N-Capace, la recensione
Partendo da se stessa e finendo a se stessa Eleonora Danco con N-Capace aggrega materiale ottimo facendone l'uso più scialbo possibile
Mentre la stessa autrice nei suoi interludi teatrali si pronuncia apertamente a favore della memoria, del ricordo e della lotta per tutto ciò che è stato e non è più (i cambiamenti in questo film sono sempre quelli verso il peggio), beandosi delle spontanee reazioni degli astanti alle sue scialbe perfomance teatrali, gli intervistati parlano di terribili violenze tra marito e moglie, di educazioni materne dure e costrittive, di società troppo ingerenti nella vita personale e poi, di colpo, dell'esatto opposto, cioè di un mondo in cui nulla sembra contare niente, le istituzioni come la scuola si saltano, non si frequentano o si trascurano e il lavoro è un miraggio di pragmatismo. Solo il padre dell'autrice merita un trattamento diverso, della sua intervista vediamo le parti di racconto al pari del "fuori scena", cioè la lotta con la figlia per mantenere una forma di pudore e privacy davanti all'obiettivo.
Sarebbe compito di chi guarda trarre qualcosa dal grande raffronto del film, tra questi due esempi lontanissimi di gioventù, e non è nemmeno difficile farlo. Ciò non leva che la mancanza di sguardo di Eleonora Danco su ciò che racconta dà vita sia al più piatto dei montaggi (durante le interviste), sia alla più retorica delle prese di posizioni narciso-retroguardiste (negli intermezzi che la vedono protagonista).