I film veri dentro Scream e come tutto cambia con il nuovo capitolo

Dentro Scream, lo sappiamo, c’è Scream stesso tramite un alter ego, Squartati, una serie di film dell’orrore con protagonista Ghostface, ispirati ai massacri di Woodsboro che vengono alimentati da ogni nuovo massacro, quindi ogni nuovo Scream, e la cui evoluzione da originale a sequel, a trilogia, a franchise è lo specchio di quel che avviene allo stesso Scream.

Ma non c’è solo quello.

Fin dal primo film dentro Scream ci sono i film veri e i registi veri nominati, spiegati e sciorinati. L’obiettivo è sempre commentare quel che accade nel mondo dell’horror e inevitabilmente quel che accade nel mondo del cinema in generale.

Nel primo film per scherzo qualcuno parlava di Wes Carpenter confondendo due registi punto di riferimento (uno dei quali poi anche regista dello stesso Scream) per lo slasher, nel secondo toccava a Robert Rodriguez (regista di Squartati) e poi via via fino al Rian Johnson che viene “omaggiato” in questo nuovo Scream. Non sono mai nomi casuali, ma sono la rappresentazione dello spirito del tempo. Gli anni ‘90 infatti erano l’epoca del citazionismo, della retromania che montava e del cinema conscio di sé di Tarantino e Williamson voleva fare la stessa operazione solo con l’horror e quindi recuperando i maestri anni ‘70 e ‘80. Perché quello è l’unico capitolo che guarda dietro di sé, cioè che fa critica cinematografica accademica, studia il passato per commentare il presente.

 

scream tara ghostface

 

I film successivi invece fanno critica militante, cioè parlano del presente commentando il presente stesso, e allora nel secondo scopriamo che a dirigere l’alter ego di Scream è Robert Rodriguez. Era il 1999 Rodriguez aveva portato al cinema El Mariachi, la sua versione a budget alto Desperado, sì era buttato sull’horror grindhouse con Dal tramonto all’alba e aveva appena diretto invece un horror più convenzionale The Faculty, e Williamson aveva capito perfettamente che quella era la strada del cinema: prendere registi emersi nel mondo del postmoderno, elevarli dal cinema indipendente a quello di sistema e fargli fare film come Stab (in teoria l’adattamento da un romanzo di true crime bestseller, scritto da Gale Weathers).

La cosa ha una sua importanza perché molti film e del resto anche il primo Scream quando parlano di cinema fanno l’esatto opposto, cercano di parlare di qualcosa che vada bene sempre. I film più importanti che riflettono sul cinema stesso puntano ai massimi sistemi e in questo senso non invecchiano mai. Non invecchia la riflessione di L’occhio che uccide sul guardare o quella di Cannibal Holocaust su come guardare violenza cambi chi la guarda e via dicendo. Invece di volta in volta Scream vuole mettere un punto alla propria epoca, vuole essere un documento guardando il quale ad anni di distanza possiamo capire quegli anni.

Questa rimane l’impronta per la saga, rappresentare i movimenti del cinema, incorporarlo, mettere Heather Graham (attrice più che emergente) nella parte di Drew Barrymore, citare Tori Spelling e fare il punto della situazione ogni volta. Così quando arriviamo oggi al nuovo Scream e al suo discorso su Rian Johnson (regista di Cena con delitto ma anche di un film della saga di Guerre stellari) lo spirito è chiaro, intercettare qualcosa di estremamente presente e attuale per fotografare cosa accada. E tra tutto quel che potevano scegliere di questa epoca scelgono i casi di fan che disapprovano i nuovi capitoli di un franchise, specialmente quando si parla di saghe che hanno a che fare con originali di decenni precedenti (lo “stupro dell’infanzia” una locuzione carissima a chi si lamenta di questi problemi, è apertamente citata).

 

scream coltello

 

Così Rian Johnson appare come il nome giusto ma non solo. Perché se tramite Johnson il film commenta lo spettatore che entra con il ruolo di produttore, obbligando le produzioni a certe decisioni per i franchise, ci sono poi i moltissimi film horror di nuova generazione che vengono menzionati. Da The Babadook (forse il più menzionato) ad Hereditary il punto è segnare la differenza non tanto tra generi ma tra pubblici e massacrare i nostalgici. Questa nuova generazione protagonista di Scream ama i film A24, gli horror che definisce come più complessi e ambiziosi, in un modo o nell’altro lo dicono tutti anche se qualcuno mente (l’assassino, che desidera un ritorno al vecchio). E forse proprio perché Scream non è più di Kevin Williamson, ma è stato scritto da James Vanderbilt e Guy Busik che adesso più che mai sembra che l’amore più grande la saga lo abbia proprio per gli horror cui non somiglia.

Le figure migliori sono quelle infatti che guardano ai film citati, agli horror di nuova generazione, che vivono il presente del cinema e non sì abbandonano nel culto del passato. Addirittura nemmeno hanno visto i film della serie Stab se non distrattamente. Mentre sempre di più, tramite il gioco con i registi contemporanei e i film contemporanei, capiamo che le figure peggiori sono quelle che si guardano indietro, i fan che massacrano di post, quelli che pretendono fedeltà e novità insieme, quelli che sì ergono a tenutari di una memoria, di un ricordo e di una tradizione molto più degli stessi autori delle opere di cui sono innamorati. Questo è il grande salto che la saga fa con questo film, quello di prospettiva e di adesione sentimentale. Emancipata dagli anni ‘90, dal postmoderno e dal culto del passato, schifata da ciò che questo è diventato e dalle conseguenze che ha avuto sull’industria, non può che schierarsi con chi vive il presente del cinema.

Trovate tutte le informazioni su Scream (2022) nella nostra scheda del film.

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