La recensione di Troppo cattivi, dal 31 marzo nelle sale

La sua ispirazione tarantiniana Troppo cattivi la dichiara subito, con un pugno di citazioni nell’attacco. Un diner, due gangster che parlano di qualcosa di ordinario, un atteggiamento casual a fronte di un lavoro pericoloso e poi, se proprio non fossimo sicuri, sulla parete una foto dei personaggi nella stessa posa di Le iene. Quello che seguirà però non avrà niente di tarantiniano, anzi sarà in un certo senso la sua negazione. Il cinema di Tarantino si basa su uno strano senso del cool, su personaggi spesso nerd nei gusti che tuttavia hanno un carattere così marcato e princìpi così marcati (princìpi che sono i primi ad articolare e spiegare con dovizia) da essere memorabili. Troppo cattivi invece ha l’ansia della coolness, e tratteggia i suoi personaggi con il manuale della figheria banale. Tutto ciò che su carta dovrebbe essere cool, ma inevitabilmente finisce per non esserlo.

Certo, stavolta la Dreamworks dispiega uno sforzo ...