La notizia della settimana - Parole in libertà
Sulla inutile e ormai insopportabile verbosità dell'industria videoludica

C'è stato un tempo in cui l'industria videoludica non era così verbosa, come oggi. Anzi, non lo era per niente. Gli sviluppatori realizzavano i giochi, i publisher ne curavano l'uscita, i giocatori ci mettevano le loro avide mani sopra, scambiandosi al massimo delle opinioni a voce con gli amici. Un tempo che è finito da un bel po', visto che internet ha stravolto tutto, elevando a potenza il numero di voci dal basso (critica e utenti) e dando occasionalmente una valvola di sfogo, un'opportunità di promozione o più semplicemente di riflessione a quelle dall'alto (industria in generale, dal singolo sviluppatore all'amministratore delegato di una compagnia). Ora, siamo arrivati ad un'altra fase: quella in cui delle chiacchiere non si ha più sopportazione alcuna.

L'andamento non proprio roseo di Wii U è la scusa con la quale chiunque si sente in dovere di dire la propria, in termini più o meno educati e con una variabile cognizione di causa. Badate, questo è un discorso che avremmo fatto indipendentemente dalla console sotto osservazione, non c'interessa difendere Nintendo. C'interessa capire perché taluni individui non solo possano permettersi di dire qualunque cosa senza spesso avere le basi per farlo, ma ottengano persino una cassa di risonanza, ovvero lo spazio che la stampa puntualmente gli concede, soprattutto senza nemmeno pesarne le parole. E questa settimana, di parole in libertà, ne son state spese veramente molte.
Inizia Jason Rubin, lunedì, parlando di Nintendo: “è irrilevante” all'interno del mercato hardware. L'ex membro di Naughty Dog e l'ex presidente di THQ, miseramente fallita, dimentica forse un certo Nintendo 3DS, ma tant'è. Limitatamente al mercato home console, un'osservazione magari troppo perentoria, visto che siamo ancora all'inizio della nuova generazione, ma tutto sommato ancora accettabile. Prosegue martedì Kenny Linder, ex sviluppatore di Bigbig Studios, team noto (?) per il mediocre Little Deviants, criticando in maniera decisamente volgare la scelta della data d'uscita di Super Mario 3D World e profetizzando la morte prematura di Wii U, entro un anno. Cosa rende rilevante l'opinione di un qualunque ex sviluppatore, più di quella di chiunque, al punto essere riportata ovunque? Non lo sappiamo.Sempre mercoledì entra in campo lui, il campione della banfa, il Capitan Ovvio degli analisti, il divino Otelma dell'industria videoludica: Michael Pachter. Pachter, stranamente, arriva a dire qualcosa di condivisibile, ovvero che difficilmente Wii U arriverà ai 9 milioni di unità entro marzo 2014: condivisibile, in quanto ovvietà. Ma il capolavoro Pachter lo sforna giovedì: “non so perché Iwata (presidente di Nintendo, ndr) sia ancora in carica”. Forse, caro Michael, perché sotto la sua guida Nintendo ha sfornato successi come Wii, Nintendo DS e Nintendo 3DS? Ma soprattutto, perché tu hai ancora un lavoro, visto che sono anni che profetizzi la morte di Nintendo, sbagliando prima su Nintendo DS, poi su Wii, poi ancora su Nintendo 3DS? “Nintendo is doomed”: lo sentiamo da anni uscire dalla tua bocca, e prima o poi si verificherà. Ma è un po' come “ricordati che devi morire”, e noi risponderemmo: “mo' me lo segno!”.
Arriviamo a ieri, ancora Pachter, che ha già stabilito chi vincerà la competizione per la maggior quota di mercato tra Sony e Microsoft. “Se non taglierà il prezzo di Xbox One, Microsoft perderà”. E non è nemmeno un mese che le nuove console sono sul mercato. Serve aggiungere altro?
Vi abbiamo descritto questa settimana, altre sono state simili. A tutti piace esporre la propria opinione, ma siamo arrivati veramente all'eccesso, certi componenti dell'industria sembrano soffrire di un eccesso di protagonismo ormai insopportabile. E' vero, ci sono anche persone come Cliff Bleszinski, Michel Ancel, Masahiro Sakurai, Goichi Suda, ed altri, sempre positivi nei loro atteggiamenti e mai sopra le righe, dei quali fa piacere ascoltare le osservazioni e, soprattutto, rilevare la passione per il loro lavoro, ma sono una minoranza: della maggioranza si potrebbe benissimo fare a meno.