Wolverine - L'immortale, la recensione

Al secondo tentativo di spin-off Wolverine non riesce a convincere. Nonostante Mangold punti più sul romanticismo della figura e meno sull'azione, il risultato è piatto e scialbo...

Critico e giornalista cinematografico


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Non ha mai molta fortuna il povero Wolverine quando si stacca dal branco per i suoi spin-off e questo nonostante l'evidente impegno e la dedizione che Hugh Jackman profonde nel suo personaggio più caratterizzante, quello per il quale il suo fisico sembra più portato. Dopo la pessima prima versione delle avventure in solitario di Logan, sempre partendo dai veri fumetti (stavolta il ciclo giapponese), quello che questo secondo film conferma è la volontà di affrontare il personaggio partendo dai suoi poteri. Se infatti il primo Wolverine era tratto da Arma X e raccontava come l'adamantio sia entrato nelle sue ossa e come abbia cominciato a vivere alla stregua di un animale, questo affronta la questione del fattore rigenerante e i problemi che pone.

La prima differenza è tutta qua, concentrarsi molto meno in spiegazioni e dietro le quinte ma più sul dilemma interiore di Wolverine: vivere per sempre, non poter amare nessuno e avere un passato che torna a battere cassa di continuo. Wolverine: l'immortale non sempre confeziona un'azione realmente coinvolgente nè ha un ritmo indiavolato, ma se centra un obiettivo è quello di dare un po' più di profondità al personaggio, mostrandolo perseguitato da incubi, visioni e sensi di colpa.

Molto dopo gli eventi di X-Men 3, Wolverine (ormai barbone nei monti) è richiamato da una vecchia conoscenza, un soldato giapponese che ha salvato il giorno dell'esplosione di Nagasaki, il quale conosce il suo potere e sta morendo. Tra yakuza caratterizzati con i piedi, un giappone da leggenda metropolitana e doppiatori nippoitaliani, scoprirà che il desiderio del soldato morente (ora è un megamilionario a capo di un colosso tecnologico) è di fare a scambio: dare a Wolverine la mortalità, assieme ad una vita normale e prendersi il fattore rigenerante. Un affare vantaggioso...

La conseguenza di tutto ciò saranno ovviamente botte, ma non con le iperboli sanguinolente della saga originale disegnata da Miller: Wolverine - L'immortale è un film PG13 (ovvero sconsigliato ai minori di 13 anni non accompagnati) e si vede.

Un vecchissimo, ricco e potente che non vuole morire, un robot al suo servizio e una scena di autochirurgia, sono gli indizi che lo script non è stato concepito con il massimo della cura e dell'originalità ma utilizzandone altri (Prometheus) come scheletro basilare, una scena sul bullet train invece segnala che l'azione non segue nè una vaga plausibilità nè ha la forza stilistica che meritano le iperboli ("Ehi questo è il treno proiettile vero? A quanto va? 300 Km/h?" non sembrano osservazioni da Wolverine), infine un momento romantico con fuori il temporale fa cadere fragorosamente e definitivamente le braccia.

Non è che non si possa trarre uno spinoff dal personaggio di Wolverine, i pochi momenti onirici suggerisono che il margine esiste e che tra tutti forse Logan è quello con il fascino assurdo più pronunciato (un passato infinito e sconosciuto, un futuro imprevedibile, un amore malatissimo per una ragazza che è fidanzata con un primo della classe), ma ogni volta sembrano mancare voglia e impegno.

Persino la scena dopo i titoli di coda, realizzata per lanciare X-Men: Days of Future Past, è fatta particolarmente male.

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