Ho una domanda abbastanza strana per te. Nel mio lavoro, traduco un sacco di interviste dagli Stati Uniti. Una delle più recenti era ospitata da Newsarama e le domande erano per te e Mark Waid. Le sue risposte erano stringatissime, laddove le tue erano più approfondite. E, ultimamente, è sempre così nelle interviste a Waid. Quindi, anche se non credo tu lo conosca di persona, la domanda è: ce l’ha con i giornalisti? Oppure non ha più tempo nemmeno per respirare e non risponde se non a monosillabi?

[ride] Lavora davvero tantissimo, è impressionante. Non so su quante serie sia impegnato. Non lo conosco di persona, e sto lavorando con lui solo da un mese, ma con me è molto carino e un tipo davvero divertente. Si scusa sempre con me, nel senso che magari non sempre riesce a rispondere alle mie mail e gli dispiace un sacco. Penso che stia davvero tirando la corda e che voglia fare contenti tutti, quindi gli rimanga davvero pochissimo tempo. Quindi non sentirti offeso, in quanto rappresentante della categoria dei giornalisti.

Ah, non temere. Invece, parlando di lui, credo sia la prima volta in cui ti trovi a lavorare con uno sceneggiatore della vecchia scuola, per così dire, un vero e proprio maestro contemporaneo. Ti accorgi della differenza stilistica e di approccio tra lui e i suoi colleghi più giovani?

Ant-Man & The Wasp #1, copertina di David Nakayama

Sì, hai proprio la sensazione di una cosa diversa. Tutti gli scrittori con cui ho lavorato finora sono stati fantastici. Ma quando mi è arrivata la prima sceneggiatura di Mark Waid, già alla prima lettura, ho sentito la differenza.

Alla fine della terza pagina, non so come, eravamo già nel pieno dell’azione, a metà del primo numero già c’erano le basi per il secondo. Sembra che conosca una magia, che abbia un’abilità misteriosa per fare in modo che le cose si muovano più velocemente. Nelle sue sceneggiature succedono un sacco di cose, ma non sembrano mai troppe, perché ha una leggerezza narrativa tale da non appesantire.

Adoro i suoi dialoghi, veloci e divertenti. E non è che le sue sceneggiature siano meno specifiche di altre, anzi sono piene di dettagli, ma c’è qualcosa di magico che gli permette di pigiare eventi in uno spazio più ridotto rispetto agli altri.

Forse sa cosa si può dare per scontato. È più in grado di altri di non dire certe cose, perché ha la percezione del fatto che tu, come disegnatore, e poi i lettori ci arriverete lo stesso.

Credo di sì.

Il potere della sintesi. E sono contento che tu abbia citato questa caratteristica, perché quando leggo le storie di Waid non posso fare a meno, in qualche modo, di pensare a quelle di Stan Lee. In maniera diversa, forse meno raffinata, anche nei fumetti scritti da Lee succede una quantità di cose impressionanti. Conoscono precisamente la struttura di una narrazione e sanno che quando lo scheletro è lì, ogni cosa diventa possibile.

Ed è per questo che, quando uno è un genio ti fa sembrare il suo lavoro e il risultato dei suoi sforzi come qualcosa di semplice. Parliamo di disegnatori. Guardi le pagine di Stuart Immonen, di Olivier Coipel, di Ryan Ottley e ti sembra che non ci siano molte linee a creare il disegno, ma quelle che ci sono sono perfettamente collocate. A ognuna, daresti voto dieci e ci sono solo quelle di cui c’è bisogno.

Parlando di Waid, non posso non chiederti se sei felice di lavorare su “Ant-Man and The Wasp”, anche vista l’esposizione dei personaggi per cui dobbiamo ringraziare il film in arrivo.

Certo che sì. Non solo per l’attenzione, anche se chiaramente è una gioia sapere che molti leggeranno il fumetto che sto realizzando, ma anche perché i personaggi sono meravigliosi e il resto del team creativo è spettacolare. Ritrovo il colorista con cui ho lavorato su “Secret Warriors”, e sono convinto che i nostri due stili si combinino ala perfezione.

Riguardo ai personaggi, Nadia Pym e Scott Lang sono molto divertenti.

