Abbiamo avuto il piacere di parlare con Juliet Snowden e Stiles White prima che uscissero i dati del primo weekend di box office del loro piccolo teen horror Ouija prodotto dalla Platinum Dunes di Michael Bay e dalla Blumhouse Productions.

Non avemmo quindi il tempo di fare i complimenti alla coppia (anche nella vita) di sceneggiatrice e regista per il risultato ragguardevole di 50 milioni di dollari incassati in totale in Usa a fronte di un budget di soli 5. Worldwide il film è arrivato a 75 milioni di dollari di incasso.

Nonostante una critica non particolarmente entusiasta (38/100 su Metascore) sembra che Snowden & White siano riusciti a realizzare un adattamento di successo da quello che ora è saldamente un gioco Hasbro. Ma non erano tavolette per l’evocazione di spiriti?

Prima di tutto… noi in Italia non lo conosciamo come gioco. Ci raccontate qualcosa della tradizione ludica, e non solo, delle tavolette Ouija nei vostri Stati Uniti d’America?

Juliet Snowden: La tavoletta Ouija è venduta in tutta America ed è un giocattolo molto popolare. La puoi trovare accanto al Monopoli in un qualsiasi negozio di giocattoli. La trovi ovunque negli Stati Uniti d’America… e anche in Inghilterra. Molti di noi americani sono cresciuti avendola ben conservata nel nostro armadio dei giocattoli e molti di noi americani, quando eravamo ragazzini, erano sinceramente terrorizzati da questo strano oggetto. Io ero una di quelle ragazzine terrorizzate dalla tavoletta Ouija. Ce l’avevo a casa e vedevo le mie sorelle giocarci spesso. Io ero troppo spaventata anche solo per toccarla.

Stiles White: Prima che diventasse un board game di notevole successo, la tavoletta Ouija funzionava come connettore tra il mondo fisico e mondo metafisico. La chiamavano weegee board, spirit board o talking board e durante il movimento dello Spiritualismo, alla fine dell’1800 negli Stati Uniti d’America, la tavoletta poteva essere trovata presso molti meeting per contattare gli spiriti di persone care trapassate. Con il passare degli anni è diventata un giocattolo che può essere acquistata nei negozi ma in passato era una cosa seria. Quando con Juliet abbiamo cominciato a lavorare al progetto del film, la Hasbro (nel 1991 ha rilevato i diritti della Ouija da Parker Brothers, N.d.R.) ci ha detto subito che avremmo dovuto usare la tavoletta come dispositivo e non come gioco. Potevamo fare quello che volevamo e andare in mille direzione ma fondamentalmente dovevamo usare la tavoletta come un tempo era usata, mettendo da parte l’idea ludica del giocattolo. Il plot allora ci è venuto molto naturale e abbiamo pensato a un gruppo di giovani amici dove si cerca di contattare un membro della comitiva dopo che è morto attraverso la tavoletta Ouija. A quel punto parte il mistero legato alla morte dell’amica e il mistero legato a questa particolare tavoletta Ouija apparentemente stregata. E’ una scena molto consueta quella di vedere due ragazze che giocano con la Ouija negli Stati Uniti d’America. Di solito una delle due vuole spaventare a morte l’altra.

L’immagine delle labbra cucite è piuttosto forte per questo tipo di produzione. Come siete arrivati a concepirla?

Il film parla di un passato oscuro e di un segreto legato a quella tavoletta. Il segreto può e deve essere rivelato dentro il nostro film

Stiles White: Il film parla di un passato oscuro e di un segreto legato a quella tavoletta. Il segreto può e deve essere rivelato dentro il nostro film. Allora ecco che le labbra cucite devono simboleggiare l’idea di qualcosa che debba essere tenuto nascosto ma che in un modo o nell’altro era già uscito (ed ecco perché quella persona è stata punita) e deve poter uscire nuovamente dalla bocca di uno dei personaggi. L’immagine è scaturita da questa semplice idea.

Perché avete deciso di ambientare una delle scene più forti del film in un sottopassaggio cittadino?

Stiles White: Volevamo uscire fuori casa per una grande scena. Gran parte del film si svolge dentro degli interni casalinghi. Ci serviva un personaggio che rompesse questo dominio degli interni nel film e potesse andare fuori dalla casa. Trevor è del gruppo di amici quello più dinamico. Abbiamo pensato che potesse fare quel sottopassaggio con la sua bicicletta e così abbiamo pensato che il tunnel potesse essere un luogo contemporaneamente altamente simbolico e realistico. E’ uno di quei luoghi che può essere spaventoso a qualsiasi orario del giorno e della notte. Sapevamo che potevamo creare una scena molto interessante e spaventosa in un luogo del genere.

