Berlino 2013, An episode in the life of an iron picker: la recensione

Dopo film abbastanza scialbi e privi di personalità (sebbene in certi casi di gran successo) Danis Tanovic punta più alto e centra una storia e un'idea originali...

Critico e giornalista cinematografico


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Abbandonate le caratteristiche scialbe di Triage e No man's land che ne avevano fatto prima la fortuna (con un oscar e l'ingresso nel salotto buono del cinema) Danis Tanovic approda a un altro tipo di cinema. An episode in the life of an iron picker ricalca il cinema autorialissimo ma lo fa con un'adesione e una mimesi stavolta degne di nota. Fa l'autore Tanovic, quello austero e dedito alla causa, ma lo fa bene, imitando benissimo tutti i luoghi comuni della figura e trovando anche un tema e una storia con più di un perchè.

Un film come quest'ultimo, tutto giocato su attori non professionisti che rimettono in scena un episodio vero della loro vita, e sull'indifferenza della società nei confronti delle esigenze (in questo caso la lotta per sopravvivere ad un male) dei più indigenti, è condotto dal regista con fare semidocumentaristico, con macchina ovviamente a mano molto mobile che non disdegna di segnalare la sua effettiva presenza (ad un certo punto riceve un colpo da una scala portata in spalla e la si vede agitarsi per la botta). Scarti di senso che generano un senso di straniamento da metalinguaggio che tuttavia stona in un film infame che racconta storie infami in contesti infami.

Una famiglia oltre la soglia della povertà, che sopravvive vendendo il ferro delle macchine spaccate a peso, vede la madre subire un aborto spontaneo. Di conseguenza servirà un'operazione per la quale non ci sono i soldi e ovviamente nemmeno l'assicurazione medica. La clinica non ne vuole sapere di operare comunque, nonostante le richieste e la donna di giorno in giorno, di viaggio in viaggio, di tentativo in tentativo, di richiesta in richiesta si avvicina sempre più alla morte.

Ci sono inquadrature sfuggenti di centrali nucleari sulla strada tra il villaggio e l'ospedale, ci sono le istituzioni indifferenti e gli amici generosi, ci sono i familiari e ci sono servizi sociali più o meno efficienti, ma più di tutti il titolo del film sembra creare il percorso inferenziale più suggestivo per una storia piccola che vista troppo da vicino potrebbe non voler dire nulla (si apre e si chiude senza lasciare strascichi, con un atteggiamento da servizio di un supplemento di telegiornale) ma che vista come parte di un mosaico più grande getta nel terrore.

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