Inizia con uno dei protagonisti che viene malmenato un film in cui più volte si finisce a pensare che forse non era una cattiva idea, e in fondo poche gliene hanno date. Laila In Haifa è l’apoteosi di Amos Gitai, il film peggiore di una carriera votata al martirio (dello spettatore), la più esplicita dichiarazione di fatica di fronte al tempo moderno, di fronte al cinema come macchina delle attrazioni e anche proprio di fronte al lavoro di cineasta.
I temi sono sempre quelli, quelli grandissimi e giganti della sua terra (il contrasto e la convivenza più che difficile tra israeliani e palestinesi), l’arte e la sua importanza in tempi difficili, l’amore. Il modo di affrontarli è il più immediato: tante coppie in un locale, seguiamo un po’ gli uni un po’ gli altri che litigano, battibeccano e si minacciano. Ogni coppia porta un “tema”. Nessuna porta del cinema.
Il problema, come sempre, è che Gitai sembra pensare i suoi film intorno ad una posizione politica e poi li scrive in funzione di...
La punta più insulsa e pretenziosa della pretenziosa carriera di Amos Gitai arriva con Laila in Haifa
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