Sì, davvero. E poi io e Mark abbiamo potuto giocare con le dimensioni dei personaggi, che è una cosa divertente di per sé. In più l’avventura è molto kirbyana nelle atmosfere, bizzarra, condita dal rapporto tra loro due che non si sopportano.

In effetti, da un lato abbiamo un genio scientifico metodico e dall’altra un pasticcione colossale che si affida al talento momentaneo.

…Ma sono obbligati a collaborare e sono in guai seri. Più cercano di risolvere la questione e più le cose peggiorano. E si sopportano sempre meno.

Avrai dovuto lavorare moltissimo con le espressioni facciali.

Sì, e mi ci sto divertendo un sacco. Ci ho messo la testa davvero parecchio e a volte ho la sensazione di non cogliere in maniera precisa le loro espressioni. Quindi mi impegno sempre di più per trovare esattamente il volto e le emozioni che siano complementari a quel che stanno dicendo. Sto imparando molto. Il mio obiettivo, riguardo ai dialoghi, è sempre cercare di fare in modo che non siano meno appassionanti di una scazzottata.

Non hai mai avuto l’occasione di firmare una serie che ti consentisse di lavorare sulla costruzione di mondi. Ma questa avventura nel Microverso è la tua occasione. Ti ha divertito? Perché credo che possa essere tanto entusiasmante quanto faticoso per un disegnatore. Puoi creare praticamente quel che vuoi, ovviamente in collaborazione con lo sceneggiatore. Più fatica o più gioia?

Dipende. E dipende soprattutto dalle scadenze. Se hai il tempo per lavorare, come me su questo progetto, è un’ottima cosa. Il primo numero esce a giugno, e io ho già finito i primi due. Più tempo hai per lavorare alla progettazione, meglio è. Quando, invece, le scadenze ti costringono a lavorare di fretta, a inventare qualcosa in dieci minuti, senza ragionarci sopra, è un lancio di moneta. A volte ti va bene e indovini, a volte no. E questo è fonte di stress.

E, a proposito di lavoro e piacere: qual è il prossimo personaggio su cui vorresti lavorare? Chi c’è sulla lista dei sogni?

Me lo chiedete in tanti e io rispondo sempre allo stesso modo: non lo so. Perché trovo che ogni personaggio abbia qualcosa di attraente e mi lascio guidare molto di più dall’editor o dallo sceneggiatore che ho al fianco. Con le persone giuste come colleghi, puoi divertirti con ogni personaggio.

E, del resto, chi immaginava che Occhio di Falco potesse diventare una superstar, prima che arrivassero David Aja e Matt Fraction?

E chi pensava che si potesse trarre qualcosa di così incredibile da Visione, prima di Tom King e Gabriel Hernandez Walta?

Non posso esimermi dal farti una domanda sul disegnatore tuo connazionale. Credo che abbiate due stili praticamente opposti: lui è estremamente posato, le sue matite sono potenti, ma le sue tavole sono più composte, anche nel senso della composizione; tu hai uno stile molto dinamico. C’è qualcosa che un disegnatore come te, così diverso da lui, trova nel suo stile e ha voglia di rubare?

Due cose: una di stile e una di storytelling. Il modo in cui costruisce e racconta gli eventi, costruendo l’atmosfera della storia, è davvero un capolavoro. Puoi prendere, a volte, una pagina di un artista e metterti a studiare il modo in cui progetta tutto quanto, vignetta per vignetta, equilibrando le varie componenti. Sarei fiero di possedere la stessa capacità di dare ritmo alla storia come fa Gabriel. Le sue conversazioni, ad esempio, sono davvero affascinanti quanto una battaglia.

E poi c’è il modo in cui inchiostra i suoi disegni, separando i piani e creando le texture delle cose che disegna. Questa è proprio una caratteristica che gli ruberei volentieri. Credo che non sarò mai in grado di diventare bravo quanto Gabriel in questo, nemmeno se comparisse davanti a me il Genio della Lampada e mi garantisse tre desideri. Ma mi piacerebbe imparare almeno un po’ da lui.

 

Doctor Strange: Damnation #1, variant cover di Javier Garron