Con il numero 122 della serie bimestrale edita da Panini Comics, le avventure supereroistiche di Rat-Man sono giunte all’epilogo. Senza più alcun timor di spoiler, abbiamo dunque contattato il suo creatore, Leo Ortolani, per un bilancio di questo racconto durato vent’anni, cercando di scoprire qualcosa in più sul processo creativo che ha portato alla conclusione e sul contenuto dell’albetto che presenterà il finale alternativo destinato ai partecipanti dell’Operazione Ratto.

 

“Rat-Man” è finito. Per vent’anni hai portato avanti una serie a fumetti bimestrale in completa autonomia: cosa provi ora che sei riuscito a concluderla con un finale compiuto, come avevi sempre dichiarato di voler fare? È un traguardo abbastanza raro, specie per un’opera così longeva.

Sono molto contento. Intanto per via del fatto che non sono morto, durante questo periodo di tempo, e già questo è un traguardone. Che qui “l’uomo propone, Dio dispone”. E averla chiusa bene è una soddisfazione ancora maggiore. Ripenso ancora con sgomento a quando mi trovai di fronte ai dieci capitoli da realizzare. Montagne di appunti, brani di sceneggiatura e un’idea sulla rotta da tenere. Niente di più. È stato un viaggio straordinariamente impegnativo. Bello, ma impegnativo. Di quelli che devi stare attento come un coniglio alla festa aziendale dei Predatori.

A proposito di grandi imprese, Rat-Man è stato il primo personaggio dei fumetti a viaggiare nello spazio. Cos’hai provato qualche settimana fa, quando hai visto per la prima volta il video di Paolo Nespoli?

Mi sono commosso. E ancora adesso non riesco a cogliere appieno la portata dell’evento. Credo che lo elaborerò più avanti. Quando capirò veramente che UN MIO FUMETTO È ANDATO NELLO SPAZIO!!! Ero già riuscito a farlo arrivare a Bergamo alta, ma nello spazio, no.

Da lettore di fumetti ritengo che vivere Rat-Man “in diretta” sia stata una grande opportunità. Pur essendo, a mio parere, un’opera universale che si meriterebbe di avere una grande diffusione nello spazio e nel tempo, ci sono molti elementi strettamente legati al momento in cui le storie sono state pubblicate per la prima volta. Penso a gag legate alla cultura italiana, riferimenti a eventi di attualità, così come all’uscita di un particolare film o fumetto. Non hai mai considerato che questi elementi avrebbero potuto rappresentare un “ostacolo” per un pubblico a cui, magari tra cinquant’anni, in un’altra nazione, verrà proposto “Rat-Man”?

Tanto non lo proporranno mai, quindi sono tranquillo! E se dovesse accadere, spero che accada quel miracolo che ha sempre accompagnato la scoperta di “Rat-Man” da parte dei lettori. Non importa quale numero comprassero, fosse anche il più ostico, la parte intermedia di un’esalogia, scattava un interesse che andava oltre la comprensione della storia stessa. Venivano “catturati” dalla ratmanità. Ecco, a me piacerebbe succedesse lo stesso anche tra cinquant’anni, ma chissà cosa ci sarà, tra cinquant’anni. Avremo avuto altri fenomenali autori, dopo Zerocalcare, tipo Scioglimacchia o il Burelli, noto per le sue storie realizzate con le sole emoticon.

In che momento della saga è nata l’idea della giovane Thea? Non hai mai nascosto la tua storia di adozione (nel libro “Due figli e altri animali feroci” o nelle varie comparsate di Johanna e Lucy Maria): quanto ha influito la tua esperienza personale nell’importante ruolo che la paternità riveste nell’epilogo della saga?

La cosa della figlia era sempre stata nell’aria. Ero solo indeciso sull’età. Mi sarebbe sempre piaciuto vedere Rat-Man alle prese con una figlia piccola, che si ritrovasse oltretutto un nonno come Valker. Avevo già delle trame pronte a sviluppare delle storie in questo senso. Ma in effetti, volendo dare una cronologia di avvenimenti ai fatti raccontati nella decalogia finale, l’età minima che avrei potuto dare a Thea erano i suoi bei diciassette anni.

È scontato che anche la mia esperienza con due figlie abbia influito molto. Credo di essere stato fortunato. Ho sempre desiderato avere delle figlie. Perché sono affette da papite, e io me le spupazzo e me le sbaciucchio a più non posso. Finché dura. Fintanto che non arriverà “Giandlone”, che è “tanto bravo a impennare con la moto”.

