La recensione di Godland, in uscita il 6 gennaio in sala

C’è prima il titolo in danese e poi il titolo in islandese all’inizio di Godland (è lo stesso titolo, solo nelle due lingue), è un film di transizione in cui un danese, un prete di fine ‘800, viene mandato ad evangelizzare l’Islanda. Non sa la lingua, non conosce i luoghi, imparerà a conoscere entrambi con difficoltà. È una persona mite, non è certo un prete energico, e finisce in una landa ostile con una guida non proprio amichevole, un modello maschile di certo più duro di lui, fino ad incontrare una piccola comunità alla quale portare la parola di Dio quando ormai lui stesso sembra non esserne più così convinto. Il film è per poco più di metà il suo viaggio in una terra gelida che lo mette alla prova fisicamente e mentalmente (eccezionale il momento in cui, solo, in tenda di notte con una candela chiede pietà a Dio, vuole desistere e sì risponde da sé, cioè fa la voce di Dio e sì dà le risposte spietate!) e per il resto il ra...