Per la terza puntata di BadChronicles ci spostiamo un decennio dopo le origini dell’Uomo d’Acciaio e torniamo a casa per raccontare chi, proprio come Superman, rappresenta il più grande eroe del panorama nazionale, riscontrando una fortuna imperitura fino a oggi: Tex. Ma agli albori nessuno lo aveva prospettato…

Le sue radici si intrecciano con quelle del patriarca dell’azienda per antonomasia legata alla Nona Arte in Italia: Gianluigi Bonelli (1908 – 2001). Lui si definisce “un romanziere prestato al fumetto e mai più restituito” ma è dotato di spirito imprenditoriale. Nel 1939 rileva da Mondadori L’Audace, che ribattezza Audace e affida in seguito alla ex moglie. Tea ne diventa l’amministratrice e insieme alla nipote Liliana e all’adolescente figlio Sergio (1932 – 2011), tuttofare, trasforma il salotto della propria dimora nella redazione che diventerà la Sergio Bonelli Editore. Si punta sulle due passioni di Gianluigi: Cappa e Spada e Western. Al primo, Occhio Cupo, sono rivolte le attenzioni e le speranze di gloria nonché la Serie d’Oro Audace. Al secondo, Tex Killer, che suona troppo violento e diventa Tex Willer, “L’albo più ricco al prezzo più povero”, come recitava il promo di allora. È un blocchetto di 32 strisce (17 x 8 cm) al prezzo di 15 lire, l’esordio: Il Totem Misterioso.

Occhio Cupo

Occhio Cupo

Viene ingaggiato come disegnatore Aurelio Galleppini (1917 – 1994), in arte Galep. Il maestro sardo si dedica anima e corpo seguendo le direttive sul titolo più prestigioso di giorno. La notte invece, si cimenta su quello meno importante. Si parte nel 1948 e in pochi mesi il verdetto dei lettori è univoco. Occhio Cupo chiude dopo 12 pubblicazioni. La collana di ripiego raggiunge le 60.000 copie. È un buon risultato ma Capitan Miki e il Grande Blek del trio EsseGesse vendono tre volte tanto. Per forza di cose si investe su Tex e la scommessa nata per caso diventa il maggior successo di sempre. Il fenomeno, inoltre, da fuorilegge diventa presto l’impareggiabile paladino dei più deboli.

Il Totem Misterioso

Il Totem Misterioso

Gli antesignani del fumetto Western nel nostro Paese sono Ulceda e La Scotennatrice (1935), trasposizioni di opere di Emilio Salgari. Vi lavora il giovane Rino Albertarelli, altro monumento nostrano (tra i fondatori del Salone di Lucca), come il primo cowboy tricolore, il suo, pelato e dai lunghi baffi bianchi: Kit Carson. Questo giustiziere a fine carriera si legherà indissolubilmente a quella del ranger di Bonelli. È basato con un’attenta novizia di particolari sull’omonimo esploratore del Kentucky e appare sul settimanale Topolino dal 1937 fino all’inizio del secondo conflitto mondiale.

Kit Carson di Rino Albertarelli

Kit Carson di Rino Albertarelli

Tex che arriva nel dopoguerra ed è un esempio più maturo, elaborato ma di facile lettura e comprensione. Si schiera dalla parte dei nativi americani anticipando di poco una pellicola rivoluzionaria come L’amante indiana (1950) di Delmer Daves e di due decenni capolavori come Soldato Blu e Piccolo Grande Uomo. Accompagnato dal figlio nel 1988 in un viaggio in USA dove non era mai stato, vedendo le praterie dell’Arizona e i deserti del Colorado, Gianluigi non batte ciglio, racconterà Sergio, quei luoghi erano parte di sé da sempre. Perché Tex è una cosa sola con il suo autore che gli trasferisce la sua vitalità fino a confondersi con esso. Alexander Dumas è il suo novelliere preferito e I Tre Moschettieri il romanzo che più ama. Recupera e rielabora Kit Carson e gli affianca il navajo Tiger Jack e il figlio del protagonista e dell’indiana Lilith, Kit. La trasposizione di D’Artagnan e compagni con cinturoni e fucili è immediata e completa. Ma il sodalizio di Tex con i suoi pards è solo la dimostrazione più eclatante di una creatività vulcanica in cui ritroviamo la saggezza contadina e le citazioni più insolite ed erudite, come quel “Tizzone d’Inferno” così comune nei suoi dialoghi, rubato dalle labbra di Renzo ne I Promessi Sposi (Cap. VII).

Aurelio Galleppini - Autoritratto

Aurelio Galleppini: Autoritratto

Il soggetto evolve negli anni senza mai snaturarsi. Il 1958 segna una svolta. In pieno boom industriale Sergio decide di perfezionare un esperimento di poco precedente, Tex Gigante, e passare a un’offerta di qualità. Viene definito uno standard editoriale, una periodicità e una cura mai vista alle copertine. È la nascita di un formato che è imitato ancora oggi. Lui stesso debutta come sceneggiatore nel numero 183 del gennaio 1976: Caccia all’uomo. Per rispetto e imbarazzo nei confronti del padre si firma Guido Nolitta, “un buon dilettante”, come senza falsa modestia si riteneva. Ma la sua Aquila della Notte conquista ed è più umana, ha dubbi e incertezze come tutti noi. Vi rimarrà profondamente affezionato anche dopo aver concepito Zagor e Mister No. Quando Dylan Dog, superato Tex nelle vendite, accusò un’inevitabile flessione, riconsegnandogli il primato di mensile più venduto al mondo, Sergio per festeggiare offrì, si narra, una cena a tutti i suoi collaboratori. Coloro i quali oggi, guidati dal responsabile del personaggio, Mauro Boselli, e dal direttore generale, il figlio Davide Bonelli, contribuiscono a mantenere vincente un’eccellenza del costume italiano.