso di lavorare a un film con così tanto significato e così tanto successo. Come attori, a noi piace fare film significativi, ma spesso si tratta di film indipendenti. Con questo blockbuster è capitato lo stesso, e ora è come se stessimo seguendo il victory tour.

Liam: Gale è un personaggio pieno di passione e qui lo vediamo crescere, inizia a ribellarsi e a mettersi in gioco. Katniss si rifiuta di farsi cambiare dal contesto, anche se la sua vita è a rischio si mette in gioco. Anche Gale e Peeta fanno così, si rifiutano di farsi trascinare in una cosa che non condividono e questa è un' ispirazione importante per i giovani. I giovani non devono fare ciò che non vogliono fare.

C'è chi, tra i giornalisti, azzarda addirittura un parallelo tra la saga di Hunger Games e quella di Star Wars. Il regista risponde così:

Francis Lawrence: Onestamente, penso che la storia sia molto diversa da Star Wars. Katniss è molto diversa da Luke, che compie il cammino dell’eroe… lui vuole vivere un' avventura, combattere il lato oscuro… Katniss vuole sopravvivere  proteggere la sua famiglia. Comunque, sono un grande fan della trilogia originale di Star Wars. Con gli sceneggiatori, abbiamo parlato anche di questo.

Interrogato sugli scherzi che, da indiscrezioni, hanno caratterizzato le riprese del film, Josh Hutcherson ha detto:

Lo scherzo migliore l'ha fatto Jeffrey Wright: aveva una scatola di Tiffany e l’ha data a Jennifer, dicendogli che era per il suo Oscar. In realtà, era piena di grilli. Lei si è messa ad urlare, ma Jeffrey per settimane ha avuto i grilli in albergo anche lui a causa di quello scherzo.

Francis Lawrence si è trovato nella difficile situazione di dover sostituire il regista del primo, fortunato capitolo della saga, Gary Ross. Ma l'esperienza è stata più che positiva:

Per me è stato eccitantissimo. Il fanbase e le sue aspettative mi davano un' enorme energia, l’unica persona che conoscevo bene sul set era Lenny Kravitz, gli altri erano tutti nuovi per me. Sono tutte persone di talento, e mi hanno accettato con entusiasmo e gentilezza. Abbiamo collaborato insieme e penso che in questo modo sia andato tutto bene. È stato creativamente stimolante, e per nulla spaventoso.

È anche arrivato l'inevitabile confronto con Battle Royal, che racconta temi analoghi mostrando però la violenza con filtri molto meno tenui.

Nina Jacobson: Beh, la cosa importante di questi film è l'effetto che la violenza ha sugli uomini. Basta pensare al decennio di guerre che gli USA stanno vivendo. Uomini che vanno in guerra e tornano con ferite inguaribili. Come regista, Lawrence è un regista molto bravo a far vivere al pubblico l’esperienza della violenza, le sue conseguenze, l’impatto sui nostri personaggi e non la violenza in sé. In questo senso, penso che sia più potente vedere le conseguenze della violenza e non le violenza vera e propria.

Francis Lawrence: A me interessano solo i danni, le perdite, le conseguenze, l'impatto emotivo, non la violenza in sé. All’inizio del film si vede bene lo stress post-traumatico che Katniss vive dopo gli Hunger Games.