La notizia della settimana - Inquietudini di luglio

La notizia della settimana: un turbolento inizio di luglio, con Rob Pardo che lascia Blizzard e Crytek UK che incrocia le braccia

Un giorno troverò qualcosa di interessante da scrivere qui dentro.


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La settimana che si appresta a concludersi ha visto l'accadimento di due eventi certamente diversi nelle dinamiche e nelle motivazioni, ma che non possono non suscitare qualche domanda sullo stato dell'industria videoludica. “Tutto è a posto”, “le cose vanno alla grandissima”, “quello dei videogiochi è l'unico mercato che tira ancora”; affermazioni più volte sentite, ma non pienamente condivisibili. Forse è ancora vero, forse no, di certo ci sono molti elementi che dicono il contrario: non che ci si trovi di fronte ad un settore prossimo al collasso, ma che ci siano certe criticità al suo interno.

[caption id="attachment_132220" align="aligncenter" width="600"]Rob Pardo ha lasciato Blizzard Rob Pardo ha lasciato Blizzard[/caption]

Apparentemente l'abbandono di Blizzard da parte di Rob Pardo non c'entra niente con queste premesse, ed è del tutto plausibile che Pardo, una figura importantissima all'interno della storica compagnia statunitense, nella quale ha militato per diciassette anni, sia andato alla ricerca di nuovi stimoli, abbia deciso di dare una svolta alla sua vita. Saremo malpensanti noi, saranno tutte quelle volte nelle quali abbiamo sentito le stesse parole ed abbiamo poi scoperto che si trattava solo di frasi di circostanza, sarà che ormai gli abbandoni per problematiche interne fioccano a destra e manca, ma probabilmente c'è altro, oltre l'apparenza. Quell'altro che potrebbe far intendere come Blizzard, compagnia una volta piena di inventiva ed i cui lavori toccavano vette qualitative eccellenti, sia un po' a corto di idee, abbia forse perso lo smalto di una volta, quello che le davano persone come Pardo, lead designer di titoli come Warcraft III: Reign of Chaos e World of Warcraft. D'altronde, in tempi meno sospetti, un anno fa, il nostro Nicolò già s'interrogava sullo stato dell'azienda di Irvine, chiedendosi se fosse il nuovo illustre malato dell'industria.

Qualcuno è (forse) in crisi di idee e soffre senza darlo a vedere, qualcun altro è (molto probabilmente) in crisi di liquidità, ed il discorso si sposta a Crytek. Prima i rumour sul peggioramento delle condizioni finanziarie della compagnia, poi l'altro rumour riguardo l'interruzione dei lavori su Homefront: The Revolution da parte della filiale inglese, i cui membri sembra stiano rimanendo a casa piuttosto che andare a lavoro, dato che non percepirebbero stipendio da mesi. La causa di tutto sarebbero le vendite insoddisfacenti di Ryse: Son of Rome, sviluppato con grande sforzo economico, ma che evidentemente non avrebbe dato il ritorno sperato. E qui sarebbe interessante andare più a fondo nella questione, visto che della pubblicazione del titolo si è occupata Microsoft stessa: quindi, quanti soldi ha dato la compagnia di Redmond al team di sviluppo, per realizzarlo? Non bastavano questi per soddisfare i bisogni economici di Crytek? Si sperava forse che grossi volumi di vendita garantissero un adeguato ritorno in termini di bonus? E ancora, se fosse così, quanta fiducia aveva realmente Microsoft in Ryse: Son of Rome? Probabilmente poca, e poco avrebbe investito nel gioco, già dalla prima ora.

[caption id="attachment_131385" align="aligncenter" width="600"]Homefront: the Revolution | Screenshot E3 2014 Problemi per Crytek UK, Homefront: The Revolution a rischio?[/caption]

L'industria videoludica non è in crisi. Però ci sono segnali che testimoniano come le cose, al suo interno, non vadano esattamente come si vuol far apparire, anche se spesso li si ignora. D'altronde, se EA afferma, come successo di recente, che prima pubblicava circa settanta giochi l'anno, ora una dozzina, con tutte le conseguenze del caso (pensiamo solo alla ridottissima quantità di campagne pubblicitarie a disposizione, per guardarla dal nostro lato), vuol dire che qualche problema c'è. Problemi che probabilmente non esploderanno con un evento catastrofico, come quello del 1984, ma che sarebbe stupido ignorare.

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