Avete pensato che inserire Lyn Shaye nel cast vi avrebbe attirato la critica di voler copiare troppo le atmosfere di Insidious?

Stiles White: Lyn Shaye è una mia cara amica e aveva già recitato in un mio progetto di cortometraggio. Ci conosciamo molto bene. Volevamo un personaggio che avesse un forte legame con quello che era successo nella casa e in relazione alla tavoletta Ouija maledetta. Abbiamo cominciato a fare dei calcoli sull’età e abbiamo cominciato a lavorare in sceneggiatura su un personaggio che chiamavamo “Alla Lyn Shaye”. Alla fine dell’ultima riscrittura ho guardato tutti e ho detto: “Ma perché non chiamiamo proprio Lyn per la parte?!”. Lyn ha accettato immediatamente e posso dire che ci siamo trovati benissimo con lei. E’ stata eccezionale. Quando entra in scena Lyn il film assume un altro tono e vibrazione. Qualcosa di più classico che ci piaceva moltissimo perché Lyn ha un carisma tale che tu senti che il suo personaggio ha veramente qualcosa da dire all’interno del film.

Conoscendo la vostra provenienza dagli effetti speciali… mi sarei aspettato un film più ricco di trucchi e vfx. Come mai uno stile, invece, così sobrio nell’effettistica?

Stiles White: Volevamo essere reali. Era una storia di fantasmi e di case maledette. Gli effetti dovevano essere poveri e realistici fino alla fine. Sono stato in grado di chiamare il mio amico Mike Smithson e Mike è un nominato all’Oscar per Austin Powers – La spia che ci provava. Lui ha creato quasi tutto l’impianto vfx del film. Abbiamo optato per la sottrazione perché questo è un film che vince grazie alla sottrazione.

Come avete scelto Olivia Cooke per il ruolo principale di Laine Morris?

Stiles White: Volevamo un attore nuovo come protagonista e avevamo da poco visto la serie tv Bates Motel. Olivia ci piacque così tanto che abbiamo passato il suo nome ai nostri produttori… i quali la stavano già monitorando per nuovi film! Per cui è stato un segno del destino e un comune interesse nei suoi confronti. Quando è venuta per il provino aveva già tutto precisamente in testa. Sapeva perfettamente come sarebbe dovuto essere il personaggio. Ha fatto un provino con una scena drammatica e non horror e ci ha veramente impressionato. E’ un’attrice di grande talento.

Fondamentale l’assenza dei genitori in film del genere. Ma non pensate di avere esagerato isolando così tanto i personaggi adolescenti?

In America abbiamo un sottogenere dell’horror denominato teen horror. In questi film devi assolutamente cancellare la figura del genitore

Stiles White: E’ un rischio che dovevamo prenderci a tutti i costi. In America abbiamo un sottogenere dell’horror denominato teen horror. Michael Bay e gli altri produttori ci hanno dato il compito di realizzarne uno efficace e possibilmente bello. In questi film devi assolutamente cancellare la figura del genitore. Di solito nel teen horror si utilizza allora l’escamotage del viaggio dei giovani lontano da casa per un campeggio estivo dove tutti vengono orribilmente uccisi. In questo film abbiamo cercato di giocare meno sul sicuro e avere a che fare con dei personaggi di adolescenti che fossero tali ma meno esagerati e irresponsabili rispetto alla media dei teen horror movie cui siamo abituati. Quindi abbiamo deciso di ambientare il film in una città ma avevamo bisogno che i genitori non entrassero in alcune delle scelte chiave di questi adolescenti. Abbiamo anche cercato di circondare i nostri giovani protagonisti di pochi adulti ambigui nei confronti dei quali ci potessero essere dei sospetti riguardo la loro reale intenzione di aiutare o meno. Lyn Shaye nei panni di Paulina Zander è il personaggio migliore da questo punto di vista. Tutti i genitori dei nostri protagonisti, infine, hanno dei lavori che li portano fuori città e tutto questo per arrivare al tema sotterraneo che è: quando sei giovane, certe cose le devi risolvere da solo.

Conclusione. I vostri horror preferiti?

Juliet Snowden: Vuoi chiedermi dei miei film horror preferiti…che non ho visto perché ero troppo spaventata? Adoro Rosemary’s Baby (1968). Il mio preferito. Stiles e io siamo sposati e abbiamo un bambino di 10 anni per cui per una donna è molto facile e bello immedesimarsi in Rosemary’s Baby. Mi piace molto il primo Il presagio (1976). L’abbiamo rivisto due anni fa e mi sono così spaventata così tanto che ho dovuto spegnere.

Stiles White: Se dovessi sceglierne uno e uno solo… sarebbe sicuramente Psyco (1960) di Alfred Hitchcock.