Ta-Nehisi Coates scrive un pezzo per The Atlantic in cui racconta la propria esperienza di sceneggiatore per la Marvel Comics. Il giornalista e scrittore, recentemente premiato con uno dei principali riconoscimenti letterari statunitensi, descrive come segue la sua opera di concettualizzazione del personaggio di Pantera Nera, oltre alla collaborazione con il disegnatore Brian Stelfreeze.

 

Black Panter, studi di Brian Stelfreeze 01Non volevo dire nulla di questo nuovo percorso, prima di averlo iniziato, ma ora che sto cominciando a prendere la mano, dopo alcune sceneggiature terminate e un rapporto sempre migliore coi miei editori, mi sento più sicuro di me. La mia speranza è di aggiornarvi di tanto in tanto sulle tappe di questo processo di scrittura.

Non avendolo mai fatto prima, mi aspetto di inciampare ogni tanto. Il mio incubo è che tutto questo sia visto come una cosa che faccio per vanità e per capriccio. Non mi sono impegnato come fumettista per questioni di immagine o per aggiungere una voce al mio CV. L’ho fatto per raccontare nuove storie, crescere artisticamente e intellettualmente. In questo caso, con un genere molto distante dal giornalismo, le memorie e i saggi che ho scritto.

Tuttavia, mi ritrovo anche qui a fare riferimento agli stessi valori. Da scrittore, dò grande importanza all’organizzazione, anche di più quando l’impresa potrebbe facilmente rivelarsi un fallimento. Ecco quindi qual è il mio approccio.

  1. Leggo un sacco di storie del passato per cercare di capire che cosa mi interessa particolarmente (Ramonda) e cosa invece mi interessa meno (M’Baku).
  2. Faccio una scaletta temporale di tutti i numeri che sono previsti dal mio contratto.
  3. Scrivo in anticipo le sceneggiature per dare a Brian Stelfreeze e ai miei editor la possibilità di dirmi dove sbaglio.
  4. Controllo regolarmente la scaletta per vedere se per caso i cambiamenti o le sceneggiature già finite mi mettono in condizione di variare i miei ritmi di lavoro.

Ecco qual è stato il mio piano sin qui. Averne uno non garantisce il successo, ma il contrario è probabile causa di fallimento.

Black Panter, studi di Brian Stelfreeze 02Una cosa di cui non avevo fatto conto era il livello di contributo dei disegni alle mie storie. Le idee di Brian su T’Challa e sui comprimari sono state preziosissime. Nelle immagini che posso mostrarvi vedete il frutto di una nostra collaborazione. Dopo aver discusso un po’, ci sono venute in mente nuove idee per la famosa tuta di T’Challa alle onde di Vibranio e sul suo funzionamento. In questo caso, sul modo in cui assorbe l’energia cinetica permettendogli di scaricarla sotto forma di onde di forza.

Tutti i suoi vecchi poteri sono rimasti, dai sensi aumentati all’agilità sovrumana, fino alla sua forza che raggiunge il massimo consentito a un uomo normale. Ma quest’idea e altre ancora sono giunte da Brian. Non solo per quanto riguarda la tuta, ma anche sul Vibranio stesso e sulle sue proprietà fisiche.

Scrivere, per me, è sempre stato un esercizio svolto in solitudine. Spiego la mia idea al mio editore e poi scompaio per un po’. Ci sono alcuni incontri regolari, ma per lo più, la volta successiva in cui mi faccio vedere è quando ho già una prima stesura completa. Con Black Panther è completamente diverso. C’è molta più collaborazione e conversazione, ed è raro che passino tre giorni senza che io discuta con Brian o con Wilson Moss, il nostro editor.

Avrò presto altro da dire su questa esperienza con il passare dei giorni. Per ora, godetevi alcuni degli splendidi studi di Brian. Ho già visto alcune delle sue tavole a matita e sono straordinarie. Io cerco di esserne all’altezza.

 

 

Fonte: The Atlantic