La recensione di Le vele scarlatte, il film d’apertura della Quinzaine di Cannes

C’è in Pietro Marcello una strana forma di fascinazione per gli artisti, o meglio per un certo tipo di artista. Da quando fa film di finzione sceglie di adattare storie in cui le loro figure sono spigolose, è innamorato del lato autodistruttivo di chi fa un lavoro artistico e delle persone che rifiutano relazioni convenzionali con il resto del mondo, che non si adattano, non mediano, non si piegano. Subendone le conseguenze. Forse Martin Eden ne è stato l’esempio migliore, di certo il più chiaro, ma anche Le vele scarlatte propone quel tipo di figura, un uomo durissimo, un falegname, che fatica a trovare un posto per via delle sue reazioni e poi anche del suo carattere. Artisti ma mai abili promotori di se stessi, geniali ma mai capaci di intrattenere rapporti formali, farsi amicizie e agevolare il proprio percorso nell’industria culturale.

Certo, non è proprio un’industria culturale quella in cui si...