Ne “Il falò delle vanità” di Brian De Palma c’è delle inquadrature più difficili di sempre.

Lo skyline di una città, una casa vuota, il groviglio di strade, un bosco. Ancora: le onde del mare sulle rocce, il traffico di taxi a NY, lo stadio che esulta per un gol, un aereo che atterra. Quante immagini viste mille volte al cinema. Angolazioni differenti, nuovi punti di vista, ma bene o male lo stesso concetto: “siamo qui”, per le immagini di luoghi. “Succede questo” per le azioni. Sono inquadrature generiche, spesso prodotte dalla seconda unità di un film. Ne abbiamo viste così tante che sono diventate indistinguibili di film in film.

Chi l’ha detto però che non ci possa essere dell’inventiva anche in questo tipo di riprese? Ne da una prova il creatore di contenuti Patrick (H) Willems raccontando in un video l’inquadratura più difficile (e costosa) de Il falò delle vanità. Potete godervi il video in cima a questo articolo. 

Il film di Brian De Palma, tratto dal romanzo di Tom Wolfe, fu un flop sonoro. Stroncato dal pubblico, che non andò a vederlo al cinema, e dalla critica. Analizzato oggi appare come un’anomalia. Il falò delle vanità fu uno degli ultimi casi di produzioni a budget medio-alto dedicate ad un pubblico adulto. De Palma aveva la possibilità di curare gli elementi di scena come i set, i costumi e il nutrito cast come in un’opera dalla grande portata commerciale di oggi.

La complicata produzione de Il falò delle vanità è documentata in The Devil’s Candy: The Anatomy Of A Hollywood Fiasco, un libro che ne racconta i retroscena. A colpire è un particolare aneddoto riguardante un’inquadratura di riempimento che… è tutt’altro che generica. L’immagine è un aereo che atterra, mentre il sole tramonta illuminando lo skyline di New York. Affidarono a Eric Schwab regista di seconda unità il compito di filmarla.

De Palma si opponeva fortemente all’inserimento nel film di un’inquadratura simile. Nella citazione estratta nel video il libro scrive che per il regista:

Il giorno in cui inserirà l’inquadratura cliché di un aereo che atterra in uno dei suoi film sarà il giorno in cui si ritirerà.

Eppure il direttore della fotografia era convinto dell’utilità di un’immagine di questo tipo. L’unica soluzione per Schwab di convincere De Palma era di ottenere dei secondi di filmato che fossero l’esatto opposto del cliché. Aveva a disposizione due elementi: un aereo e New York. Decise di inserirne un terzo: il sole al tramonto, componendo l’inquadratura in modo tale che le figure si sovrapponessero in direzione frontale, guardando lo spettatore.

Per fare ciò, e quindi incorporare il tramonto a fianco dell’Empire State Building in silhouette, avevano una finestra di tempo strettissima. Il sole si posiziona infatti “in favore di camera” come desiderato dal direttore della fotografia solo per pochi secondi in un’unica giornata dell’anno, il 12 giugno. 

Quel breve momento de Il falò delle vanità è costato circa 80.000 dollari, tra permessi per riprendere l’aeroporto di JFK, attrezzatura (con un notevole teleobiettivo) e tempo di lavoro. L’aereo era un Concorde, segno dell’opulenza raccontata nel film. Per catturare un piccolo istante, persino non voluto dal regista, furono richiesti mesi di preparazione e una pianificazione precisa. E anche un po’ di fortuna: fosse stato piovoso, quel giorno, sarebbe saltato tutto.

Il falò delle vanità resta uno dei titoli più nascosti nella filmografia del regista. Come detto dall’autore del video questo particolare aneddoto getta un filo di nostalgia verso un cinema artigianale, in cui la soluzione più difficile veniva abbracciata con il coraggio dei pionieri e la foga dei maestri.

Fonte: Patrick (H) Willems

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