A Lucca Comics & Games 2015, grazie a Panini Comics, abbiamo avuto l’occasione di intervistare Kathryn Immonen. È stata l’occasione per parlare della sua carriera e dei suoi fumetti preferiti, ottenendo anche una rivelazione in esclusiva mondiale: ebbene sì – consentiteci di esserne fieri – abbiamo strappato dalla viva voce dell’autrice la descrizione di come sarebbe proseguita la vicenda di Runaways se la serie non fosse stata interrotta.

 

Ciao Kathryn e benvenuta su BadComics.it.

Kathryn Immonen – Sì, eccomi qui!

Hai cominciato a lavorare alla Marvel scrivendo le storie di Hellcat. Come cambia il tuo approccio lavorando a un personaggio “di serie B” come Patsy Walker e a figure più celebri come Spider-Man o gli X-Men? 

Immonen – I personaggi più famosi hanno di certo un passato più ricco, il pubblico è più affezionato a loro. Quando mi sono ritrovata a lavorare su Hellcat, ma ancor di più su Sif e l’Agente Carter, sono rimasta stupita nel constatare quante poche storie su di loro esistessero, tra le quali un numero ancor più piccolo raccontava eventi fondamentali per lo sviluppo del personaggio. Avevo quindi a disposizione molti più spazi bianchi da poter riempire e periodi della loro vita che non erano stati coperti da altre serie a fumetti.

Operation SINUn esempio di quanto dici è Operation S.I.N., disponibile qui a Lucca Comics in anteprima, nel quale ti è stato affidato il personaggio di Peggy Carter. Mentre lavoravi a questa miniserie hai preso in considerazione la versione televisiva del personaggio? Ti sei ispirata ad essa o hai evitato di guardarla perché non influenzasse la tua visione?

Immonen – Non avevo ancora visto la serie televisiva mentre scrivevo Operation S.I.N. e non c’è stato alcun contatto con gli sceneggiatori, la produzione non ci aveva fornito alcuna informazione. Ma mentre stavamo realizzando il fumetto è uscito il primo trailer e abbiamo visto che c’erano alcuni elementi in comune con quello che stavamo facendo; ne siamo stati molto felici, evidentemente entrambi i gruppi di lavoro avevano un’idea chiara su chi fosse il personaggio, una visione simile di Peggy Carter, e questo è stato gratificante.

Operation S.I.N. è fortemente caratterizzato dall’epoca in cui è ambientato e dagli elementi fantastici che sono stati inseriti. Ci sono fumetti o film che ti hanno influenzato?

Immonen – Ciò che mi ha influenzato di più è stato il disegnatore, Rich Ellis, che affronta la narrazione con un approccio vecchio stile (intendo in senso positivo, so che spesso si usa questo termine con un’accezione negativa), il suo lavoro si ispira alle storie d’avventura tradizionali; osservando le sue opere ho cercato di creare qualcosa con cui tutti e due fossimo a nostro agio, un fumetto che entrambi avremmo voluto realizzare.

Ho sempre avuto un forte interesse per i programmi spaziali, so bene cosa i russi stavano facendo all’epoca, per cui quando la casa editrice mi ha comunicato che avrei lavorato a questa miniserie ho pensato subito di sfruttare la mia passione.

Pensi che la Marvel possa essere interessata a dare un seguito a questa miniserie?

Immonen – Ne abbiamo parlato. Mi dissero che dipendeva da come sarebbe andata la serie televisiva, di cui tra poco andrà in onda la seconda stagione, perciò… Però l’editor di Operation S.I.N. ha lasciato la Marvel, questo rende le cose un po’ più complesse, quindi non sono sicura di cosa succederà.

Hai mai pensato alla possibilità di lavorare a una serie televisiva Marvel?

Immonen – Non vedo come possa accadere; inoltre ho parlato con diverse persone che lavorano nel regno della televisione e credo proprio non sia adatto a me. Ma adoro quello che stanno facendo, le serie sono fantastiche, non vedo l’ora di vedere Jessica Jones.

Ci sono delle differenze tra quando lavori con un qualsiasi artista normale e quando invece collabori con tuo marito Stuart?

Immonen – Trovi anche tu che sia un artista abnorme? [ride] Solitamente non ho molti contatti con i disegnatori Marvel e visto che lavoro nello stesso studio di Stuart, capita spesso che ci mostriamo a vicenda ciò a cui stiamo lavorando, per avere un’opinione in merito. Quando invece collaboriamo noi due cerchiamo di valorizzare al meglio il lavoro dell’altro, è qualcosa di unico. Spesso finisco di scrivere, passo la sceneggiatura al disegnatore e il mio lavoro è finito; con Stuart invece ci sono confronti in ogni singola fase della realizzazione, cerchiamo continuamente di sorprenderci.

