Steve McQueen non è uno di quei registi che ti dice quel che ti vuoi sentire dire. Non ha paura a fare il ruvido, a rispondere in maniera anche apparentemente antipatica se una domanda non gli è piaciuta. E’ un’artista che continuamente, senza timore di presunzione (parlano i fatti), si definisce come tale e che qualsiasi impegno prenda, che si tratti di un’installazione, un film o un’intervista, la prende di petto. Non asseconda: imprime il suo marchio.

Lo incontriamo a Venezia, completamente assorto in un articolo del Washington Post, per parlare di Shame. La sua stretta di mano è possente quando ci si presenta l’un l’altro, poi ci si risiede, si fa partire il registratore e inizia l’intervista.
 

In Shame l’utilizzo della musica è fondamentale per descrivere il carattere del protagonista. Che tipo di ragionamento hai scelto quando hai deciso di alternare pezzi di musica elettronica a pezzi classici di Bach?
Quel che mi interessava era suggerire l’idea di una persona molto matematica e in questo senso sia la musica minimalista di alcune sequenze così come quella di Bach corrispondevano appieno alle mie esigenze. Brandon, il mio protagonista, è un uomo che vive di ritmi preordinati, dal percorso per andare in ufficio alle azioni che svolge appena rientra in serata a casa. E’ per questo che l’arrivo della sorella lo irrita: non riesce più a rispettare i suoi piani. In questo senso ho scelto questo tipo di musica “matematica” per sottolineare la regolarità del suo essere, mentre quando ho avuto bisogno di mostrare la sua sensibilità, mi sono affidato ad una canzone, New York New York di Liza Minelli, che per me è un pezzo jazz e jazz significa improvvisazione, assoli improvvisi sulla base solida del resto degli strumenti.

In conferenza stampa hai dichiarato che non riusciresti a fare un film senza Michael Fassbender. Significa che ci sarà anche lui nel tuo prossimo progetto, 12 Years a Slave? In caso, che ruolo avrebbe?
Non lo so ancora, stiamo vedendo i tempi di produzione e le disponibilità di entrambi. Purtroppo non posso dire niente neanche rispetto al ruolo, il film non è ancora scritto completamente e potrebbero cambiare alcune cose.

Anche in questo caso hai in mente una colonna sonora particolare?
Forse definire particolare è esagerato, ma ho in mente alcune cose e ci sto lavorando assieme al cantautore Plan B. E’ un bel tizio lui, molto intelligente.

Il protagonista di Shame ricorda per certi versi quello di American Psycho: età, lavoro, solitudine, ossessione… ti ha ispirato in qualche modo o è tutta una coincidenza?
Io sono un’artista, faccio cose, non mi metto a pensare a niente e non prendo ispirazione da nessuno. Il risultato di qualsiasi mia lavoro è il frutto del mio cervello e basta

Ma c’è un genere di film che ti piace particolarmente guardare?
Quelli belli.

Va bene, passiamo oltre… Pensi di tornare prossimamente a lavorare solo come videoartista o ormai sei completamente votato al cinema?
E’ difficile dirlo, per ora ho solo il cinema in testa, mi piace raccontare storie e sento di avere bisogno di questo. Indirizzo il mio lavoro a seconda di certi stimoli che non nascono in maniera razionale, quindi è difficile dirlo.

Quanto c’è di simile nei protagonisti di Shame e Hunger?
Sicuramente sono due persone solitarie e che usano il proprio corpo come modo di rapportarsi verso l’esterno. E poi sono interpretati entrambi da Michael Fassbender e già questo porta da sé molti punti in comune.