Sette anime
Un uomo entra misteriosamente nelle vite di alcuni sconosciuti per aiutarli. Intenzioni interessanti, ma risultati sconfortanti per l'ultima fatica di Gabriele Muccino e Will Smith...
Recensione a cura di ColinMckenzie
TitoloSette animeRegiaGabriele MuccinoCastWill Smith, Rosario Dawson, Woody Harrelson, Barry Pepper, Michael Ealy
Uscita9 gennaio 2008
Curioso. Ancora una volta, non sono d'accordo con il giudizio della critica americana, che ha generalmente stroncato questo Sette anime, un po' come aveva fatto con Changeling. Tuttavia, non sono i giudizi duri a lasciarmi perplesso (che il film sia brutto è innegabile), quanto le ragioni. Si parla di un film ultrasentimentale, stucchevole e lacrimoso. O sono diventato un robot io o semplicemente questa pellicola è noiosissima e non fornisce nessuna emozione.
La prima mezz'ora incuriosisce un po', ma il problema è che non ci appassiona, caratteristica di tutta la pellicola. In effetti, il problema vero è questo. Vuoi fare un melodramma? Devi rischiare di eccedere e di farti massacrare, come capitato al Clint Eastwood di Changeling, senza magari prendersi così tanto sul serio come fanno i realizzatori di Sette anime. Di sicuro, non puoi fare un prodotto così freddo, che non riesce a suscitare sentimenti forti neanche nella tanto strombazzata scena dell'erba con i tre protagonisti (compreso il cane, che non è il meno espressivo del terzetto). D'altronde, Muccino praticamente ci mostra soltanto due delle sette anime beneficiate dal protagonista e in un caso (il pianista interpretato da Woody Harrelson) siamo più nel campo della falsa poesia costruita a tavolino che di un personaggio a tutto tondo. Insomma, per cosa ci dovremmo emozionare, se non abbiamo modo di conoscere queste persone? A questo punto, non sarebbe stato meglio puntare i riflettori soltanto sulla cardiopatica? D'accordo, la pellicola ci vuole mostrare come il protagonista voglia compiere le sue azioni ma non stringere rapporti con gli altri, ma questo non significa che lo spettatore non debba provare niente.
Ma più che le scene eccessive (che poi non sono neanche tante), sono le situazioni a stupire. Lo sviluppo della storia, se analizzato con un minimo di raziocinio, non ha senso logico, ma è solo una sequenza di momenti a effetto (almeno, nelle intenzioni). E se c'è una cosa che lascia delusi nel lavoro di Gabriele Muccino, è la direzione degli attori. Stiamo parlando del regista che aveva tirato fuori la migliore interpretazione di sempre di Monica Bellucci e che aveva svolto un ottimo lavoro con Will Smith due anni fa per La ricerca della felicità. Qui, ovviamente, il problema è anche l'attore, che ormai (come giustamente notato dalla critica americana) rappresenta fin troppo spesso figure messianiche/divine (Hancock, Io sono leggenda, Hitch). Purtroppo, qui è decisamente troppo impostato e in difficoltà (come il suo personaggio) nell'esprimere le sue emozioni, tanto che la definizione di 'pesce lesso' non sembra fuori luogo. E comunque, anche per colpa della sceneggiatura, più che di un filantropo in cerca di redenzione, a tratti siamo di fronte a uno stalker, che fa pensare a un remake non dichiarato della pellicola francese Harry un amico vero.
Per quanto riguarda Rosario Dawson, è facile dire che è la migliore del lotto. Ma con un lavoro più approfondito (di sceneggiatura e di direzione degli attori) avrebbe potuto tranquillamente essere in lizza per i maggiori riconoscimenti dell'anno come non protagonista. Woody Harrelson non se la cava male (soprattutto all'inizio, alla fine molto meno), ma come già accennato deve reggere un personaggio poco credibile. Gli altri (Barry Pepper, Michael Ealy, Elpidia Carrillo, Robinne Lee) vanno considerati 'non pervenuti', anche per il breve tempo che hanno a disposizione.
Insomma, un film molto triste, sia nelle intenzioni che nei risultati artistici e (al momento) al botteghino. Speriamo che serva come monito sia a Muccino che a Smith, dai quali ci aspettiamo molto di più. Magari facendo qualcosa in meno...