Mi è piaciuta molto la tua run di Runaways, una serie che per me ha i migliori personaggi Marvel apparsi negli ultimi vent’anni. 

Immonen – Sono d’accordo.

RunawaysHai idea di perché questi personaggi siano scomparsi? Sarebbero perfetti per una serie televisiva e qualche anno fa si era parlato di un film. Nei fumetti da cinque anni si limitano a fare qualche apparizione qua e là… Com’è possibile?

Immonen – Ottima domanda. Quando io e Sara Pichelli arrivammo su Runaways sapevamo che dopo quattro numeri la serie sarebbe stata cancellata. Quindi avevamo due possibilità: scrivere un ciclo di quattro episodi o scriverne uno di otto sperando che il fumetto andasse sufficientemente bene da spingere la Marvel a confermare il titolo. È per questo che la serie si è interrotta con un cliffhanger, ma il piano per proseguire c’era. Abbiamo incrociato le dita affinché la collana potesse continuare, perché se ci fossimo rassegnate a realizzare una storia compiuta di quattro puntate, quella sarebbe stata la fine dei Runaways. E non potevamo accettarlo. Purtroppo le vendite non sono andate così bene e la serie è stato cancellata.

I personaggi ogni tanto tornano in qualche special o nei crossover, e da poco è iniziata una serie con un nuovo cast [in realtà è solo una variazione sul tema targata Secret Wars – NdR].

Sì, ma non sono quei ragazzi, è quasi un remake.

Immonen – Già. Penso che all’epoca gli autori abbiano tirato un po’ troppo la corda, fin dalla morte di Alex. Si è creato un vuoto che doveva essere riempito e da allora ci sono stati colpi di scena a ripetizione e cambi dei membri della squadra, con un ritmo tale da non riuscire a definire al meglio le relazioni tra i personaggi. Pensavo che si sarebbe dovuto ricostituire in qualche modo il team originale, ma considerando il rilancio dei Runaways con un nuovo cast, dubito lo rivedremo mai.

Hai nominato il cliffhanger con cui si è chiusa la serie, ormai cinque anni fa. Visto che come ci hai detto non vedremo mai il proseguimento di quella storia, ci puoi dare qualche indizio su quelli che sarebbero stati gli sviluppi della tua vicenda?

Immonen – Oh beh, sì, ormai penso proprio di poter raccontare cos’avevo in mente. Fa un po’ male, perché è passato così tanto tempo. I genitori di Gert avevano creato Vecchi Merletti, il dinosauro. Nella nostra storia, quando i ragazzi arrivano nella casa dello zio, nel seminterrato trovano una serie di capsule contenenti dinosauri in sonno criogenico. La vedevo come una fabbrica di magliette: produrre una maglietta è costoso ma se le produci in serie, il costo unitario si riduce nettamente. Quindi, se loro erano riusciti a creare un dinosauro, perché non crearne una dozzina da utilizzare in caso di necessità? L’ingegneria genetica applicata ai dinosauri dev’essere molto costosa, perciò il fatto che ce ne fosse uno solo era abbastanza improbabile.

Inoltre sappiamo che i genitori di Gert l’hanno avuta in età avanzata, con diversi problemi nel concepirla: e se si fossero aiutati con la genetica? Se da qualche parte fossero immagazzinate altre Gert, proprio come i dinosauri?

Volevamo percorrere questa strada e ricostituire il team originale. C’è un momento in cui Alex, dopo essere morto, appare in sogno a uno dei suoi compagni; nessuno però ne aveva mai parlato, quell’elemento non era mai stato sviluppato, perciò volevamo riallacciare tutti i fili della storia…

Per questo Chase è finito in coma: si sarebbe trovato in una dimensione a metà tra la vita e la morte, dove avrebbe incontrato lo spirito di Alex e avrebbe potuto tentare di riformare la squadra originale.

C’è un personaggio Marvel su cui non hai ancora lavorato che ti piacerebbe scrivere?

Immonen – Più che un personaggio specifico, mi piacerebbe una collaborazione duratura con un altro artista. Avendo fatto un sacco di miniserie di quattro o cinque numeri, in cui devo lasciare la storia proprio quando sta per ingranare, mi piacerebbe lavorare su una run più lunga. Vorrei tornare a collaborare con Davide Lafuente e Valerio Schiti, anche se sono molto impegnati ora… ecco, preferirei lavorare di nuovo con questi disegnatori, piuttosto che pensare a uno specifico personaggio Marvel.

Per finire, un consiglio per gli acquisti: c’è un fumetto letto di recente che ti ha colpito e vuoi suggerire ai nostri lettori?

ImmonenNecropolis di Jake Wyatt. È un fumetto che l’autore aveva già pubblicato su Tumblr, ma ora è stato raccolto in volume. Trovo sia un’opera eccezionale.