Guardando i titoli di coda dei film di Stanley Kubrick si leggono centinaia di nomi. Maestranze, artisti, collaboratori che hanno contribuito a creare capolavori. È da poco scomparso a 74 anni l’uomo che, con la sua carriera e il suo rapporto con il regista, le rappresenta tutte. La sua storia si fa racconto dell’opera collettiva che è la creazione di un film; dei maestri che non lavorano da soli, dei geni che hanno bisogno di un secondo parere. Leon Vitali, fu la spalla di Kubrick per molti anni. È ricordato come uno dei maggiori conoscitori del suo pensiero, punto di riferimento dopo la morte del regista per la preservazione delle sue opere.

In ricordo di Leon Vitali

La carriera di attore di Leon Vitali iniziò con la partecipazione in prodotti per la TV britannica come Softly, Softly: Task Force, Follyfoot, Z Cars. Ebbe una parte anche nel film italiano Si può essere più bastardi dell’ispettore Cliff? Detto da Massimo Dallamano nel 1973

La svolta della sua vita fu però l’incontro con Stanley Kubrick. Vitali rimase affascinato dalla visione di 2001: Odissea nello spazio e iniziò a interessarsi alle sue creazioni. Fu la performance di Malcolm McDowell in Arancia Meccanica a instillargli il desiderio di lavorare con lui. Diventò in poco una ragione per andare avanti nel suo lavoro ed entrare in un suo film. Un sogno che realizzò. Fu infatti Lord Bullington in Barry Lyndon con grande soddisfazione di entrambi. Un ruolo che gli diede una drastica accelerata alla carriera. Divenne in poco richiestissimo.

L’esperienza sul set gli aveva però cambiato li suoi progetti futurI. Mentre recitava la parte di Victor Frankenstein osservava il processo di produzione del film e se ne innamorò. Rifiutò così gli ulteriori ruoli che gli vengono proposti e decide di lavorare fianco a fianco con Stanley Kubrick sul set di Shining.

Da quel momento in poi il sodalizio è assoluto. Gli viene assegnato il ruolo di assistente personale al regista. Ma è molto di più: un braccio destro e un facilitatore, un tuttofare. Come raccontato nel documentario Filmworker, a lui dedicato, non c’era compito che non portasse a termine, da quelli manuali a quelli più intellettuali. Supervisionò le edizioni home video, facendosi portavoce per le correzioni delle strategie promozionali. Nei giorni delle riprese era una voce fidata per Kubrick, e una figura ponte rispetto al dialogo con il cast e gli altri lavoratori.

Il metodo del regista, fatto di perfezionismo, ossessione per il controllo e richieste impossibili, veniva da lui umanizzato e “tradotto” proprio grazie alla sua preparazione da attore. Contribuiva al clima produttivo sul set, e a tirare fuori il massimo dal cast.

Vitali aiutò Danny Lloyd ad entrare nella parte di Danny Torrance e a resistere ad una produzione particolarmente massacrante per l’attore bambino. La sua presenza fu preziosa anche per la decisione di inserire nel film le gemelle Grady. Si mascherò per Eyes Wide Shut interpretando ben otto personaggi. Quando non era di fronte alla cinepresa rispondeva agli ordini del regista aiutandolo a supervisionare e a gestire i rapporti con i tanti interlocutori.

La longa manus di Stanley Kubrick

Per Kubrick chi parlava con Leon Vitali era come se parlasse con lui. Non fu semplice farlo capire ai molti che lo sottovalutavano, con grande irritazione del regista. Nervosismo molto meno condiviso dal suo assistente, raccontato da chi l’ha conosciuto al lavoro come un mestierante instancabile e paziente.

Leon Vitali dormiva pochissimo, correva di qua e di là sul set, riceveva su di sé tutte le asperità e le tensioni della direzione. Si occupava di licenze, era presente nel momento del casting, interloquiva con gli attori, li formava e li preparava al lavoro. Il suo lavoro fu quello di un amplificatore delle idee, un uomo che risolveva i problemi senza mai crearli. Una spalla 24 ore su 24, sia nel lavoro pubblico che nel privato (gli installò in casa un sistema di videosorveglianza per permettere di controllare gli animali domestici). 

Fu così il detentore di una delle più grandi storie orali del cinema e una presenza essenziale tanto quanto nascosta. Dopo la morte di Kubrick fu proprio Vitali a diventare la figura chiave per la conservazione del corpus di opere. Supervisionò i restauri dei film e si occupò di preservare la memoria del regista. Lo fece con una precisione e una foga pari a quella del Maestro sentendo, per sua stessa ammissione, tutto il peso dell’eredità.

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