Aima e Ik: quanto della “identità finale” di questi due personaggi era già nei tuoi pensieri ai tempi de “L’incredibile Ik”? In più occasioni, nel corso di questi vent’anni, avevi detto che prima o poi Ik e Aima sarebbero tornati: ci puoi raccontare come questi personaggi sono cambiati nella tua mente durante la loro assenza dalle scene, prima del loro sorprendente ritorno nella decalogia finale?

Aima e Ik sono sempre stati al centro della storia finale, fin dall’apparizione della prima, alla fine della Trilogia del Clone e all’accenno al nome di una misteriosa Aima, nella storia di Ik. Sapevo che erano loro, non sapevo ancora come avrei sviluppato la cosa, ma sapevo che la Thea della storia della minaccia verde era il clone di Aima. Lo sapevo da sempre. Con Ik la cosa è stata meno immediata, poteva essere un clone di Rat-Man che gli assomigliava moltissimo, oppure… e nella decalogia è venuta fuori la soluzione finale.

L’ultima tavola: un modo per non chiudere la porta in modo definitivo lasciandosi aperte mille possibilità oppure un’idea sulla quale hai già un piano preciso? Immaginando che quella cifra indichi le ore, sarebbero vent’anni, e questo ricorda molto il “Ci rivediamo tra venticinque anni” di “Twin Peaks”, concretizzatosi qualche mese fa.

Ho voluto chiudere, ma non definitivamente. E chissà… magari tra vent’anni ne riparliamo. Oppure prima, visto che la decalogia si svolge nel 2014, e noi siamo alle soglie del 2018. L’attesa sarebbe già di sedici anni…

Ovviamente non ho piani precisi, non ho nemmeno piani. Ma mi pareva bello lasciare le cose leggermente in sospeso. Credo che anche il lettore abbia apprezzato questo “finale aperto alla speranza”, nel senso della speranza che la serie, un giorno, prosegua.

Tutti i partecipanti all’Operazione Ratto riceveranno un finale alternativo della saga di Rat-Man. Ci puoi anticipare qualcosa a riguardo? Sarà un vero e proprio “universo parallelo” in cui gli eventi sono andati diversamente, sarà una side story della battaglia vista negli ultimi dieci numeri, oppure qualcosa di coerente con quanto letto finora, magari ambientato qualche tempo dopo, come se fosse una scena dopo i titoli di coda?

Adesso che ho scritto questa storia, posso dirti cosa sarà. Sarà il finale della serie parallela a quella di Rat-Man, cioè quella del suo autore. Se prendiamo in ordine di apparizione le storie delle origini di Rat-Man viste dalla parte di Leo Ortolani, proseguiamo con “La storia finita”, “Non di questo mondo”, “E venne il giorno”, fino a “La porta“. Storie che potrebbero essere raccolte in un ipotetico volume dedicato alla storia di un fumettista alle prese con una serie di vent’anni.

Solitamente si termina un’intervista con un bel “progetti per il futuro?”, ma tra “C’è spazio per tutti” e le numerose idee nel cassetto che hai già rivelato (alcune sono stati suggerite a Lucca Comics & Games 2017 da diversi editori), preferiamo lasciarti un po’ di meritato riposo, restando in attesa di scoprire quale progetto avrà la priorità sugli altri.

Vogliamo quindi concludere l’intervista “al contrario”, ovvero con un salto nel passato, tornando alle origini. Nel 1989 hai partecipato a un concorso della rivista “Spot” con due storie brevi: la prima è l’esordio di Rat-Man, la seconda l’abbiamo potuta leggere sul centesimo numero del bimestrale. Con un’esercizio di immaginazione alla “Sliding Doors”, cosa pensi sarebbe successo in questi vent’anni se all’epoca il premio come Miglior Sceneggiatura non fosse stato vinto da Rat-Man, ma da Vincent?

Probabilmente sarei finito a tentare una strada meno immediata. Senza battute, all’epoca la mia capacità di narratore era limitata (pur avendo molte idee) e probabilmente avrei fatto fatica a trovarmi un posto nel mondo del Fumetto, dove c’erano sicuramente autori molto più bravi di me. Insomma, non avreste avuto da leggere niente di particolarmente esaltante, fino a raggiungere di nuovo la sorgente dell’autoproduzione, dove avrei potuto proporre qualcosa, ma probabilmente non “Rat-Man”.

D’altro canto, come è già successo, a forza di scrivere e di pubblicare una serie avrei potuto cominciare a progredire nella scrittura e credo che alla fine sarei diventato comunque un buon autore. Oppure, avreste un geologo a cui rivolgervi in caso ci fossero delle crepe nella vostra villetta.